Roberto Giardina, ItaliaOggi 11/1/2013, 11 gennaio 2013
I GIORNALISTI NON SI CANDIDANO
[Anche i pm, che non sono star, stanno nel loro scranno] –
Ernest Hemingway, mio idolo d’adolescente, diceva che un politico deve essere sempre ottimista, un giornalista sempre pessimista. Per chi scrive, il disastro è dietro l’angolo, prima o poi avrà ragione. Papa capiva poco di corride, ma in questo non sbagliava, e la sua massima spiega perché i miei colleghi non dovrebbero entrare in politica.
Beppe Severgnini, saggiamente, resiste alla tentazione, ma altri sono pronti ad arruolarsi sotto tutte le bandiere. Sono sempre stati molti, fino ad ieri erano soprattutto politici passati al giornalismo che giocavano con due maglie. Diciamo, quinte colonne.
In Germania, alle elezioni di settembre, si presenterà solo una collega, anzi ex: Doris Knopf, 48 anni, era una giornalista della rivista conservatrice «Focus», intervistò Gerhard Schröder, lo sposò e si dimise. L’ex Cancelliere non era un nepotista, non aiutò neanche il fratellastro Lothar, che lavorava nelle fogne di Detmold, ma gli si può perdonare una debolezza per amore: Doris è riuscita a soffiare il posto in lista a una deputata socialdemocratica con lunga esperienza, e molto stimata, Sigrid Leuschner, 61 anni. Può darsi che mi sia sfuggito qualche altro giornalista tentato dalla politica, nel caso non sarà un nome noto.
A livello locale, Susanne Gaschke, redattrice del settimanale «Die Zeit», si candida a sindaco nella città di Kiel. E, attualmente, Steffen Seibert ha lasciato il posto nella redazione dello «Zdf», il secondo canale pubblico, per diventare portavoce del governo. In fondo, fa quasi lo stesso mestiere.
In Germania non si usa mettere in lista qualcuno, solo per sfruttare la sua fama, attori, campioni sportivi, scrittori. Nessuna norma vieta ai magistrati di scendere in campo, ma non lo fanno.
E, poi, chi li conosce? I loro nomi non finiscono continuamente in prima pagina: chi ricorda il magistrato che condannò Helmut Kohl per i «fondi neri»? C’è solo il caso ad Amburgo del giudice «gnadelos», senza pietà, Ronald Schil, 55 anni, che infliggeva agli imputati sempre la pena massima, e proponeva la castrazione (volontaria) per i maniaci sessuali. Creò un suo partito, raggiunse il 19% sfruttando il malcontento popolare per l’alto tasso di criminalità, divenne senatore agli interni nel senato cittadino, fece una pessima figura, e scomparve. Non è tornato in magistratura: qui le dimissioni sono per sempre.
Il collega più celebre è Willy Brandt. Alla licenza liceale nel ’32 dichiarò che la sua aspirazione era fare il giornalista, a 13 anni già scriveva per un giornale locale a Lubecca. Hitler lo costrinse a fuggire, tornò a Berlino come corrispondente di guerra, con la divisa norvegese. Ma non divenne Cancelliere per le doti di reporter. Il suo più stretto collaboratore era Egon Bahr, oggi novantenne, giornalista alla radio di Berlino Ovest.
Il fondatore e direttore dello «Spiegel», Rudolf Augstein, fu eletto deputato per il partito liberale nel ’72, ma si dimise l’anno seguente. Quando lo intervistai, confessò che amava di più il giornalismo: «Un mio articolo è politicamente più efficace di cento discorsi al Bundestag». Sarà stato arrogante, ma non esagerava. In fondo, anche Lilli Gruber o Michele Santoro sono tornati alla professione dopo una rapida comparsata come deputati europei. A Bruxelles serve sapersi districare nei complessi problemi comunitari.
Avviene di rado, ma se un giornalista o un uomo di cultura riesce a farsi eleggere, dopo viene impiegato nel campo di sua competenza. Come Michael Naumann, 71 anni, giornalista, editore, direttore del mensile «Cicero», che nel ’98 fu nominato sottosegretario per la cultura e i media nel governo Schröder. «Io non considero l’impegno politico come un tradimento verso la professione, dichiara oggi, e neanche ritengo impossibile il ritorno al mestiere.»
Henryk Zörner della Federazione giornalisti è di parere opposto: «Tornare al lavoro è difficile. L’impegno politico fa perdere credibilità, e non conosco alcun politico che sia riuscito a lavorare ancora come giornalista».
Non si può essere ottimisti e pessimisti a corrente alternata.