Maurizio Stefanini, Libero 11/1/2013, 11 gennaio 2013
DOVE DOMINAVA LA FRANCIA C’È SOLO GUERRA
[Nei Paesi francofoni di Africa e Medio Oriente abbondano gli scontri civili. E quando Parigi è intervenuta, dalla Libia fino alla Costa d’Avorio, ha combinato soltanto guai] –
Sembra che l’ultima guerra civile nella Repubblica Centrafricana sia scoppiata per una storia di soldi non pagati. Costituito appena il 10 dicembre, il gruppo armato Séléka (cioè «Alleanza», in lingua sango) in appena 20 giorni ha occupato quattro capoluoghi di prefettura e iniziato una marcia verso la capitale che sarebbe inarrestabile, non fosse che gli stessi ribelli dicono che a Bangui non ci vogliono entrare. Semplicemente, vogliono che il presidente François Bozizé «applichi gli accordi di pace » con cui nell’aprile 2007 si era posto termine alla precedente guerra civile. In soldoni, appunto, che paghi le buonuscite che erano state promesse ai guerriglieri smobilitati in cambio della consegna delle armi.
Ma Bozizé i soldi non li ha: né per pagare i guerriglieri, e neanche, a quanto pare, per remunerare in modo adeguato i soldati che dovrebbero fermarli. E così, mentre Usa e Onu ordinano lo sgombero da Bangui, si è messo affannosamente a chiedere a Washington e a Parigi di aiutarlo. Nel caso di Parigi, mandando anche un po’ di suoi sostenitori a tirare sassi all’ambasciata, tanto per dare all’appello un minimo di sostanza in più. «Sono stati i nostri colonizzatori, hanno la responsabilità su quello che ci succede», dicono a Bangui.
Ma se è per questo, stanno freschi. Tra 1920 e 1946 la Francia ebbe anche un mandato sulla Siria, che sta a sua volta insanguinandosi in una guerra civile molto più feroce di quella centrafricana. E lì furono proprio i francesi a dare i posti di responsabilità ai membri della minoranza alawita, che, anche dopo l’indipendenza, ha cercato di mantenere queste posizioni attraverso la dittatura degli Assad. Pure ex-mandato francese è il vicino Libano, in cui pure si è ricominciato a sparare tra fazioni vicine ai diversi contendenti della guerra civile siriana. Un altro angoscioso punto interrogativo della situazione mondiale riguarda il Nord del Mali, caduto in mano a quattro diverse formazioni armate, di cui una di nazionalisti tuareg e tre di jihadisti particolarmente specializzati in sequestri di europei. E anche il Mali è stato una colonia francese, in cui, come nel vicino Niger, Parigi ha messo assieme i tuareg con popolazioni nere, malgrado la loro evidente estraneità. Peraltro, dopo che era finita la precedente rivolta tuareg, molti guerriglieri si erano arruolati in Libia nelle milizie di Gheddafi. È stata proprio la sconfitta del raìs, grazie al determinante intervento francese, a far tornare in Mali questi miliziani armati fino ai denti, con l’inevitabile risultato che si è visto.
Non erano invece colonie francesi, ma tedesche, passate poi sotto mandato belga, la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda: la prima, dove a aprile si è riaccesa una guerriglia molto simile ai Séléka, nel senso che anch’essa voleva soprattutto che i soldi promessi agli ex-guerriglieri venissero versati, finendo il 20 novembre per occupare la capitale provinciale Goma; il secondo, che ha appoggiato e fomentato i ribelli. Ma in entrambi i casi Parigi con la storia della francofonia ha finito per intervenire pesantemente per staccare questi Paesi dall’influenza di Bruxelles e passarli sotto la propria, in modo altrettanto pesante di quanto ha tentato di fare ai danni dell’Italia in Libia.
E in Ruanda, poi, proprio per paura che i ribelli tutsi già esuli in Uganda facessero scivolare il Paese dall’area della francofonia a quella dell’anglofonia, sabotò gli sforzi dell’Onu per evitare il genocidio del 1994.
Anche in Tunisia nell’ambito delle relazioni privilegiate con Ben Ali la Francia non si accorse della Primavera Araba che stava esplodendo: un peccato originale che ha poi tentato di esorcizzare aiutando i ribelli libici. Ancora più pesante che in Libia, in proporzione, è stato l’intervento del 2011 nella guerra civile della Costa d’Avorio, dove è stato proprio l’aiuto diretto delle truppe francesi a Alassane Ouattara a permettere nell’aprile del 2011 la sconfitta e cattura di Laurent Gbagbo. Quanto all’Algeria, quest’anno ha segnato non solo il mezzo secolo dall’indipendenza da Parigi, ma anche il decimo anniversario dalla fine di quella feroce guerra civile tra laici e islamisti che durò oltre 10 anni, e provocò, a seconda delle stime, dai 44 mila ai 150 mila morti.
Ma trattando dell’ex impero coloniale francese bisognerebbe allora anche ricordare le quattro guerre civili del Ciad: 1965-79, 1979-82, 1998-2002, 2005-10. E quella del Congo del 1997-99. E quella delle Comore del 2008. E quella di Gibuti del 1991-94. E la rivolta della Casamance contro il governo centrale senegalese che, benché ormai ridotta a livelli minimi, dura ormai ininterrotta dal 1982. E la crisi del Madagascar del 2009. Invero, non un’eredità particolarmente brillante.