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 2013  gennaio 11 Venerdì calendario

COSA GRIGIA SI È MANGIATA COSA NOSTRA [I

boss più bruti sono ora sostituiti da burocrati e imprenditori in una struttura a rete. Che i soldi non li estorcono: se li fanno dare dallo Stato] –
«Abbiamo scelto di concentrare le nostre attività nel Nordest, e in particolare a Padova, perché qui il tessuto economico non è così onesto. Il margine di guadagno era buono, perché la gente non ha voglia di pagare le tasse», spiegò mesi fa, a un processo, il boss dei Casalesi Mario Crisci, “dominus” della società di recupero crediti Aspide srl. «Avevamo la disponibilità di commercialisti e notai compiacenti…», proseguì. Persone che «si occupavano della parte squisitamente contabile» ed erano utili perché «parlavano la stessa lingua» del posto. Cioè il veneto.
Non c’è inchiesta giudiziaria o rapporto dell’antimafia che spieghino meglio come siano cambiate le mafie e come si siano via via espanse verso le aree ricche del Nord. Eppure sono rarissimi gli episodi di violenza fisica. Ancor più rari gli omicidi. Come in Sicilia, del resto. «Oggi, la nuova mafia non uccide. Non spara e non ammazza più da tempo. È un mare sempre calmo. Rarissime le increspature», spiega nel suo ultimo libro La cosa grigia, bello e angosciante, Giacomo Di Girolamo, direttore di Rmc101 (la radio più ascoltata in provincia di Trapani) e di Marsala.it. «Io me lo ricordo l’ultimo omicidio di mafia nella mia città. Era il 15 giugno 1992. Lo “zio” Vanni Zichittella, storico esponente della famiglia mafiosa di Marsala che si opponeva al dominio dei corleonesi (Riina, Messina Denaro e compagnia di giro) venne fatto fuori mentre era placido seduto in Vespa nella centralissima piazza Marconi». Da allora domina la “pax mafiosa”.
Cosa vuol dire, che non c’è più la mafia? No: non c’è più “quella” vecchia mafia dei boss bruti e selvatici dalla barba incolta che manovravano milioni dormendo negli ovili e mangiando caciotta e pane raffermo. Al loro posto, spiega Di Girolamo, c’è qualcosa di più sfuggente: «Grazie alla sconfitta della mafia “militare”, quei politici, quegli imprenditori, quei professionisti che si avvalevano della vicinanza alla vecchia Cosa Nostra per portare avanti i loro disegni si sono fatti sistema. La zona grigia, in qualche modo, si è mangiata la mafia. Dando vita a una nuova forma di criminalità, senza più coppole o pizzini, lupare e mandamenti. Una cosa che ha una struttura a rete, che vede ai vertici non più i vecchi mafiosi ma insospettiabili burocrati o imprenditori».
Gente che «si è inventata un nuovo modello economico». Che lascia «gli appaltucci ai mafiosicchi». Cosa Grigia no: «Cosa Grigia capisce come fare soldi bene e subito. Non li ruba, non li estorce più. Se li fa dare direttamente dallo Stato. Cosa Grigia è direttamente sussidiata dallo Stato e dall’Unione Europea. È la dimostrazione che il problema, nel Mezzogiorno, non è la mancanza di risorse. Il Sud d’Italia non è quell’insopportabile palla al piede che vogliono farci credere. Il problema è proprio l’opposto: ci sono troppe risorse, mal distribuite, che non vengono utilizzate per fini di sviluppo, a beneficio della collettività, ma per gli interessi di pochi, di coloro che si muovono con scioltezza in quella terra di mezzo che rappresenta il confine tra lecito e illecito».

La metafora del punteruolo. E se tanti anni fa Leonardo Sciascia era preoccupato per il modo in cui «la linea della mafia», proprio come quella della palma, si spostava sempre più a Nord, Di Girolamo segnala oggi che non solo quella pessimistica intuizione si è avverata (a dispetto di chi come il Cavaliere teorizzava nel ’94 che «per noi al Nord la mafia è un fenomeno lontano senza contare che il 90% dei mafiosi è in galera») ma si è aggiunto il problema del punteruolo rosso: «Né Sciascia, ma nemmeno Borges, nessuno, poteva prevedere che un giorno la palma sarebbe stata sterminata da un insetto, il punteruolo, grande quanto il pollice di una mano, importato maldestramente (e clandestinamente) in Sicilia dall’Africa del Nord. Senza i predatori che in Africa ne limitano lo sviluppo, il punteruolo ha devastato le palme del Sud Italia. Come l’angelo sterminatore è passato per ville, viali, giardini, si è annidato nel cuore della pianta, ne ha succhiato la linfa vitale fino a ucciderla, poi è passato alla successiva…». E continua a divorare, divorare, divorare…