Gianni Clerici, la Repubblica 14/1/2013, 14 gennaio 2013
I PICCOLI E LA GENEROSITÀ DEI FAB FOUR
«Ci sarà lo sciopero?». Così mi rivolgo all’amico che fa parte del Consiglio della ATP, quale rappresentante dei giocatori. Sembra paradossale parlare di sciopero in uno dei pochi paesi nemmeno lontanamente sfiorati dal fiscal cliff e dal consimile baratro europeo. Simile possibilità era stato ipotizzato dalla mano d’opera dei tennisti poveri, quelli del primo-secondo turno, che sostenevano, più che giustamente, che i padroni delle fabbriche dette stadi guadagnavano troppo, trattenendo circa il 90% degli incassi. Rendevano, quindi, alla mano d’opera, non più del 10 % in premi, al contrario del 60% del calcio, e del 50% di football, basket, baseball americani.
Simile redistribuzione non danneggiava certo il futuro vincitore, né la vincitrice alfine parificata, che intascavano regolarmente ben più di due milioni, qui a Melbourne 2.430.000. Ma metteva in crisi chi è magari costretto, non proprio da
emigrante, a un viaggio aereo in economy, lui e l’ormai indispensabile coach, e magari l’amichetta. E obbligavano ad un alberghetto lontano dal comfort di Hyatt e Hilton, o addirittura dagli appartamenti di lusso affittati dalle star e dai loro staff, otto o dieci cortigiani, dall’incordatore alla baby sitter. «È un primo aumento ragionevole», afferma l’amico per passare alle cifre. «L’anno scorso i gregari prendevano 20.000 dollari in primo turno e 33.000 in secondo. Siamo passati a 27.600 nel primo, e 45.500 nel secondo. Ad aiutare son stati quelli che si potrebbero chiamare
tycoons, i Primi Quattro, i miliardari ».
Bell’esempio, penso, difficile da seguire in altri settori. E mi permetto di passare al tennis giocato, lieto che si sia evitato una nuova diserzione Slam che in pochi ricordiamo, lo sciopero di 48 tennisti che rese Wimbledon 1973 proprietà degli stakanovisti dell’est, il ceco Kodes e il russo Metreveli che non potevano notoriamente aprir bocca se non per sorridere ai loro padroni. Ma, sopravvissuti allo sciopero, o ancor meglio alla dislocazione dello Australian Open in qualche luogo petrolifero
e islamico, par giusto occuparsi della produzione.
Dopo che il p.r. di Nadal, Benito Perez Barbadillo, mi ha garantito che il virus di Rafa non gli aveva visitato il ginocchio, e che assisteremo a una rinascita del Divino Zoppo, mi rassegno con maggior serenità ad attendere un dominio della Trinità invece dei Fab Four di beatlesiana memoria. Non ho ancora visto nessun campione palleggiare, e rimando quindi di qualche giorno un pronostico probabilmente errato. Forte degli ultimi due successi realizzati quaggiù (Down Under) il primo favorito (cosiddetta testa di serie) è Nole Djokovic, che si è esibito l’altra sera nella sua futura versione di attore, ormai abbandonata sul Central court per il fastidio di altri tennisti. Secondo favorito l’Immortale Federer, e terzo, ad insidiarlo, Andy Murray, rasserenato dalla psicoterapia del Dottor Lendl. Dall’ultimo banale gruppo di sollevatrici di racchette potrebbe emergere col suo sempiterno talento Serena Williams, fin qui indenne dai drammatici ricoveri ospedalieri della scorsa annata.