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 2013  gennaio 14 Lunedì calendario

DAGLI “ANTI EQUITALIA” AL GRANDE SUD ECCO GLI STRANI ALLEATI DEL CAVALIERE


Nel Pdl l’hanno ribattezzata «la politica del righello». È infatti basandosi sui centimetri della scheda che Berlusconi, aiutato dai suoi esperti di tecniche elettorali, ha deciso di affiancare a quello del Pdl un carosello di altri 13 simboli. Liste e listarelle, alcune vere, come la Lega Nord, la Destra, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni o Grande Sud. Altre pittoresche o di recentissima creazione: la “Lista del merito” di Arturo Artom, “Basta tasse”, la “Lista del Popolo”, fino a “Liberi da Equitalia” presentata dall’avvocato napoletano Angelo Pisani, minisindaco di Scampia. Quello che ha polemizzato contro Roberto Saviano perché Gomorra avrebbe infangato il buon nome del suo quartiere.
Il perché di questo caravanserraglio di 14 simboli è semplice. La prima ragione è legata appunto alla «politica del righello». Occupare una riga intera della scheda elettorale è vitale per il centrodestra, regala una visibilità enorme alla coalizione e riduce drasticamente gli errori. «Il modo in cui è graficamente fatta la scheda — osserva uno dei massimi esperti della materia, Peppino Calderisi — conta più dello stesso sistema elettorale». Il deputato
del Pdl ricorda che nel 2006, quando la scheda era ridotta a solo due righe per le due coalizioni, le schede nulle si ridussero da un milione e mezzo a cinquecentomila. Un milione di voti validi in più, in gran parte del Pdl. «Più la scheda è semplice — afferma Calderisi — e più favorisce il centrodestra».
Ma c’è un altro argomento, ancora più importante, che spiega perché il Cavaliere si sia messo a collezionare simboli di partiti altrui. Il Porcellum infatti consente alla coalizione di fare da bacino di raccolta per tutti i piccoli affluenti che si sono apparentati a lei. Insomma, se anche il partito dei pensionati non arrivasse, come è probabile, a superare la soglia di sbarramento (fissata alla Camera al 2% e al Senato al 4% per i partiti coalizzati), i voti andrebbero comunque a Berlusconi “capo politico” del centrodestra. Certo, a scapito del Pdl.
Ma al Cavaliere non è questo che interessa. «Il fatto che abbia presentato tutte queste liste — spiega uno dei suoi consiglieri — che chiaramente tolgono consensi a noi del Pdl, è la dimostrazione che Berlusconi punta davvero a vincere. E comunque a rendere impossibile per il centrosinistra governare al Senato. Il risultato del suo partito gli interessa meno».
Una strategia che passa per alleanze mirate al Senato nelle singole regioni. Se in Lombardia l’accordo con Maroni già lo vede avanti nei sondaggi, è nel Sud che l’armata berlusconiana punta a ribaltare i pronostici. Fu la mancata alleanza del Pdl con i sudisti a far vincere Crocetta in Sicilia alle ultime regionali. Un errore che Berlusconi non ha commesso
una seconda volta, imponendo ad Alfano di mandare giù il rospo Miccichè, nonostante tutti gli attacchi ricevuti in pubblico, e siglare l’accordo con Grande Sud. Per il centrosinistra ora ripetere il bis nell’isola appare un’impresa disperata.
Nelle altre regioni del Sud la situazione è meno grave, ma la
presenza della lista Ingroia sottrae voti preziosi al Pd. «In Lombardia, Veneto e Sicilia ci siamo. In Campania, Calabria e Puglia siamo ancora sotto ma la situazione è ampiamente recuperabile », confida Raffaele Fitto, seduto in permanenza nella cabina di regia a via dell’Umiltà.
Ora per Berlusconi si tratta di
non fare troppi errori con le candidature. Oggi a via dell’Umiltà sono convocati tutti i coordinatori regionali del Pdl, ma è stato detto loro chiaramente di non farsi illusioni: dai territori potranno arrivare proposte solo per i posti in lista «dal decimo in giù». Vale a dire che i primi dieci posti in lista se li riserva il tavolo nazionale
con Berlusconi e Verdini. E ai coordinatori resteranno solo le candidature di bandiera, quelle fatte tanto per riempire le liste. Poi, da martedì, si entrerà nel vivo.
Ma i parlamentari uscenti sanno già che non ci sarà troppo da ridere. In difficoltà sarebbero anche quei boss — come Gianni Alemanno — che molto si erano esposti a favore della leadership di Alfano. Anche in questa chiave va letta la dichiarazione di pace fatta uscire ieri dal sindaco di Roma: «Oggi, insieme a Silvio Berlusconi, possiamo riportare gli italiani al voto, alla speranza e alla partecipazione». Basterà a farsi perdonare il sostegno ad Alfano?