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 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

ALITALIA, ANCHE GLI EMIRI DI ETIHAD STUDIANO UN PIANO DI SALVATAGGIO

[Il vettore di Abu Dhabi potrebbe comprare le quote dei soci italiani in uscita L’opzione alternativa èl’acquisto del 24% attraverso un aumento riservato] –
Si intuiscono i primi spiragli di un realistico interesse di Etihad a fare ingresso nel capita­le dell’Alitalia. La notizia, antici­pata dal Giornale , rimbalza at­traverso la stampa francese, ma da tempo in Italia il nome della compagnia di Abu Dhabi viene indicato come possibile investitore. Les Echos , citando fonti confidenziali, dice che la compagnia «sarebbe pronta ad acquistare le quote di alcuni azionisti minoritari di Alitalia desiderosi di disimpegnarsi». Finora Etihad aveva sempre smentito: ieri non lo ha fatto con la nettezza del passato: «La nostra politica ­ha detto un porta­voce - è di non commentare le indiscrezioni » .
Ma ha aggiunto che «Etihad con­tinua a esamina­re le opportunità di investimento in altre compa­gnie aeree come un’importante evoluzione del­la propria strategia di partner­ship ». E infatti già possiede, in Europa, il 29% della tedesca Air Berlin, il 3% dell’irlandese Aer Lingus e, fuori Europa, il 40% di Air Seychelles e il 10% di Virgin Australia. Sta inoltre trattando l’acquisto del 24% nell’indiana Jet Airways.
Nel caso di Alitalia, l’ingresso di Etihad sarebbe visto con fav­o­re in funzione di un aumento di capitale dedicato, che, al con­trario del rastrellamento di quo­te, porterebbe denaro fresco nelle casse della società. Secon­do gli attuali azionisti, Alitalia potrebbe essere valutata circa 2 miliardi, considerando le po­tenzialità contenute nel piano industriale e il suo ruolo strate­gico in Europa. Stima genero­sa, ovviamente, perché gli indi­catori economici per ora sono ancora negativi; ma per una compagnia ricca come Etihad, le scelte risiedono nella bontà dell’operazione, non nel prez­zo. Etihad potrebbe rilevare una quota fino al 24%, per la­sciare il 51% in mani italiane. Se qualche piccolo socio volesse a tutti i costi abbandonare, po­trebbe essere Intesa Sanpaolo a venirgli incontro, come ha già fatto rilevando nel 2011 l’1,3% di Fingen (famiglia Fratini).
Con Alitalia e Air France (pri­mo azionista di Alitalia con il 25%) Etihad ha in corso impor­tanti rapporti commerciali, dei quali tutti i partner si dicono soddisfatti. Ma già sei mesi fa, tra giugno e luglio 2012,la stam­pa francese si era lanciata a pre­vedere l’ingresso di Etihad addi­rittura nella holding Air France­Klm, coinvolgendo Air Berlin e - udite udite- anche Alitalia. Gli affari spesso maturano lenta­mente, poi si concretizzano al­l’improvviso. Un gruppo così al­largato sarebbe basato su quat­tro hub (Parigi, Amsterdam, Fiumicino, Abu Dhabi) che coprirebbero efficacemente tutte le rotte verso Occidente e verso Oriente e Australia, e che sareb­bero ali­mentati da una laborio­sa attività di voli di medio e bre­ve raggio.
Il destino di Alitalia resta co­munque francese, o franco-ara­bo. Il mondo del trasporto ae­reo da anni si sta consolidando e solo i gruppi di grandi dimen­sioni possono avvalersi di forti economie di scala. Lo stesso An­drea Ragnetti, ad di Alitalia, di recente ha ammesso che delle 100 compagnie aeree oggi esi­stenti in Europa tra 10 anni ne resteranno al massimo 15. Il set­tore si misura con una crisi sen­za precedenti: Air France ha in corso 5.122 licenziamenti, Luf­thansa sette mesi fa ne ha an­nunciati 3.500 per risparmiare 1,5 miliardi, il matrimonio Bri­tish- Iberia è già in crisi perché gli inglesi stanno prosciugan­do i partner spagnoli. C’è da chiedersi cosa sarebbe stato di Alitalia se fosse stata acquistata da Air France cinque anni fa. Oggi invece è una compagnia radicalmente ristrutturata che si misura con la crisi del settore.