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 2013  gennaio 11 Venerdì calendario

«Comunque vada, a me va bene» sussurra il Cavaliere prima di sedersi. Va in onda il concorso di interessi

«Comunque vada, a me va bene» sussurra il Cavaliere prima di sedersi. Va in onda il concorso di interessi. Santoro ne esce come il duro e puro che affronta Berlusconi senza fare sconti, Berlusconi come il lottatore che si cala nella fossa dei leoni. Ognuno esce vincitore per il suo pubblico. Cortesie iniziali, siparietti sorridenti (allargati a Vauro), scambi di lettere con Travaglio, alterchi inevitabili, giusta tensione; assolutamente da evitare, e quindi evitata, la rottura. Anche quando lo scontro per un attimo si fa serio, Santoro in difesa di Travaglio grida a Berlusconi che ha «tradito i patti» e si dovrebbe vergognare, ma Berlusconi ride: «Ora dovrebbe essere lei ad alzarsi e andarsene». Vent’anni dopo, entrambi hanno ancora bisogno l’uno dell’altro; anche se per entrambi potrebbe essere stata davvero l’ultima volta. Cinecittà, teatro 3, ore 20. Il primo ad arrivare è Roberto Gasparotti, che è qui per l’ispezione. Gasparotti è uomo-chiave del berlusconismo: da sempre controlla luci e inquadrature quando il capo va in tv. Finito il sopralluogo in studio, si mette sulla porta ad attenderlo: «Tutto sotto controllo. Il regista lo conosco bene, è Alessandro Renna: bravissimo. Lavora con Santoro fin dai tempi di Mediaset: una garanzia, stiamo tranquilli. E poi Michele è bravo, il presidente è bravo... sarà un bel match. Regolare». Il secondo ad arrivare è Massimo Boldi: «Sono qui nel ruolo di capretta». Prego? «Non lo sa? Alla vigilia di una corsa importante, nella stalla del purosangue mettono un animale mite, di solito una capretta, per metterlo calmo. Ecco, la capretta sono io. Il purosangue è il mio amico Silvio». Infatti, appena arriva Berlusconi, Boldi si infila con lui al trucco: «E pensare che stasera su Canale5 fanno un mio film, Matrimonio alle Bahamas...». Poi l’attore accompagna l’ex premier in studio, i due conversano fitto, sembrano recitare una parte, presidente sta facendo le prove per Santoro? «Ma no, stiamo rifacendo lo sketch del divano Lillo! Ai tempi del Derby era il cavallo di battaglia di Massimo. Ve lo ricordate? Quello del cliente che paga dieci milioni un divano che costa un terzo e sul libretto delle istruzioni trova scritto: "Sei un genio!"». Luisella Costamagna all’epoca era troppo giovane e non se lo ricorda, Berlusconi le sorride: «La vedo su tutte le tv!» («senti chi parla» è la risposta). Un saluto alla Innocenzi, pure lei amica di Boldi. Lunga stretta di mano con Travaglio, il pubblico accenna a un applauso tipo momento storico. Anche l’incontro con Santoro è cordiale: sorrisi, auguri reciproci. L’arena è ovviamente in gran parte per il conduttore, ma è arrivata pure la claque di Berlusconi, «alla fine dovrebbero essere cinquanta giovani — spiega Gasparotti —. Li ha selezionati la segreteria di Alfano». Presidente, almeno si è allenato? «Figuriamoci, ho passato la giornata a Palazzo Grazioli assediato dai capi dei piccoli partiti, oggi era l’ultimo giorno per definire le alleanze, volevano tutti parlare con me...». Santoro apre evocando toreri, arene, Granada, sfide definitive. Lieve ironia su Lilli Gruber che aveva rivendicato le origini austroungariche, cui contrappone la recita in napoletano («Chisto è ‘o paese do sole...»). Per carità, nessun appeasement: non servirebbe a nessuno dei due. E poi Gasparotti ha ragione, entrambi in tv sono bravi, forse i migliori ognuno nel suo ruolo, il difetto di Berlusconi è la logorrea ma Santoro provvede talora a interromperlo, sia pure con sgarbo: «Se urlo faccio una parte scontata, per cui lei deve seguire il labiale»; «va bene, proverò». Ci si mettono pure i gruppi elettrogeni, che interrompono la trasmissione dopo il celebre video sui «ristoranti pieni e gli alberghi iperprenotati» e dà modo al Cavaliere di calibrare la risposta. Lui è attento a non dare segni di nervosismo. Qui non c’è bisogno di difendere la D’Urso come da Giletti, consigliare un otorino come alla Gruber, minacciare di andarsene come ha fatto persino da Vespa. Incassa. Finge di divertirsi quando Santoro gli propone di fare un bel colpo di Stato per liberarsi del Parlamento. Appena può cerca la sintonia parlando male di Monti: «Qui lei sfonda una porta aperta!» sorride il conduttore. «Io aspetto ancora la risposta sull’Imu» prova la Costamagna. «La risposta l’hai avuta» chiude Santoro. E quando dopo un affondo riuscito il pubblico accenna a un applauso, lui magnanimo lo ferma: «Per carità!». Capita che si urli, capita più spesso che si rida. «Presidente si è arrabbiato?» domanda Santoro, quasi premuroso. «E perché? Mi sto divertendo. Mi sembra di essere a Zelig». E poi battute sull’università della libertà, quella dove dovrebbe insegnare il noto liberale Putin, e le scuole serali di Santoro. Sketch sui duecento milioni di lire al giorno da pagare a Veronica. Di Travaglio Berlusconi dice: «Lui guadagna moltissimo, soprattutto su di me. È un diffamatore professionale». Poi quando deve sedersi al suo posto finge di pulire la poltroncina. Il conduttore si arrabbia davvero, l’ex premier all’uscita sorride: «Mi sono proprio divertito». Santoro: «Io per vincere non dovevo battere Berlusconi. Dovevo "vendere il giornale", fare pubblico. Mi sa che ci sono riuscito». Non è stata una pantomima. È stato un incrocio di personaggi e di mondi agli antipodi ma che si sostengono l’uno con l’altro. Santoro è per Berlusconi quel che Berlusconi è per Santoro. Come nella poesia di Kavafis sui barbari, della cui fine i romani della decadenza si dolgono molto: «E ora, che sarà di noi senza barbari? Dopo tutto, quella gente era una soluzione». Aldo Cazzullo