Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 08 Martedì calendario

ALTRO CHE PIRAMIDI IL SEGRETO DEI FARAONI ERANO LE TASSE BASSE

[Un convegno in corso a Milano svela tutto dell’amministrazione dei sovrani dell’antico Egitto. Erano teocratici, ma non dispotici] –
All’inizio della civiltà... fu la burocrazia. E ov­viamente, a stretto gi­ro di posta, la moltipli­cazione delle cariche. Si inizia dallo «Scriba reale» per arriva­re già entro la VI dinastia al «controllore degli scribi reali» e al «vice controllore degli scribi reali» o al «controllore di tutti gli scribi di tutti gli ordini reali e dei documenti». Insomma se uno va a curiosare al convegno organizzato dall’Università Sta­tale di Milano in collaborazio­ne con la Sorbona -Egitto: am­ministrazione, economia, socie­tà cultura dai Faraoni agli Ara­bi­l’impressione è che la tecnocrazia abbia detto la sua a parti­re dall’archetipo di tutti gli Sta­ti: quello dei faraoni. Come spie­ga, a margine di un suo interven­to­proprio sui primordi dello svi­luppo amministrativi, Patrizia Piacentini, ordinario di Papiro­logia e Egittologia dell’ateneo milanese: «Non appena quello Egiziano diventa uno Stato ve­ro, troviamo una pletora di alti funzionari pagatissimi. Molti dei quali nemmeno vanno a la­vorare. Ci mandano un sostitu­to ». In un mondo dove la scrittu­ra e i numeri della primitiva fi­nanza fiscale sono preclusi ai sudditi, che non sanno leggere, il grande ufficiale trionfa incon­trastato.
E non per niente comportarsi come un faraone non è proprio considerato un sinonimo di «buon governo». E però a mette­re una parola buona sui sovrani dell’Alto e del Basso Egitto ci ha pensato uno dei guru dell’egittologia francese, Pascal Ver­nus: «Quello dei faraoni era sen­za dubbio un governo autorita­rio e teocratico. In certi casi an­che duro... La parola del farao­ne, se pronunciata e suggellata in un certo modo, era la parola degli dei, era demiurgica. Però gli egiziani avevano una sorta di diritto di petizione. E noi sap­piamoche in taluni casi i monarchi rispondevano anche quando si trattava di cose mini­me. E il prelievo fiscale per i no­str­i standard erano piuttosto ri­dotti... ». Non bastasse l’Egitto vanta anche il primo scioperodella storia: «Gli operai specia­lizzati del villaggio di Deir el-Medina (il nome antico era Pa demi­ «la cittadina» -) che lavo­ravano alle tombe della Valle dei Re smisero di lavorare per ri­tardi nei loro stipendi, per lo più versati in forma di beni di consumo... Non li passarono per le armi: li pagarono».
E a quanto pare, tecnocrati permettendo, c’era anche un certo spazio per la satira politi­ca. Racconta sempre Vernusche magari il faraone quando parlava “ex cathedra” era divi­no, ma per il resto del tempo po­teva essere un mortale capric­cioso. «Abbiamo dei papiri che raccontano la storia d’amore tra il faraone Pepi II (morto nel2184 a.C., ndr ) e il suo generalis­simo Sasenet. Fughe notturne da palazzo, corde calate dalle fi­nestre e incontri clandesti­ni... ».
Ma se il repertorio degli scan­dali è modernissimo, c’è anche un probabile sex gate legato alla morte di Ramses III, alla fine nel lunghissimo periodo gli egi­ziani sembrano essere stati per lo più abbastanza felici, carestie e guerre permettendo. E per quanto riguarda il periodo tardo dei monarchi tolemaici c’è chi ne è praticamente sicu­ro. Si tratta della professoressa Katelijn Vandorpe dell’Univer­sità di Lovanio. Ha studiato l’in­dice di felicità e di prosperità economico dell’Egitto sotto i Tolomei e le sette Cleopatra. Beh, non pare se la passassero male. «È difficile parametrare una società antica con una mo­derna. Ma soprattutto dal II se­co­lo avanti Cristo i monarchi el­lenistici mantennero da un latola possibilità di ricorso alla coro­na dei cittadini, dall’altro molti­plicarono le opere pubbliche, le garanzie sulla proprietà pri­vata, gli sforzi di consentire la fe­lice convivenza tra egiziani e greci e il bilinguismo».
Comunque, a un alto indice di felicità contribuivano anche le imposte: «La tassazione me­diamente si aggirava su un’im­posizione complessiva attorno al 15-18% del reddito prodotto. C’era una piccola imposta per­sonale e una tassazione che in­vece riguardava i prodotti e la ricchezza... Ovviamente in una società prevalentemente agri­cola si trattava per lo più di un prelievo sui prodotti della ter­ra. Non so qui in Italia, ma nel mio Paese, il Belgio, il prelievo fiscale è ben più alto». E in effet­ti se si trattasse di presentare un programma elettorale basato su tasse e affini, oggi una coali­zione capeggiata da Tolomeo V Epifane avrebbe discrete possi­bilità di spuntare un buon risul­tatoalle urne.