Pierangelo Sapegno, La Stampa 9/1/2013, 9 gennaio 2013
Ma che cos’è la privacy? Potrebbe essere un ricordo del benessere, come dice Matteo, che ci ride sopra
Ma che cos’è la privacy? Potrebbe essere un ricordo del benessere, come dice Matteo, che ci ride sopra. Qualcosa che possiamo perdere, dividere a metà, o chissà che cosa. La verità è che dobbiamo ancora capire come sarà la vita che ci aspetta. Chiara Rivella racconta un pezzo della sua, e noi non riusciamo a vederla. Ha 36 anni, è single, vive a Milano da sette, ha comprato casa in zona parco Sempione, via Bramante, un bilocale abbastanza ampio. Tipo manager, comunicazione interna, computer e iPod. Mutuo, 450 euro al mese. Da due anni affitta la sua camera da letto, cinque giorni alla settimana, niente week end. Quaranta euro a notte. Diciamo che si paga le spese e le resta qualcosa. Ma non è questo quello che conta, è che è come in una canzone, «e questa casa non è un albergo», e una casa è sempre una famiglia, e lei racconta che molti dei suoi ospiti sono diventati amici e che ci esce fuori a cena, perché alla fine la vita è strana e siamo un mondo da scoprire. Eppure funziona così: «Ho messo la casa in un sito, Air Bnb, e loro prendono i dati, mail e telefono, rispondono alle domande, se c’è l’ascensore e l’aria condizionata e quelle cose lì, e poi se decidono di venire pagano direttamente a loro». Sembra tutto così asettico. Chiara lavora, ogni mattina esce presto e corre via, come si fa a Milano. Non vede nemmeno in faccia la persona che viene. Lascia le chiavi nel negozio sotto casa. E quando torna alla sera, poi lo trova lì, nella sua camera da letto. Sono come i rapporti che passano dal computer: così veloci, così virtuali. E lei si fida sempre? «È come la fede. O si crede o non si crede. Però, quando esco, lascio in casa tutto e non è mai successo niente». In due anni, ha conosciuto un mucchio di brave persone, molti sono stranieri, quasi tutti professionisti, qualche turista, e ogni tanto si finisce per parlare insieme, «e andiamo fuori a cena: me l’hanno sempre offerta». Ma lei ha cominciato anche perché voleva conoscere della gente nuova. Un suo amico, invece, che ha una bella casa in via Meda, affitta la sua camera solo quando c’è il Salone del Mobile e gli alberghi sono tutti pieni. Perché lo faccia, in fondo non lo sa. A Paola Mura l’idea è venuta pensando a sua madre che aveva uno splendido appartamento liberty in via Le Chiuse, Torino. Paola è andata in affitto a San Salvario, 140 metri quadri, 900 euro al mese. Ha chiesto il permesso alla padrona di costruire un bagno in più e se poteva fare bed & breakfast. «Ho due stanze oltre alla mia, una doppia e una singola. Chiedo dai 30 ai 60 euro al giorno». La privacy? «È una cosa un po’ complessa. Quando hai tanti ospiti, rinunci a qualcosa e guadagni in qualcos’altro. Guadagni in relazioni». Qualche brutta storia l’ha avuta: «Una volta in due non mi hanno pagato la camera, scappando dopo quattro giorni, svuotando il frigo e portando via delle cose». E un’altra volta, un signore ha cercato di aggredirla: «Mi sono messa a gridare così forte che è fuggito via di corsa con la sua valigia». Eppure, adesso che ha dovuto smettere perché il lavoro l’ha portata via a Milano e a Roma, sono più le cose che le mancano, molte delle persone che ha conosciuto, registi, attori, tanti poliziotti e carabinieri, e tutta gente qualunque che aveva un mondo da raccontare, e un medico che faceva l’ipnosi e che oggi incontra ancora, quando scende nella Capitale. Pure un suo amico musicista, Diego, ha cominciato da quest’estate ad affittare una camera: «In media, 15 giorni al mese, e molti ritornano perché si trovano bene ed è nato pure qualcosa. Riesco a sostenere le spese, sarebbe tutto ok. L’unica cosa sono le tasse, minimo 23 per cento e poi a salire a seconda del reddito, e il fatto che per tre mesi sei obbligato a chiudere come vuole la legge». Ma è l’Italia che è fatta così: se ti metti in regola, ti distruggono. In compenso, nel nostro futuro non finiremo più di correre intorno al mondo, anche senza conoscerci, come Matteo, che vive a Firenze, e affitta una camera, proprio di fronte all’ingresso, cominciando a farlo per pagarsi l’Imu, e per questo rigorosamente in nero: «Era il mio studio. Io ho portato tutto in fondo al corridoio, in un’altra stanza, il computer, la libreria, la stampante. Lì ci ho lasciato un divano letto. Però, l’ospite entra, si chiude dentro, e noi se vogliamo non ci vediamo neanche». Novanta euro al giorno. Matteo dice che poteva permettersi di scegliere pure i clienti: «Nessun giovane». Poi una volta ha conosciuto una signora che veniva da lui e s’è fermato a parlarci e non ha più smesso, perché è fatto proprio così questo mondo che ci gira intorno e non finisce mai. Ha sempre una sorpresa da scartare.