Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

ARTE, SATIRA E GENOCIDI MA SU ADOLF HITLER È POSSIBILE SCHERZARE?

[In Germania spopola un romanzo comico sul Führer ai tempi della Merkel. Accompagnato dalle polemiche] –
È il personaggio più co­nosciuto della storia della civiltà, poiché ha devastato l’idea stessa di essere umano. E per lo stesso motivo è l’uomo sul quale si scherza il meno possibile. Nessuno ha conosciuto così poche riletture comiche, paro­die o contraffazioni, della figu­ra di Adolf Hitler, in arte l’Intoc­cabile. Ne contano molte di più il Papa o Maometto. Letteratu­ra, narrativa di genere, pittura, cinema, fumetto, pubblicità: tutte le forme di espressione creativa, salvo rare eccezioni, hanno ancora paura di Lui. Him . Giusto? Sbagliato? Charlie Chaplin, quando gi­rò Il grande dittatore , disse: «Ri­tengo che se non possiamo ride­re di Hitler di tanto in tanto, allo­ra vuol dire che la nostra condi­zione è peggiore di quella che crediamo. Ridere fa bene, ride­re degli aspetti più sinistri della vita e persino della morte». Il film però uscì nel 1940, e i cam­pi di sterminio erano di là da ve­nire. Ad Auschwitz sono morti Dio e la poesia. Anche la satira sul suo artefice? In felix Germa­nia.
In Germania, in questi giorni, è arriva­to in vetta alle classi­fiche di ven­dita, tirando­si dietro la prevedibile co­da polemica, un romanzo che spezza un tabù: ri­dere di Adolf Hit­ler. È la prima volta che accade in Ger­mania, almeno in ter­mi­ni di prodotto main­stream . Il libro, scritto da un giornalista di ma­dre tedesca e padre ungherese, Timur Vermes, s’intitola Er Ist Wieder Da ( È tor­nato ) e immagina il Führer che si risveglia nella Germania di Angela Merkel, viene scambia­to per un attore comico e finisce per diventare una star televisi­va e poi del web, fino a entrare in politica grazie all’appoggio di un popolare tabloid. Uscito qualche mese fa, il romanzo ha già venduto 250 mila copie, e cir­ca 75 mila audiolibri (i discorsi surreali del leader nazista, ag­giornati ai tempi di Youtube, pa­re siano irresistibili). Il Daily Mail ne ha parlato come caso letterario, il dibattito sul libro impazza in Rete e diverse case editrici europee (Italia compre­s a ) ne hanno ac­quistato i diritti. Sfonde­rà anche fuori «casa»?
Mentre il racconto tragico di Hitler è più frequente e con ef­fetti «sicuri» (un’opera per tut­te: La caduta, interpretata da Bruno Ganz), quello co­mico è pericolosissimo, e non dal punto di vista eti­co. Ma da quello artisti­co. Si veleggia fra il ca­polavoro di Chaplin (ma avrebbe girato quel film dopo i campi di sterminio?) o di Mel Brooks, alla farsa surreale di Mein Führer , del 2007, di Da­ni Levy ( ma un film così potreb­be scriverlo e dirigerlo un cine­asta non ebreo?). Il resto sono B-movie, fumetti, paccottiglia: Zio Adolfo in arte Führer , il peg­gior film di Adriano Celentano e uno dei peggiori dei già pessimi anni Settanta, il dark comic Stalin vs Hitler del russo Alexey Lipatov, la versione manga del Mein Kampf che ha fatto furore in Giappone nel 2009, l’horror­zombi­e movie Nazis at the Cen­ter of the Earth della mitica casa di produzione Asylum (lo scor­so anno è stata la volta del fanta­scientifico Iron Sky ), il manga La storia dei tre Adolf di Osamu Tezuka, uscito anche in Italia negli anni Novanta e Duemila dalle edizioni Hazard... Oppu­re è provocazione o scandalo: il dipinto Il segreto di Hitler (2008) di Giuseppe Veneziano o il già citato Him di Maurizio Cattelan, la statua di Hitler raccolto in preghiera che dal 2001 chiede perdono e raccoglie po­lemiche in giro per il mondo ( at­tualmente è esposto nel ghetto di Varsavia...) piuttosto che il fu­metto Adolf di Walter Moers o il tanto scorretto quanto inno­cuo Führer in versione Simp­son.
Il successo commerciale del romanzo di Timur Vermes, che vuole/vorrebbe far riflettere sul pericolo di certi «ritorni» (se­condo l’autore la miscela esplo­siva che aprì la strada al nazi­smo è identica all’attuale, e cioè disillusione, crisi, una mo­ne­ta debole e la paura dell’inflazione), secondo alcuni critici di­mostra che il senso di colpa del­le generazioni nate dopo la Se­conda Guerra Mondiale è or­mai svanito, e i tedeschi posso­no finalmente ridere della Be­stia che li perseguita da settant’anni. Sarà. L’impressione è che siamo sempre in balia della polemica, sballottati fra gli scogli della provocazione e quelli della farsa. Per approdare ai lididell’arte, e a una serena riappacificazione della Coscienza, servirebbe la stessa forza e lo stesso genio con i quali - per esempio- Peter Ustinov uccise Nerone, trasfor­mandolo da Mostro a macchiet­ta. Ma un Hitler simile ancora non si è visto. Né al cinema né in letteratura.