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 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

PORTOGALLO BANCO DI PROVA DELL’AUSTERITY


Mentre il Portogallo entra nel suo terzo anno di recessione, i contrasti politici rischiano di rendere inutili le lacrime e il sangue versati dal Paese dopo il salvataggio internazionale di metà 2011. La finanziaria per il 2013 - la più dura nella storia del Paese per stessa ammissione del premier Pedro Passos Coelho - è stata firmata dal presidente Anibal Cavaco Silva, che ha però deciso di sottoporre la legge di bilancio alla valutazione della Corte Costituzionale sull’equità nella distribuzione dei sacrifici: «Ci sono perplessità sulle misure di austerity per il 2013, alcune persone saranno colpite più di altre», ha detto Silva aprendo lo scontro - tutto dentro la maggioranza dei conservatori - con il suo compagno di partito Passos Coelho. Un ricorso alla Corte Costituzionale contro la finanziaria è stato presentato anche dai deputati dell’opposizione con l’evidente obiettivo di mettere in crisi la maggioranza: i socialisti contestano le misure contenute in tre articoli della legge - che aumentano ancora la pressione fiscale, riducono gli stipendi dei dipendenti pubblici e tagliano i fondi per il sociale - gli stessi messi in dubbio dal presidente, per un totale di circa 1,6 miliardi, pari a quasi l’1% del Pil.
«Queste richieste di dichiarare incostituzionale il budget potrebbero far saltare i programmi di aggiustamento dei conti pubblici appena avviati, aggiungendosi al rischio già molto evidente che il Portogallo possa precipitare in una spirale recessiva senza fine», dice Rui Barbara, capo economista al Banco Carregosa, forse il più solido tra gli istituti di credito portoghesi.
Con la disoccupazione al 16% sta montando anche la protesta di piazza, che già aveva obbligato il governo a rimangiarsi alcune misure di sostegno alle imprese che volevano ridurre il cuneo fiscale aumentando i contributi a carico dei lavoratori. «I portoghesi, quasi ubriachi d’Europa negli anni di espansione economica, ora in piena crisi, hanno la sensazione di vagare senza meta e senza motivo», argomenta Adelino Maltez, sociologo della Universidade Tecnica di Lisbona.
Il prestito di 78 miliardi di euro ricevuto dal Portogallo per evitare il default ha segnato in parte anche la fine della piena sovranità del governo di Lisbona: i margini di manovra lasciati a Passos Coelho dalle direttive di Europa e Fondo monetario internazionale sono molto limitati, sia nelle misure fiscali che per quanto riguarda le riforme strutturali e le privatizzazioni: il premier si è impegnato a ridurre quest’anno il deficit pubblico sotto al 4,5% del Pil ma la continua discesa dell’attività - anche per il 2013 si prevede una caduta del Pil di almeno un punto percentuale - rende più difficile raggiungere l’obiettivo.
Di certo il Portogallo ha fatto i compiti a casa che gli sono stati assegnati da Bruxelles e ha superato i periodici esami della troika Ue-Bce-Fmi che pure ha sempre raccomandato «tagli alla spesa pubblica» e «iniziative per aiutare le imprese a ritrovare competitività»: al di là della crisi attuale, un problema mai risolto da Lisbona. Anche nei momenti di maggiore tensione Lisbona ha ricevuto l’appoggio delle istituzioni internazionali. «Il Portogallo non ha la necessità di ristrutturare il proprio debito», ha detto tre giorni fa Christine Lagarde spiegando che «il programma di salvataggio del Paese sta procedendo bene e che la situazione è molto migliore rispetto a quella della Grecia».
«Le autorità portoghesi sono determinate a fare ciò che è necessario per completare il programma e riguadagnare l’accesso ai mercati dei titoli di stato», ha aggiunto il direttore generale dell’Fmi. Il Portogallo sta in effetti riguadagnando la fiducia degli investitori: nell’ultima settimana i rendimenti dei titoli decennali del debito sono scesi sotto il 6,5%, i tassi più bassi dal dicembre del 2010. «Ma anche sul debito - dice ancora Rui Barbara - i miglioramenti sono dovuti in larga parte all’azione della Bce di Mario Draghi, non alle politiche di Lisbona».
Il Portogallo è forse il Paese che si è spinto più avanti nell’austerity e per questo diventa un banco di prova decisivo per valutare le scelte di rigore di Bruxelles. Il 2013, soprattutto l’ultima parte dell’anno quando dovrebbero arrivare i primi segnali di crescita, dirà se si tratta di un modello da seguire o di un clamoroso fallimento.