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 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

LUOGO IDEALE DI SPERIMENTAZIONI

[L’architettura]–
Esistono tracce privilegiate per chi voglia capire storie complesse come la crescita di una metropoli. La creazione di un sistema di trasporto sotterraneo è una di queste. Una traccia che aiuta anche a mettere in discussione alcuni pregiudizi. Il primo riguarda la capacità del sistema di trasporto sotterraneo di anticipare e di guidare la crescita. Il caso di Londra testimonia, sino agli anni Cinquanta del Novecento, come la metropolitana possa indirizzare lo sviluppo urbano: ad esempio favorendo l’Ovest, dove c’era la campagna. L’accessibilità favorirà la trasformazione di aree agricole in sububurs dove si sperimenterà la separazione tra diritto di proprietà e diritto di superficie, ma anche politiche pubbliche.

Un secondo pregiudizio è quello che vuole le infrastrutture nascere come private e divenire pubbliche quando diventano passive. Il caso della metro londinese testimonia come, sin dall’inizio, vi sia invece una cooperazione tra pubblico e privato. Gli stessi eroi della sua costruzione sono quasi avventurieri come Charles Tyson, o personaggi come Frank Pick, capaci non solo di attraversare organizzazioni pubbliche e private, ma di farsi mecenati e di segnare il gusto e la ricerca architettonica degli Anni 30 in Inghilterra. Il committment di Pick a Charles Golden per nuove stazioni – basti ricordare quelle di St Jame’s Park o quella di South Wimbledon - ci dicono come la metropolitana sia luogo di sperimentazione non solo di nuovi rapporti tra pubblico e privato, ma anche di nuove forme artistiche.

Il terzo pregiudizio è quello che la storia della metropolitana sia soprattutto una storia tecnologica e sociale. Basta prendere in mano la Wonderground Map del 1914 per rendersi conto di quanto muti anche gli immaginari urbani prima, metropolitani poi. La città rappresentata in altezza con i suoi edifici, diventerà la città dell’estensione, della rappresentazione a volo d’uccello, e poi la città rappresentata da segni e da simboli. Un cambiamento che la collezione di mappe animate dalla metropolitana testimonia in maniera quasi unica.

LA RAGNATELA INVISIBILE CHE MODELLÒ LA CAPITALE [L’odio e l’amore della gente. Un viaggio sotterraneo lungo 150 anni] –
A metà del regno della regina Vittoria, Londra era una città piena di buche. Si scavava per costruire nuove strade e nuove case, per installare fognature, condutture dell’acqua, impianti del gas. Il caos nelle vie era insopportabile, peggiore di quello di oggi. A Paddington, sobborgo a nord ovest della città, si scavava per realizzare una delle rivoluzionarie idee di quei pionieri visionari che hanno fatto grande l’Inghilterra: la prima linea ferroviaria sotterranea del mondo. Il treno a vapore che partì sbuffando dalla stazione 150 anni fa, il 9 gennaio del 1863, riempiva la galleria e i vagoni di fumo che rendeva ancora più incerta la luce delle lampade a gas. Ma 30 mila persone vollero salirvi il primo giorno, avanti e indietro per i sei chilometri che separavano Paddington da Farringdon Street, il punto di arrivo.

Il visionario che dedicò la sua vita a convincere Londra che la costruzione di una metropolitana era un’ottima idea si chiamava Charles Pearson e non ha avuto dalla storia i riconoscimenti e i monumenti che meritava. Morì prima dell’inaugurazione e nessuno lo ricordò. Ma la ragnatela di binari che è stata realizzata in 150 anni intorno a quel primo, modesto tratto, ha ora raggiunto i 408 chilometri di lunghezza e trasporta 1,2 miliardi di passeggeri all’anno. Londra e la metropolitana sono cresciute insieme e anzi si può dire che la città è stata modellata, sia culturalmente che economicamente, dalla sua «Underground».

I londinesi non amano la loro Metropolitana, ma guai se qualcun altro ne parla male. È con loro da così tanto tempo da essere diventata una di famiglia, e ne sopportano i difetti con rassegnazione. Nelle gallerie vivono mezzo milione di topi e volano zanzare che si sono evolute in modo diverso dalle loro sorelle di superficie, meritando l’appellativo di «molestus» accanto al nome latino di Culex Piepiens. La Circle Line, che gira con lentezza esasperante intorno al centro, fu definita «una leggera forma di tortura» dal «Times» e ancora oggi, nelle ore di punta, è esperienza che non si dimentica. D’estate, la temperatura nei vagoni di molte linee supera i 35 gradi, un livello al quale secondo i regolamenti dell’Unione Europea è vietato trasportare animali.

