Beatrice Borromeo, il Fatto Quotidiano 11/1/2013, 11 gennaio 2013
COME LE TORRI GEMELLE CONCORDIA TRAGEDIA INFINITA
[Al Giglio tornano i parenti delle vittime mentre i tecnici che si occupano del recupero vivono in una città galleggiante] –
Torno al Giglio per stare vicino a mio fratello”. Tra i primi a sbarcare sull’isola toscana, a un anno dal naufragio della Costa Concordia, c’è Kevin Rebello, il ragazzo indiano che il 13 gennaio 2012 perse suo fratello Russel. “Sull’isola ho passato più di quattro mesi. Qui mi sento a casa”. Il corpo di Russel, che lavorava come cameriere sulla nave da crociera, non è mai stato trovato.
Sono un centinaio i familiari delle vittime attesi tra oggi e domani, e molti di più i naufraghi che hanno scelto di tornare sull’isola per il primo anniversario della tragedia. La commemorazione inizierà domattina col riposizionamento, alle Scole, dello scoglio contro cui urtò la Concordia. Poi la messa, la consegna delle onorificenze (sarà presente anche il ministro dell’ambiente Corrado Clini) e una fiaccolata dalla chiesa al molo rosso, nel porto. Alle 21.45, per ricordare l’impatto, ci sarà un minuto di silenzio. E subito dopo 32 lanterne, in ricordo delle vittime, verranno sparse in mare dai superstiti francesi.
SARÀ però difficile sfuggire al relitto della Costa Concordia, che si intravede già da Porto Santo Stefano: i traghetti che arrivano al Giglio ci passano proprio di fianco. La nave si scorge quasi da ogni punto dell’isola, con la sua chiglia squarciata e coperta di ruggine. E sono pochi i gigliesi che, nonostante la vedano ogni giorno, si sono abituati a conviverci: “È come se ci fossero le Torri gemelle con gli aerei ancora incastrati dentro”, racconta Paolo, proprietario dell’albergo Bahamas, dove il 13 gennaio di un anno fa si rifugiò per qualche ora anche il comandate Francesco Schettino. “Era venuto qui per cambiarsi, continuava a ripetere ‘quel cazzo di scoglio, da dove è sbucato quel maledetto scoglio’. Ma quel che ci importa oggi – insiste Paolo – è che la Concordia sparisca. Mia figlia ha 12 anni e quella notte era qui a distribuire asciugamani ai naufraghi: per i bambini questo è stato un anno durissimo”. Come dimostrano anche i temi e i disegni che la scuola elementare Pisacane ha chiesto ai suoi alunni. “Faceva impressione sentire le urla disperate delle persone a bordo, alcune si buttavano in acqua per salvarsi… mi dispiace tanto per quella bambina di cinque anni dispersa”, scrive Matilde. “Non riuscivo più a dormire”, si legge poi.
MA A DODICI MESI dal naufragio, l’insofferenza dei gigliesi non si concentra più, solo, sul relitto della Costa Concordia. “Vede quelli là? Sono gli sciacalli delle navi-albergo” , si lascia scappare il vice-sindaco dell’isola, Mario Pellegrini, indicando le piattaforme su cui vivono i trivellatori e i sub che lavorano per rimuovere la Concordia. A due passi dal porto – tra gli scogli e la carcassa della nave – un albergo galleggiante di tre piani, blu scuro, è da mesi casa per circa 300 persone che vivono e lavorano senza mettere, quasi mai, piede a terra. E Pellegrini, che un anno fa salì a bordo dell’imbarcazione abbandonata da Schettino per soccorrere i naufraghi, racconta la guerra fredda tra due comunità, quella degli isolani e quella delle navi-albergo. “Viviamo fianco a fianco dalla scorsa primavera eppure non sappiamo niente di loro”, dice un gruppo di ristoratori del Giglio: “Non scendono a terra neanche per mangiare. Si fanno portare viveri via mare, da noi non comprano nulla”.
COME DICE anche il parroco, don Lorenzo, “non sono per nulla integrati, a differenza degli olandesi della Neri-Smith” , che lo scorso marzo sono stati sostituiti da due società private che hanno vinto la gara internazionale d’appalto bandita dalla Costa: la Pioneer e la Micoperi, americani i primi e ravennati i secondi. “Il loro isolamento è insensato – insiste Pellegrini – anche perchè le navi-albergo costano sui 100 mila euro al giorno, molto più di quanto Costa Crociere spenderebbe utilizzando i nostri hotel e ristoranti, che, giornalisti esclusi, sono deserti”.
LA RAGIONE ufficiale, spiega Sergio Ortelli, sindaco dell’isola, è che “va garantita la sicurezza dei lavoratori. Ma sono io il primo a non capire cosa significhi, anche perchè quando il mare è mosso nessuno si muove”. Il risvolto è soprattutto economico: “Durante l’inverno – racconta il sindaco – restano al Giglio circa 900 isolani. Se quei 300 lavoratori vivessero con noi si compenserebbe, almeno in parte, l’enorme danno al turismo che stiamo subendo”. Perché il numero di curiosi che sbarca sull’isola per vedere la Concordia è sicuramente aumentato, ma si tratta di “turismo di giornata”, spiega Cristiano, che lavora in Comune: “Arrivano, bevono qualcosa, fanno una foto e ripartono”. Mentre Castello e Campese, le località dove si trova la maggioranza degli alberghi e degli appartamenti in affitto (circa 6mila posti su un totale di 10mila) hanno registrato un decremento del turismo di circa il 30 per cento. Ma delle polemiche si tornerà a parlare lunedì. Oggi e domani c’è spazio solo per ricordare.