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 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

DUBAI, IL PARADISO ARTIFICIALE CHE FA ARROSSIRE MALPENSA

[L’aeroporto milanese èil benvenuto dell’Italia al mondo. Che accogliamo con sporcizia e lungaggini inutili. L’efficienza degli Emirati èun miraggio] –
D’accordo, gli emiri. Hanno i dollari che gli nascono sotto i cammelli e sopra le palme ma trascorrere una settima­na a Dubai, con strade ur­bane a sette corsie, benzi­na con prezzo di centesimi venticinque alla pompa, in cifre 25, as­senza totale di erario, Befe­ra e affini, nel senso di tasse dirette, Imu, ritenute alla fonte, ma, esempio illuminante, se si decide di av­viare un’attivi­tà, con crea­zione di socie­tà, è necessario il semplice ver­samento di imposta di registro pari a euro 200, null’altro.
Per ogni nascituro lo Stato versa 60mila euro di dote con annesso terreno edificabile per la casa del futuro e così con­cede il diritto al lavoro, con po­sto assicurato, in rapporto al ti­tolo di studio.
D’accordo, esistono le con­troindicazioni, anche misera­bili e violente, salari bassissi­mi, duecento euro al mese per i camerieri, odore di schiavitù e di burqa esistenziale per le don­ne, non soltanto nell’abito, va da sé che anche a Dubai, dove l’ottanta per cento della popo­lazione è straniera e il resto è composta da emirati, esiste il gabbio e uno pure all’interno dell’aeroporto (roba da marzia­ni, costo 5 miliardi e mezzo di dollari per uno sviluppo di chi­lometri quadrati centoquaran­ta, avete letto bene 140). Il sito è piuttosto affollato, non soltan­to lo scalo che supera i 60 milio­ni di passeggeri anno, ma anche il carcere, dove risiedono detenuti di vario tipo, da chi si è baciato in pubblico o di peg­gio ha esibito, a chi ha spaccia­to droghe o anche venduto donne e uomini; mi dicono che durante il periodo estivo negli Emirati l’afa sia terribile, la canicola combini brutti scherzi là dove la terra scotta e non vige la legge delle Colt ma delle colf e il termometro viag­gia oltre i 50.
Ovviamente questo paradi­so artificiale tipo costruzioni Lego, dove non trovi una carta stracciata, un mozzicone di si­garetta o lattina strizzata di bi­bita lasciate o gettate a terra, do­ve i bagni pubblici di supermer­cati e metropolitana sembra­no le sale operatorie di una cli­nica svizzera, tutto questo calif­fificio fa dimenticare, per qualche giorno, le cose di casa no­stra che, ahinoi, ci vengono im­mediatamente sbattute in fac­cia non appena si riapre il por­tellone dell’Airbus e rimettia­mo piede nel famoso Hub di Mi­lano Malpensa. Qui non è previ­sta la prigione ma sarebbe op­portuna per coloro i quali sono o sarebbero delegati alla cosid­detta direzione, gestione e ma­nutenzione del luogo e degli og­getti. Cito a memoria: pannelli scollati dalle pareti, soffitti, nel­la zona di passaggio, ad altezza minima e a rischio per cestisti e simili, pavimentazione opaca non per la qualità del materiale scelto da architetti e geometri ma per luridume, eppoi la co­mica dei carrelli per i bagagli, gratuita tra gli emiri di cui so­pra. Qui, invece, il passeggero deve fare la seguente operazio­ne: munirsi di euro 2, moneta di uso corrente tra americani, giapponesi, indiani e turisti del genere che approdano all’Hub international, inserire la mone­ta in apposita gettoniera, atten­dere segnale di luce verde, per­correre tragitto verso la fila dei carrelli parcheggiati ma, attenzione, tornando a marcia indie­tro con lo stesso veicolo, non es­sendoci altre vie di uscita men­tre alle tue spalle il resto del gruppo in attesa assiste al feno­meno con le braccia allargate come il Cristo sul Pan de Azu­car o tra risatine da oggi le comi­che e invocazioni a vari santi.
Recuperato il carrello si va ai nastri di arrivo, non di parten­za, al ritiro bagaglio. Lungo il percorso intravvedo un grosso sacco di plastica abbandonato e svolazzante sul pavimento che, nonostante la propria opa­cità, mette in evidenza l’ogget­to. Sto per raccoglierlo e deposi­ta­rlo nel previsto contenitore ri­fiuti, quando vengo anticipato, finalmente un segnale di riscat­to tricolore, da un solerte addet­to aeroportuale con divisa fo­sforescente.
Sorriso di rin­graziamento e sospiro di sollievo, forse stiamo svol­tando. In veri­tà il fosfore­scente di cui sopra svolta lui, come Dia­bolik, dietro una porta, do­po aver riab­bandonato il sacchetto di plastica in un’altra zona sempre sullo stesso pavi­mento a tinte indefinite. Non aggiun­go lamentele sulla segnaletica improbabile e tutta uguale dappertutto del­lo scalo internazionale perché non vorrei innervosire Formi­goni Roberto e la sua orchestra come già accaduto alla stessa formazione al Roissy De Gaul­le di Parigi, facendosi e facen­doci riconoscere per bon ton e rispetto delle norme, addirittu­ra con filmato trasmesso da Striscia la Notizia .
Malpensa è il buongiorno dell’Italia a chi arriva da dovunqu­e e comunque sa di essere ar­rivato. In molti sensi. Attendo proteste, smentite, lettere di uf­fici stampa e delegati alla co­municazione. Fa parte dell’or­ganizzazione, tengono fami­glia e tengono stipendio. Sug­gerirei comunque il ricorso al burqa segnalato qua e là a Du­bai, così, nel caso qualcuno, tra i maschi, volesse nascondersi la faccia.