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 2013  gennaio 08 Martedì calendario

RICHARD GINORI, SI CHIUDONO TRE SECOLI DI STORIA

[Il tribunale dichiara il fallimento. Ma per il curatore l’impresa si può salvare] –
Va in frantumi l’ultima spe­ranza di salvare Richard Ginori: la storica azienda di porcella­ne è stata dichiarata fallita dal tribunale di Firenze. Una doc­cia fredda per i lavoratori - 314, tutti in cassa integrazione dal­l’agosto scorso - che avevano creduto fino all’ultimo nella possibilità di ripartire: a novem­bre infatti i liquidatori avevano accolto con favore la proposta di prendere in affitto l’azienda da parte di una cordata compo­sta dall’americana Lenox e dal­la romena Apulum, che si impegnavano ad acquistarla succes­sivamente per 13 milioni di eu­ro. Altri 23 milioni sarebbero dovuti arrivare dalla cessione dei musei della Richard Ginori allo Stato.
Un piano che i giudici di Fi­renze hanno però giudicato «dotato di intrinseca incertez­za », tanto da convincerli a nega­re il concordato preventivo, che avrebbe consentito al­l’azienda di ri­cominciare a produrre, e a dichiarare invece il falli­mento.
Immediata la protesta dei lavoratori: un centinaio han­no occupato l’area della fabbrica di Se­sto Fiorenti­no, dove si sono poi riuniti in as­semblea per fare il punto sugli ultimi sviluppi e sugli scenari dell’azienda, ora affidata al curatore fallimentare Andrea Spi­gnoli, che ha annunciato un nuovo bando di gara per trova­re un acquirente: «Un bando pubblico aperto a tutti - ha det­to- tutto poi dipenderà dalle of­fe­rte e dal loro grado di affidabi­lità. La struttura produttiva, se si poteva salvare l’altro ieri si può salvare oggi».
Ma non sarà facile: e il made in Italy rischia di dare definitiva­mente l’addio a uno dei suoi marchi più antichi. La sua sto­ria comincia infatti nel 1735, quando in Europa la fabbrica­zione­ della porcellana era anco­ra una tecnologia segreta, strap­pata­agli inventori cinesi e gelosamente custodita dal re di Sas­sonia, Augusto II. É allora che il marchese toscano Carlo Ginori costruisce nella sua tenuta di Doccia un rudimentale forno, dove sperimentare le tecniche per realizzare il prezioso materiale: ci riesce e impianta nella villa delle Corti il primo nucleo della Manifattura che porta il suo nome. Perché diventi una vera e propria industria, biso­gna arrivare al 1896 e alla fusio­ne col gruppo del milanese Au­gusto Richard: l’energia elettri­ca sta cambiando il mondo e il mercato chiede sempre più iso­latori in ceramica, servono nuo­vi forni, si ampliano gli stabili­menti.
Simbolo ante litteram del de­sign, l’azienda scavalca inden­ne le due guerre: e nell’Italia del boom,non c’è famiglia che non abbia un servizio «buono» fir­mato Richard-Ginori. Dal 1975, insieme a Pozzi, il mar­chio entra anche nell’arredo ba­gno, per poi sdoppiarsi negli an­ni Novanta, quando Pozzi-Gi­nori passa alla Sanitec Corpora­tion. Per Richard Ginori inizia invece un tourbillon di gestioni diverse, tutte di breve durata, fi­no alla quotazione in Borsa nel 2009. Poi la débâcle : debiti per oltre 40 milioni, la fabbrica di Sesto Fiorentino in liquidazio­ne volontaria, fino alla sospen­sione dell’attività. Ma una fiam­mella di speranza resta: i forni, sebbene ridotti al minimo della potenza, non sono stati ancora spenti.