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 2013  gennaio 09 Mercoledì calendario

LA DIFFICILE VIA DELLA PROGRESSIVITA’ SUL MATTONE

La Ue ha messo il dito su una pia­ga aperta da tempo. Tanto che anche Corrado Passera, in uno dei suoi tweet di ieri, ha scritto: «Una maggiore progressività effettiva è do­verosa (anche se l’Imu è già progres­siva). Tema complesso». Ha ragione il ministro dello Sviluppo. Per lo me­no sulla complessità del tema. Sul punto della progressività, invece, il di­battito in realtà è aperto. Così come sulla struttura da dare a un tributo che, sotto la ’cura Monti’, ha subito un drastico rafforzamento: se nel 2011 la vecchia Ici (all’epoca ristretta alle ’seconde case’) valeva circa 9 miliar­di di euro, l’anno scorso l’Imu do­vrebbe aver fruttato quasi 24 miliar­di, stando alle stime (i dati ufficiali sul saldo ancora non ci sono), con un e­sborso medio calcolato in 280 euro a famiglia. Facendo fare così un balzo al nostro Paese nella classifica della tassazione immobiliare: più alta è so­lo in Francia e Regno Unito, dove però il balzello ’copre’ anche una serie di servizi erogati dallo Stato.
A dimostrare che, invece, esiste qual­che dubbio sul suo carattere progres­sivo (che si ha quando l’imposta au­menta al crescere del bene soggetto a tassazione) c’è un fatto: lo scorso au­tunno, in sede di esame della delega fiscale (poi non approvata), la com­missione Finanze della Camera si in­terrogò proprio sul renderla più pro­gressiva. Luigi Casero, deputato Pdl, parlò di «un confronto avviato con il governo».
Il punto è che l’Imu è, per sua natu­ra, un’imposta che difficilmente si presta a essere progressiva. Peraltro una qualche forma di progressività già è stata prevista: c’è – e non po­trebbe essere altrimenti – sulla casa d’abitazione, sottoposta a un’aliquo­ta inferiore alle altre proprietà e alla specifica detrazione-base di 200 eu­ro. E c’è poi quella di taglio ’sociale’: sì, perché bisogna ricordare che l’I­mu è di fatto l’unica imposta che ri­conosce un valore (e quindi uno scon­to) in base al numero dei figli. Va poi ricordato che l’Imu ’versione Monti’ ingloba un’altra caratteristica: per le seconde case non affittate il tributo assorbe la tassazione Irpef (l’imposta sui redditi che invece, come noto, pro­gressiva lo è). Al punto che è stato cal­colato che i proprietari di altri im­mobili con redditi particolarmente al­ti finiscono con il guadagnarci, ri­spetto alla vecchia tassazione. Per lo­ro, insomma, l’Imu è al contrario an­ti- progressiva: più sono ricchi, meno pagano. Un dettaglio, questo, che me­rita una correzione. Di più: in alcuni casi, la ’nuova Ici’ finisce con l’esse­re regressiva, che cioè diminuisce col salire della base imponibile. Questo avviene soprattutto per effetto di un’altra anomalia del prelievo, per com’è strutturato oggi: la mancata re­visione del Catasto (era nella delega fiscale). Un’omissione che ha ’allar­gato’ la distanza fra i valori catastali e quelli di mercato, con l’effetto che l’attuale imposta finisce per violare il criterio della cosiddetta ’equità ver­ticale’.
In generale, tuttavia, va detto che è difficile stabilire una progressività per le tasse sulla casa. Agganciarle al red­dito dei proprietari? Si potrebbe, ma questo favorirebbe il ricorso a ’pre­stanome’ (senza contare l’evasione fiscale elevata). C’è chi propone di fis­sare aliquote crescenti in base al nu­mero delle case possedute. Intanto la Confedilizia (i grandi proprietari) non ha perso tempo ieri a ricordare che «la progressività si accorda solo con le imposte a carattere generale: intro­durla anche sulla casa sarebbe un e­sproprio surrettizio di chi ha investi­to in questo settore». Mentre, va ri­cordato a esempio, chi investe in ren­dite finanziarie paga oggi solo il 20%.