Antonio Salvati, La Stampa 12/1/2013, 12 gennaio 2013
Il grande geologo, ma anche primo traduttore dei testi del buddhismo antico, Giuseppe De Lorenzo chiamava il Vesuvio il « padre della Campania», accogliendo quanto già scritto da Giordano Bruno
Il grande geologo, ma anche primo traduttore dei testi del buddhismo antico, Giuseppe De Lorenzo chiamava il Vesuvio il « padre della Campania», accogliendo quanto già scritto da Giordano Bruno. Ed è ai piedi di questo vulcano, in «riposo dinamico» come amano dire gli esperti, che si trova una delle zone più popolate e disordinatamente urbanizzate del mondo. Per questa ragione, dieci anni fa, fu individuata una «zona rossa», un’area di circa 200 chilometri quadrati comprendente 18 Comuni e oltre 600 mila abitanti da evacuare prontamente ai primi segnali di risveglio del vulcano. Dopo anni di sollecitazioni da parte degli scienziati, la Protezione civile ha deciso di estendere questa «zona rossa», aggiungendo altri sei Comuni e soprattutto tre quartieri della periferia est di Napoli: San Giovanni a Teduccio, Ponticelli e Barra. La nuova «zona rossa» è stata ulteriormente suddivisa in due aree: una a «elevato rischio vulcanico», esposta al rischio di invasione di flussi piroclastici (gas e materiale solido a elevata temperatura) e una «a elevato rischio crolli delle coperture degli edifici», per effetto dell’accumulo di ceneri e lapilli. A oggi sono dunque oltre 800 mila le persone che abitano in un’area potenzialmente pericolosa. Ma il numero è ancora in definizione. «La Regione Campania dovrà fornire, entro il 31 marzo, elementi utili a una delimitazione ancora più chiare della «zona rossa» e del numero di residenti che andrebbero effettivamente allontanati in caso di eruzione del Vesuvio», spiega il capo del dipartimento della Protezione civile Franco Gabrielli. «Non è una differenza da poco - ha sottolineato Gabrielli - avere un censimento preciso permetterebbe di calibrare ancora meglio le procedure di evacuazione che nel caso del Vesuvio, al momento, riguarderebbero 800mila persone e nel caso dei Campi Flegrei altre 400mila». Perché non c’è solo il «padre della Campania» a incutere timore. I Campi Flegrei sono una vasta area a ovest di Napoli adagiata su uno dei supervulcani della Terra, come il parco dello Yellowstone tanto per capirci. Famosa per il fenomeno del bradisismo, misurato a Pozzuoli grazie alle colonne del tempio di Serapide, in questa zona l’allerta è passata dal livello «base» a quello di «attenzione». Negli ultimi mesi gli scienziati hanno registrato un’accelerazione dei movimenti attorno ai tre centimetri al mese: un dato che, seppur di gran lunga inferiore a quello registrato durante il bradisismo degli anni Ottanta (14 al mese) è stato definito «significativo» e ha spinto gli esperti ad aumentare la frequenza del monitoraggio. «C’è un grosso elemento d’incertezza per quanto riguarda la possibilità di un’eruzione ha detto il vicepresidente della Commissione Grandi Rischi e componente della commissione che ha lavorato sui Campi Flegrei, Mauro Rosi - e inoltre non possiamo sapere dove si aprirà una bocca eruttiva. Non ci sono dunque buone notizie, ma sarebbe sciocco e irresponsabile far finta che non ci siano. Non vogliamo spaventare nessuno ma è necessario essere consapevoli dei rischi». Il vero problema resta quello dell’evacuazione. Il vecchio piano prevedeva il trasporto dei residenti nella zona rossa in diverse regioni d’Italia. Finora era stato preso in considerazione solo il trasporto su gomma, ma lo stesso Gabrielli non ha escluso un’eventuale fuga via mare. «Il problema vero sono i piani di evacuazione che la Protezione Civile nazionale non ha ancora aggiornato per la zona rossa del Vesuvio e addirittura non ha realizzato per i Campi Flegrei e l’isola d’Ischia», attacca Francesco Emilio Borrelli, ex assessore provinciale alla Protezione Civile. «Ribadisco la richiesta ormai ultraventennale di un piano di emergenza per garantire l’immediata evacuazione delle popolazioni a rischio nei Comuni direttamente esposti a possibili eventi vulcanici esplosivi nel supervulcano dei Campi Flegrei. – spiega Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano - Anche per il Vesuvio le ricerche hanno rilevato come il piano attuale sia assolutamente inadeguato e sottodimensionato rispetto alla reale pericolosità del vulcano. Infatti, secondo i miei studi, sono ben tre milioni i cittadini che dovrebbero essere interessati al piano di evacuazione e non gli 800mila attualmente stimati».