Gabriele Beccaria, TuttoScienze - La Stampa 9/1/2013, 9 gennaio 2013
I 10 CHILOMETRI STRAORDINARI DI CURIOSITY
Il secondo viaggio di «Curiosity» sta per cominciare. Dentro la storia del pianeta più affascinante e a caccia di possibili forme di vita.
Ci vorranno tra sei e nove mesi, quasi l’equivalente del tempo impiegato per percorrere la distanza tra la Terra e Marte. Ma stavolta il rover a sei ruote della Nasa - delle dimensioni di una piccola utilitaria - dovrà macinare i 10 chilometri più impegnativi della sua carriera di esploratore, lungo un percorso accidentato che emoziona geologi ed esobiologi. Abbandonata la zona d’atterraggio, nel maestoso cratere Gale, che un tempo dev’essere stato un lago, i 900 chili del «suv spaziale» faranno rotta verso il centro della depressione, ai piedi di Aelions Mons, la montagna anche nota come Mount Sharp, ribattezzata così in onore di un pioniere della geologia extraterrestre. Svettante per 5 chilometri e mezzo, è considerata un ineguagliabile archivio di informazioni sulle metamorfosi del Pianeta Rosso. O, più sinteticamente, per ricorrere alla formula di John Grotzinger, ricercatore-capo del California Institute of Technology di Pasadena, rappresenta un «enigma scientifico». Che «Curiosity» deve svelare.
Con i suoi 155 chilometri di diametro Gale non è l’unico cratere a contenere un «mound», una montagna, appunto. Ma si tratta di un fenomeno tipicamente marziano che non ha eguali sulla Terra. Ecco perché gli studiosi sono tanto curiosi di capire come si sia formato: Sharp assomiglia a un wafer di strati, depositati, compressi ed erosi in un periodo lunghissimo, che potrebbe estendersi fino a 3.8 miliardi di anni fa. Si pensa che contenga un patchwork di minerali, alcuni dei quali formatisi grazie all’acqua (poi svanita). Insomma, l’obiettivo è sfruttare il laboratorio di «Curiosity» per osservare un «mega-fossile», pieno di informazioni sugli sconquassi climatici e sui processi chimici che li hanno accompagnati.
«Troveremo un sacco di roba interessante», ha detto con piglio sbrigativo Grotzinger. Il che significa, oltre alle tracce dell’acqua che non c’è più, segni di componenti organici. Cioè i mattoncini dei famosi batteri marziani che sempre più studiosi sono convinti di recuperare, prima o poi.
Un giorno, d’altra parte, un pacchetto di frammenti del Pianeta Rosso dovrebbe arrivare a Terra e svelerà segreti finora impenetrabili. Forse già entro il decennio, se la missione «Exomars» vedrà la luce. Ma, intanto, il sogno di maneggiare pietre e massi di un mondo lontano 56 milioni di chilometri si è già materializzato per Carl Agee, ricercatore della University of New Mexico ad Albuquerque.
L’ha appena annunciato su «Science»: una roccia recuperata in Marocco si è rivelata essere il primo pezzo di superficie marziana mai caduto sul nostro pianeta. Pesante 320 grammi e battezzato Northwest Africa 7034, il minimeteorite è davvero eccezionale: abbonda di segni di molecole d’acqua - 10 volte superiori a quelli individuati negli altri «parenti» finora studiati - e appartiene a un periodo decisivo, intorno a 2 miliardi di anni fa. Allora i vulcani di Marte erano in attività e laghi e fiumi dovevano movimentare paesaggi oggi desolati. In quel pezzettino di roccia c’è una storia simile a quella che «Curiosity» sta per raccontare ai suoi creatori umani.