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 2013  gennaio 14 Lunedì calendario

SOMALIA

[Troppi rischi, pochi affari si pente il re dei pirati]

Troppi rischi, pochi profitti. La pirateria non è più un business. Meglio lasciar perdere. Raccogliere l’offerta che arriva dalle autorità: da bandito dei mari a guardacoste. Con tanto di status diplomatico. E magari un giorno, neanche lontano, entrare a far parte della futura Marina militare somala.
La prima defezione arriva da Mohamed Abdi Hassan, meglio noto come “Ayweyneh” che in somalo significa “Grande bocca”. Non in senso fisico ma figurato: vorace. Di petroliere, marinai, milioni di dollari. Una defezione importante, che lascia il segno. Ha gettato la spugna. Lo ha annunciato ufficialmente ad Adado, nel Puntland, la stessa Tortuga del Corno d’Africa dove migliaia di pirati, per anni, hanno trasferito le loro prede, umane e materiali in attesa di incassare i cospicui riscatti.
Considerato uno dei principali leader dei bucanieri, Hassan ha convocato i giornalisti e ha annunciato la svolta nella sua vita. «Basta», ha detto. «Dopo 8 anni di attività pesanti
e rischiose ho deciso di abbandonare. Lascio la pirateria. La realtà è cambiata. Non vale più la pena. E poi — ha aggiunto — la Somalia si sta trasfor-mando finalmente in un paese vero. Con vere istituzioni e vera economia».
Non c’è una crisi morale dietro la svolta di Mohamed Abdi Hassan. Ci sono i numeri. L’ultimo assalto al rimorchiatore italiano davanti alle coste della Nigeria può essere considerato la classica eccezione che conferma la regola. E la regola, ormai consolidata da undici mesi, denuncia un calo vistoso dei sequestri in mare. Soprattutto nell’Oceano Indiano che dal 2002 era diventato l’incubo degli armatori di tutto il mondo. Dalle 47 navi bloccate nel 2010 si era scesi a 25 nel 2011. Nei primi sei mesi dell’anno scorso gli abbordaggi sono precipitati a 5. Anche gli assalti, tentati e falliti, si sono ridotti da 176 nel 2011 a 34 nel 2012.
Il merito, secondo gli Istituti di osservazione sulla pirateria internazionale, va soprattutto alle missioni Task Force 150 e Atlanta che con il loro pattugliamento tra il golfo di
Aden fino al Madagascar hanno reso più difficile la vita dei bucanieri. Gran parte degli armatori ha inoltre preso dei provvedimenti sulle flotte
commerciali: ha munito ogni cargo di una cittadella blindata da dove è possibile manovrare la nave e chiedere soccorso e ha firmato accordi con
le agenzie di sicurezza private che garantiscono la presenza di scorte armate a bordo. I costi sono comunque inferiori: compensano quelli sostenuti
per affrontare le trattative e pagare il riscatto. Ai comandanti delle navi è stato dato ordine di variare la velocità di crociera da 12 a 18 nodi. Questo
significa maggiori consumi di carburante ma rende quasi impossibile un arrembaggio. Lo sforzo economico, valutato complessivamente in quasi 3 miliardi di spese aggiuntive, alla luce dei risultati è stato ripagato.
Nel caso della Somalia c’è anche la diversa situazione sul terreno. Gli enormi interessi legati al commercio marittimo (300 navi al giorno) lungo la rotta che passa per il Golfo di Aden hanno spinto le compagnie armatoriali di tutto il mondo a premere sui governi. I quali, oltre a schierare in mare flottiglie armate, hanno imposto una collaborazione alle giovani autorità del paese facendo leva sui finanziamenti internazionali. Inseguiti sulle acque dell’Oceano Indiano, i bucanieri del Corno d’Africa hanno ripiegato su obiettivi a terra. Sono aumentati i sequestri di turisti e operatori umanitari e questo ha scatenato la reazione del Kenya che ha visto minacciata una delle sue principali entrare. Gli al Shaabab, collegati ai pirati nel giro miliardario, sono stati costretti a lasciare le loro roccaforti nel sud della Somalia e si sono spinti verso il Puntland. Ma
qui hanno trovato i pirati, già sensibilizzati dalle autorità locali a cambiare mestiere.
Non sappiamo se la defezione di “Big mouth” metterà fine ai sequestri. Ma è un segno importante. Contagioso. Altri, ha ammesso il capo dei pirati somali, stanno facendo la stessa cosa. «Li abbiamo convinti a lasciare», conferma Mohames Adan, capo dell’amministrazione Adabo al servizio in lingua somala della
Bbc.
«Molti ci hanno già consegnato tutto ciò che hanno: barchini e armi ».
L’esempio di Mohamed Abdi Hassan non è passato inosservato nei feudi della pirateria somala come Habyo e Harardhere. E’ lui il regista dei sequestri più clamorosi nel Corno d’Africa. Dalla cattura della nave ucraina MV Faina, carica di carri armati russi destinati al Sudan al sequestro della super petroliera saudita Sirius Star. Per il suo rilascio, assieme a due milioni di barili di petrolio, vennero sborsati 3 milioni di dollari. Lanciati con un paracadute sulla plancia di comando.