Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

SCUSI MA LEI HA CAPITO CHE COSA SONO I PEONES?

[Intervista a Miriam Cominelli] –
Èil simbolo di quella che con molto entusiasmo è stata definita dal Partito democratico «l’ondata rosa», ossia il grande successo delle giovani donne nelle «Parlamentarie» per l’indicazione dei candidati Pd alle Politiche. Trentun anni, di Nuvolera in provincia di Brescia, laureata in Ingegneria con un anno di studi a Parigi, attualmente stagista a 500 euro al mese, Miriam Cominelli è stato il nome più votato in Lombardia. Debuttante nelle urne, fa politica nel Pd dalla fondazione, e ancora prima era attiva in una lista universitaria. È bersaniana.

6.423 preferenze: chi l’ha votata?
«Credo di rappresentare più tipologie: i giovani che si impegnano, precari o meno, e le donne. Ma forse sono arrivati anche voti non scontati: dai seggi mi hanno detto che persone anche avanti con gli anni chiedevano: “Chi è il più giovane?”. C’è tanta voglia di nuovo».
Mai stata a Roma?
«In gita. E, una volta, per una manifestazione».
Se le daranno una bella posizione in lista sarà eletta: la prospettiva cambia.
«Faccio ancora fatica a rendermene conto, e sento la responsabilità. In tanti mi hanno scritto, dopo i complimenti: “Vedi di fare la brava”».
Se va in Parlamento, almeno dice addio al precariato...
«Vorrei riuscire a mantenere la doppia professionalità: diventare politico di mestiere non è il mio obiettivo, rischi l’autonomia».
In che senso?
«Per tanti l’esperienza si è trasformata in clientelismo. Lo escluderei per me, ma spero di saper sempre gestire i rapporti col territorio. Nella cosa in sé non c’è nulla di male, se significa ascoltare e rappresentare la gente che ti ha votato».
L’altro rischio è quello di diventare un «peón» qualsiasi. Sa che cos’è, vero?
«Una tribù indiana?».
No, il parlamentare qualunque, quello ininfluente.
«Ah! Finalmente capisco che cosa intendeva Fausto Raciti (responsabile nazionale Giovani democratici, ndr) quando mi ha telefonato».
Che cosa le ha detto?
«Visto che siete in tanti ragazzi eletti, faremo di tutto per aiutarvi e non restare nella melma, peones».
I partiti, e il Pd non fa differenza, sono organismi che metabolizzano tutte le novità, giovani donne comprese.
«Spero di non farmi digerire, di stare sullo stomaco».
Sui diritti civili nel suo partito convivono due anime, laica e cattolica: lei dove sta?
«Io sono di formazione cattolica ma di pensiero laico, e sarei per una maggiore laicità dello Stato. Basterebbe anche solo ascoltare di più la società civile: le coppie di fatto esistono già da un pezzo, e anche le famiglie arcobaleno. Queste realtà
sono perfettamente integrate e riconosciute, nel vivere quotidiano: devono esserlo anche a un livello superiore. In quanto al cosiddetto “fine vita”, sono per la libera scelta della persona. È vero che nel Pd la discussione è sempre incandescente, ma vediamo il lato buono: succede perché non c’è uno che decide per tutti».
Guadagna 500 euro al mese, immagino abbia ancora la cameretta dai suoi.
«Eh sì, purtroppo. Vivo con loro e con la nonna, mentre mio fratello minore sta facendo l’Erasmus a Coimbra. Contavo di cercare qualcosa a gennaio, da dividere con qualcuno e lavorando di più. Adesso le cose cambieranno per forza».
Cameretta e letto singolo?
«Singolo. E se intende chiedere se ho un ragazzo, ce l’ho: ha un anno meno di me».
Matrimonio?
«Oddio no, non lo dica nemmeno: si spaventa. È un anno che ci frequentiamo, se sente di progetti matrimoniali scappa in Messico o si suicida. Sa come sono gli uomini, bisogna prenderli con calma».
Da dove nasce la laurea in Ingegneria?
«Mi piacciono le cose difficili. E questa lo era: soprattutto per me che avevo fatto il classico. Mi sono anche laureata molto in ritardo: diciamo che mi sono distratta, tra politica e teatro».
Fa l’attrice per hobby?
«Sempre avuto la passione, poi all’università ho trovato un bel gruppo. L’ultimo spettacolo è Il governo delle donne, una rivisitazione da Aristofane: dovremmo riportarlo in scena l’8 marzo».
Che parte fa?
«Faccio la vecchia che adesca i giovanotti. Non so se è tanto bello da scrivere».
Che lavoro fa attualmente?
«Dopo vari colloqui, avevo trovato uno stage in uno studio di progettazione: tre mesi e poi la possibilità di fermarsi. Adesso dobbiamo rivedere la cosa: io avrò la campagna elettorale, e loro non hanno risorse per tenere tanta gente».
Forse non fanno neanche loro una gran figura a pagarla 500 euro.
«Scherza? A me pare già tanto che me li diano. C’è gente che lavora gratis».
Una volta in Parlamento, finirà anche a lei a far parte della Casta?
«Spero di no. Le giro questa citazione che mi piace particolarmente: “Mi è stata data l’occasione di cambiare le cose, spero che le cose non cambino me”».