Edoardo Vigna, Sette 11/1/2013, 11 gennaio 2013
ALLE ARMI AL FEMMINILE
[Gli stupri terrorizzano e riducono le libertà. Le signore decidono di impugnare le pistole] –
INDIA
«L’esperienza mi insegna che dalla violenza non possono scaturire risultati positivi duraturi», predicava Gandhi. Esattamente 65 anni dopo i tre colpi di pistola che lo uccisero, la sua India corre a comprare calibro 22. Non è una deriva nuova, questa, per il Paese, che con 40 milioni di bocche da fuoco è secondo solo agli Stati Uniti. Ma la sensazione di totale insicurezza che le indiane stanno vivendo dopo lo stupro di gruppo che ha causato, a Delhi, la morte di una studentessa di 23 anni, ha provocato un’incredibile impennata nella richiesta femminile di porto d’armi. E le notizie di orrendi stupri che al battere delle ore rimbalzano su internet da ogni parte del sub-continente, spingono sempre più signor(in)e a pensare di doversi difendere come nel Far West: da sole. Non che ottenere una licenza sia facile: ma aggirare il problema sì, visto che l’85% delle armi in circolazione è illegale. Le pistole costano. Ma la classe media ha ormai un reddito che le rende un acquisto fattibile. I politici che hanno tardato ad adottare leggi più dure, la polizia che appare impotente e la lobby delle armi che non si lascia sfuggire una ghiotta occasione, fanno il resto. Certo, impressiona che la “spirituale” India si faccia sedurre dalle armi, e che siano proprio le donne a parlarne il linguaggio. Ma dal Bihar al Rajasthan, gli stupri infiammano ancor di più il profondo maschilismo indiano: anziani dei villaggi e i parlamentari chiedono di bandire gonnelline e telefonini, bollati come “provocatori”. Se la violenza porta con sé addirittura ulteriori restrizioni alle loro libertà, si può capire che le donne vogliano difendersi. Con ogni mezzo. E buona pace per Gandhi.