Anche se dal 1890 le locomotive sono progressivamente diventate elettriche, un viaggio di 40 minuti è ancora dannoso come il fumo di due sigarette. Nei momenti più caotici i ritardi sono così frequenti che mediamente ogni passeggero passa in attesa alle stazioni tre giorni, 10 ore e 25 minuti l’anno. Si potrebbe chiedere il rimborso del biglietto, ma quasi nessuno lo fa, perché non si chiede un rimborso ad un amico: tra alti e bassi, la metropolitana di Londra fa da 150 anni il suo dovere e ha reso, a un costo ragionevole, più facile la vita alle persone.

Domenica prossima, la Met Locomotive N° 1, conservata come nuova al London Transport Museum del Covent Garden, tornerà a viaggiare sui binari per un’altra memorabile giornata di orgoglio nazionale. In fondo è questo che rende gli inglesi così speciali: se il presente è triste, possono sempre essere fieri del loro passato.


MARCHIO GIOVANE E SEMPRE AFFIDABILE [La grafica] –
Il massimo della semplicità e dell’universalità di comprensione: un tondo con una barra che lo attraversa, nei colori nazionali, bianco, rosso e blu. Un simbolo della metropoli moderna, affidabile e facile da attraversare. Italo Lupi, architetto, grafico e art director, definisce il logo della metropolitana londinese «un archetipo della segnaletica urbana. Il merito va prima di tutto a Franck Pick, amministratore dell’Underground Group, che nel 1913 lo commissionò a Frank Johnston, calligrafo della cerchia di William Morris, con l’intento di unificare la comunicazione della rete metropolitana. Fu Johnston a inventarsi sia il logo che la font tipografica. Anche se fu il suo allievo Eric Gill a far diventare quest’ultima quella che è».

Come lavorò Gill sull’opera del suo maestro? «Il carattere di Johnston, un caratteristico bastone, venne smussato in modo da permetterne un più ampio utilizzo: un po’ come fece Simoncini per Einaudi quando modificò il Garamond, font caratteristica della casa editrice. Ancora oggi, la creazione di Johnston modificata da Gill rende perfettamente il senso di duttilità e di dolcezza tipico della grafica inglese. Aggiunga la capacità di adattamento del logo: che funziona bene quando è molto grande, riprodotto in lamiera smaltata in certe stazioni, e anche piccolissimo, al bavero degli impiegati».

Quali sono i meccanismi psicologici che legano caratteri e logo a una sensazione di sicurezza e di affidabilità? Perfino nei giorni terribili del luglio 2005, quando usare il metrò poteva sembrare una sfida mortale, quel tondo dava fiducia. «E lo faceva anche sotto le bombe di Hitler. Il logo rassicura per la sua chiarezza immediata. Lo stesso del Diagram, la meravigliosa mappa del Tube, che a un certo punto si tentò vanamente di modificare, togliendole quell’astrazione che è invece il suo bello. I grafici londinesi avevano già inventato tutto. E mi chiedo come sia possibile che Mario Monti, che vuol tanto innovare, abbia scelto, nel 2013, un logo così vecchio e così brutto. Ma questo è un altro discorso».



STORIE NELLO SPAZIO DEL MISTERO [La letteratura] –
In principio ci fu il treno, meraviglioso e talvolta sinistro (come si legge nelle pagine di Dickens). Poi venne il treno che andava sotto terra (underground): meno interessante per uno scrittore, perché la brevità del percorso offriva meno occasioni di incontri e conversazioni cruciali. E tuttavia Trollope, il grande narratore vittoriano, nel romanzo che prende spunto dagli scandali finanziari del tempo, «La vita oggi», introduce un elemento di attualità facendo prendere la neonata «sotterranea» alla sua eroina: Hetta «si immerge negli spazi misteriosi della stazione di Marylebone» per uscire poi a quella di King’s Cross. L’aggettivo «misterioso», per definire la sotterranea, ritorna nella novella di Henry James «A Londra», quando il giovane Wendover invita la fanciulla che corteggia a fare un breve viaggio in metropolitana partendo da Victoria Station. Wendover, tipo molto compito, mai si sarebbe comportato come George Ponderevo, brillante personaggio del romanzo di H.G. Wells «Tono-Bungay»: George è solo nello scompartimento con la bella Marion e le mette un braccio attorno alla vita. Ma entrano due altri passeggeri e il suo corteggiamento finisce lì.

