Ugo Magri, La Stampa 11/1/2013, 11 gennaio 2013
Il sangue è stato risparmiato, scorrerà un’altra volta. Smentito l’attore Massimo Boldi, che davanti al camerino del trucco pronosticava eccitatissimo: «Vedrete, faranno ta-tata-ta-ta», un fuoco d’artificio, una battaglia feroce, uno scontro memorabile, «sono venuto qui a godermelo»
Il sangue è stato risparmiato, scorrerà un’altra volta. Smentito l’attore Massimo Boldi, che davanti al camerino del trucco pronosticava eccitatissimo: «Vedrete, faranno ta-tata-ta-ta», un fuoco d’artificio, una battaglia feroce, uno scontro memorabile, «sono venuto qui a godermelo». Come «Cipollino» Boldi, altri 400 spettatori avevano fatto pazientemente la fila sotto una pioggerellina gelida pregustando il duello, l’arena dove uno solo sarebbe rimasto vivo e l’altro a rantolare per terra infilzato (o incornato)… Invece ieri non si è visto il toro ma nemmeno il «matador». L’unico richiamo alla corrida è giunto dalle note iniziali di «Granada», poi stop. Colpi duri, certo, specie nelle scintille con Travaglio. Definirlo un match truccato sarebbe sicuramente falso. Però la tivù ci ha regalato ben altro, al confronto di certe zuffe su La7 è andato in onda uno scontro civilissimo, in certi momenti al Valium. Come quando Berlusconi ha tentato di propinare per l’ennesima volta la storiella delle leggi che strada facendo da destriero diventano ippopotamo… Che non fosse aria di rissa, semmai di rimpatriata tra vecchi nemici, condita di risate e di gag (sulla moglie Veronica, sui giudici comunisti), lo si è capito appena Silvio è entrato nel grande capannone con le movenze della star, accolto come tale: nemmeno un ululato, zero fischi, neanche un sibilo di contestazione. Subito in posa con il conduttore davanti ai fotografi, quindi saluto galante alla Innocenzi e (soprattutto) alla bionda Costamagna, accompagnato con gesti eloquenti della mano per far intendere «che meraviglia!», proprio come fece una volta con Michelle Obama scandalizzando l’America puritana. Stretta di mano a Travaglio, l’arci-nemico che Berlusconi tentò di far condannare per diffamazione senza riuscirci, «come va?» l’ha apostrofato cordiale, e il giornalista ha ricambiato la stretta senza esagerare. «Preoccupato?», gli hanno chiesto i cronisti un attimo prima dell’inizio. E lui, con il tono del pugile che non si smonta per così poco: «Chi, io? Nooo… Comunque vada, per me va bene». Tutta pubblicità. L’importante è che se ne parli. Fino a poche ore prima, il Cavaliere non era altrettanto sereno. Anzi, era decisamente in ansia, quasi pentito di avere accettato per «colpa» della Santanchè, la quale gli aveva passato al telefono Santoro e da cosa era nata cosa... Personaggi vicini a lui giurano di aver sentito dalla sua viva voce: «Non so se stavolta ne esco vivo». E forse all’ultimo istante si sarebbe tirato indietro, se non avesse ricevuto da Santoro garanzie assolute di correttezza, messe addirittura nero su bianco attraverso un fitto scambio di mail. Che cosa prevedevano gli accordi preventivi? Un patto di non aggressione reciproca, l’impegno a non travalicare né da una parte né dall’altra. Scartata ogni volontà di «resa dei conti» tra il leader del Pdl e un gruppo di giornalisti ostili; escluso a priori qualunque approfondimento di tipo giudiziario, e tantomeno la lettura di certe intercettazioni telefoniche imbarazzanti; spezzato, in modo da dare al Cav il diritto di replica, il celebre monologo di Travaglio, l’unico a non farsi contagiare dal clima vagamente cameratesco, l’unico a profittarne per rimettergli davanti implacabile un florilegio di contraddizioni sulla vita privata, sulle «feste eleganti», ma anche sulle amicizie pericolose... Niente di veramente insopportabile, tuttavia. Tanto che Berlusconi nemmeno ha fatto il gesto di alzarsi e di andarsene. Anzi, è stato lui a tradire i patti con Santoro, estraendo di tasca un dossier su Travaglio, nel più classico «metodo Boffo», che ha acceso l’unico vero scontro. Se ne è andato ridendo soddisfatto: «Io mi sono divertito».