Camilla Conti, il Fatto Quotidiano 12/1/2013, 12 gennaio 2013
MONTI HA FATTO SCAPPARE I CAPITALI IN SVIZZERA
[Ben 19 miliardi al mese, l’anno scorso hanno lasciato l’Italia per il paradiso fiscale. Paura per le troppe tasse?] –
Milano
Imu, patrimoniale, redditometro e redditest. Ovvero sempre più tasse, grande fratello fiscale e sceriffi antievasione. Che in campagna elettorale alcuni traducono in: stanghiamo i ricchi (e i furbetti del Cud) per dare ai poveri. Mentre altri ribattono che così si rischia la fuga dei capitali come è successo in Francia per l’attore Gerard Depardieu riparato in Russia per evitare un’imposizione del 75 per cento.
PECCATO che i buoi, anzi le vacche più grasse, siano già scappate dalla stalla. Insomma i grandi patrimoni (o almeno una parte di essi) sono già stati esportati altrove. E nemmeno tanto lontano. Secondo alcune indiscrezioni raccolte dal sito InvestireOggi.it in Banca d’Italia, da gennaio a ottobre 2012 sarebbero fuoriusciti dalle banche italiane circa 115 miliardi di euro (ovvero 19 miliardi al mese) diretti verso i forzieri svizzeri. I conti tornerebbero con quelli fatti dal Fondo Monetario Internazionale che tra giugno 2011 e giugno 2012 stima una fuga fuori dall’Italia di 235 miliardi di euro. Se confermata, si tratterebbe di una cifra superiore - e in soli dieci mesi – ai circa 95 miliardi rimpatriati nel 2009 con lo scudo fiscale varato dell’ex ministro Giulio Tremonti. Senza calcolare che alle cifre ufficiali si aggiungerebbero i soldi trasferiti oltreconfine illegalmente .
Denaro da recuperare il prima possibile per ridare ossigeno alle anemiche casse statali, sgonfiare i quasi 2 miliardi di debito pubblico e scongiurare il rischio di una nuova manovra. Con le dimissioni del governo Monti, però, si sono perse le tracce anche del trattato fiscale fra Roma e Berna, ovvero l’entità del prelievo una tantum sui capitali non dichiarati e oggi ospitati nei caveau svizzeri (cui si aggiunge la tassa annuale dei redditi finanziari dei capitali emersi). Del patto bilaterale si parla dall’estate 2012 per l’incontro fra Monti e il presidente della Confederazione Eveline Widmer-Schlumpf, con un’accelerazione delle trattative a novembre che avevano spinto il ministro del Tesoro Vittorio Grilli a ipotizzare un’intesa entro Natale e infine un nuovo stop a dicembre, dopo la bocciatura di un accordo simile fra la Svizzera e la Germania. “Il confronto è aperto, ma ancora non c’è una conclusione”, aveva detto il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli l’11 dicembre in commissione Finanze a Montecitorio. Poi è arrivata la crisi di governo.
E mentre il patto anti-furbetti con la Svizzera resta nel limbo, la fuga aumenta. “E’ il mercato, bellezza”, ribattono i turbo liberisti. Perché dall’imposta di bollo sui depositi bancari (0,10% lo scorso anno e 0,15% dal 2013) all’innalzamento al 20% dell’imposta sugli interessi maturati dagli strumenti finanziari diversi dai titoli di stato e sul capital gain, la pressione su risparmi e conti deposito è diventata troppo forte. Meglio trasferire nei cantoni i depositi “in chiaro”, ovvero acquistare o depositare titoli fruttiferi (come le obbligazioni) nelle banche svizzere. I clienti non residenti che operano in regime dichiarativo non pagano alcuna imposta, a meno che non si scelga di mantenere l’anonimato. In questo caso viene applicata l’euroritenuta pari al 35% degli interessi. In Svizzera quindi, il risparmiatore è libero di disporre al 100% degli interessi maturati per un periodo di tempo abbastanza lungo, prima di doverli dichiarare al fisco italiano con la chiusura dell’anno fiscale e versando le dovute imposte. E tutto senza sentirsi gli occhi addosso del Grande Fratello dell’Agenzia delle Entrate che prevede la comunicazione automatica e periodica al Fisco dei depositi e dei conti correnti. Non a caso il fenomeno dell’esportazione – del tutto legale - dei capitali comincia a riguardare un numero sempre maggiore di piccoli e medi risparmiatori.