La metropolitana ha un ruolo centrale nel giallo di Agatha Christie «L’uomo vestito di marrone», che muove da una morte misteriosa nella stazione di Hyde Park. Forse Tobias Hill, nello scrivere «Underground» (1999), dove un uomo cerca di spingere una donna sotto il treno in arrivo, aveva in mente quel giallo. In fatto di suspense li batte entrambi Ruth Rendell con « King Solomon’s Carpet» (1991): accanto ai normali passeggeri nell’underground si agita una folla di giovani sbandati, musicisti, borseggiatori, guardie giurate (e naturalmente il passeggero del mistero). Per carità, la metropolitana di Londra, il tube, è un luogo più che sicuro. Dove possiamo viaggiare tranquilli e persino leggerci un libro. Magari «Tunnel Vision» (2001) di Keith Lowe, il cui protagonista, la vigilia delle nozze, scommette di farsi in un solo giorno tutte le quasi 300 stazioni dell’underground.


UN LUOGO PER MILLE RACCONTI POSSIBILI [Il cinema] –
Un lunghissimo tunnel che corre nel sottosuolo, dentro i misteri della metropoli, lungo i binari di mille storie possibili. Era difficile che il cinema ne ignorasse il fascino. E infatti la metropolitana di Londra è protagonista, spesso in ruoli cruciali, di un’infinità di pellicole. Nella saga di Harry Potter è il luogo dove ha inizio il viaggio, quello da dove i giovani protagonisti partono alla volta di Hogwarts, binario 9 e tre quarti, stazione di King’s Cross, impossibile sbagliarsi, almeno per chi si appresta a diventare mago di professione. In «Sliding doors» la metro è il punto di svolta. Davanti alle porte scorrevoli del treno, si snoda il doppio destino della protagonista Gwyneth Paltrow, bruscamente licenziata e in corsa verso casa. Se riesce a salire arriverà giusto in tempo per trovare il fidanzato a letto con un’altra, se arriva un attimo più tardi sarà costretta a prendere un taxi, a subire uno scippo e soprattutto a continuare la relazione con un uomo che la tradisce.

Pedinamenti, incontri amorosi, appuntamenti fantastici, nel reticolo dell’underground può succedere di tutto, ma spesso, a farla da padrona, è la paura. Il pericolo terrorismo è evocato dall’esplosione di «Syfall», ma anche in «V for vendetta», nel duello finale a Victoria Station. L’intera vicenda di «London river», regia di Rachid Bouchareb, protagonisti Brenda Blethyn e Sotigui Kouyaté, prende le mosse dall’attentato del luglio 2005. Due genitori, una vedova inglese e un contadino africano musulmano, si incontrano durante le ricerche dei figli spariti sotto la bomba, scoprono che i due ragazzi si amavano e capiscono di avere in comune molto di più di quello che avrebbero mai potuto immaginare. In «Creep» di Christopher Smith la giovane Kate (Franca Potente) precipita in un incubo spaventoso, completamente ambientato tra i binari spettrali di una metro notturna, mentre in «Sabotage», del 1936, basato sul romanzo di Conrad, «L’agente segreto», Hitchcock ricostruisce l’intrigo che ruota intorno a un ordigno destinata a scoppiare nella stazione di Piccadilly Circus.


QUANDO IL ROCK SCENDE ALL’INFERNO [La musica] –
La metropolitana londinese, The Tube è, proprio come la musica pop, un contributo britannico alla cultura di massa planetaria. Come luogo di spettacolo, riconosciuto ufficialmente e motivo di vanto per il sistema cittadino dei trasporti: i «busker» con licenza, scrive il sito «Transport for London», raggiungono ogni giorno un pubblico di 3,5 milioni di potenziali spettatori.

Ma la metropolitana londinese è soprattutto fonte di ispirazione, nonché ambientazione, per moltissime canzoni rock, anche di grande successo. E non da ora: «Who Are You», che The Who scrissero nel 1978 (e che molti ricordano sui titoli di coda del serial «CSI») racconta una storia di disagio cittadino incorniciandola in ingressi alla metropolitana che sono vere e proprie discese agli inferi.

Curiosamente, lo stile che predilige l’Undeground è quello «mod», abbreviazione di «modernista», il più British in assoluto, rielaborazione «cockney» del «rhythm and blues» nero e americano. The Jam, i migliori discepoli di The Who tra gli Anni 70 e 80, alla Metro dedicarono una canzone. «Down in the Tube Station at Midnight» è la storia di un uomo comune che ha la sventura di andare «sotto terra» a mezzanotte e che finisce derubato e abbandonato semisvenuto, forse morente.

Una visione cupa che solo la canzone più bella e struggente dedicata alla Londra moderna («Waterloo Sunset») può riscattare. La firma nel 1967 Ray Davies dei Kinks, un altro maestro «mod», che dalla finestra di casa contempla il tramonto sul Tamigi e la folla della stazione di Waterloo. Tra questi, anche Terry e Julie, due londinesi innamorati e felici che si perdono nella folla per trovare un futuro migliore: un inno alla città e al suo sistema nervoso sotterraneo.