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 2013  gennaio 08 Martedì calendario

MUCCHETTI, SEVERGNINI E LA FATALE ATTRAZIONE TRA GIORNALISTI E SINISTRA

[Il vicedirettore del «Corriere» è l’ultimo di una lunga serie di firme militanti nel Pd. Giallo sulle scelte dell’editorialista «all’inglese»] –
Roma L’irresistibile e magneti­ca attrazione verso il centrosini­stra, area politica giornalistica­mente corretta. Non che i gior­nalisti manchino anche nel cen­trodestra (Fiamma Nieren­stein, Paolo Guzzanti, Magdi Al­lam, Pionati, Ferrara già mini­stro e qualche altro), ma davan­ti a direttori, vicedirettori, edito­rialisti, conduttori, mezzibusti e inviati sedotti dal Pd si tratta di un fenomeno accessorio rispet­to ad un moto costante, tra l’al­tro in entrambe le direzioni (da giornali e tv al Pd e ritorno al de­sk), fatto abbastanza anomalo nel giornalismo europeo dove il politico e il reporter sono mestieri diversi e piuttosto incom­patibili ( Montanelli, nella sua vi­ta, rifiutò una mezza dozzi­na di proposte di candidata­tura, cavalie­rati, posti da senatore a vi­ta, per rimane­re «soltanto un giornali­sta » come rac­conta nel for­midabile epi­stolario appe­na pubblicato da Rizzoli). L’ultimo arri­vato, nelle li­ste Pd, sem­brava un col­paccio da cal­cio mercato, Beppe Severgnini, editorialista all’inglese del Cor­riere, indicato dai rumors dell’ Unità come probabile capolista di Bersani in Lombardia. Indiscrezione però smentita con un­derstatement britannico da Se­vergnini, su Twitter, in modali­tà autocitazione: «Candidarsi? È come se l’arbitro, di colpo, si mettesse a giocare. Non uno spettacolo entusiasmante».
La riflessione del candidato fake del Pd riguardava un candi­dato vero del Pd, sempre in arri­vo da via Solferino, Massimo Mucchetti, firma economica di peso e anche di ingombro per certe inchieste sui conti Fiat, azionista di Rcs Media Group. Una candidatura inaspettata, dopo un successo editoriale con le confessioni del banchie­re Geronzi, arrivata - si dice - per il tramite dell’amico bresciano Bazoli, presidente di Intesa San Paolo e azionista del Corriere, da sempre vicino all’Ulivo pro­diano poi Pd (suo nipote, Alfre­do, è consigliere comunale Pd a Brescia). Anche questi rumors. Quel che è assodato è il rappor­to­di amore tra la stampa e il cen­trosinistra, che trasforma gior­nalisti indipendenti in deputati e senatori. La cultura delle pen­ne di partito, libere ma candida­te, ha un padre illustre, Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica e deputato del Psi nel 1968. Anche Corrado Augias, condut­tore a RaiTre e firma di Repub­blica, ha fatto il suo passaggio parlamentare, come deputato Pds a Strasburgo dal 1994 al 1999. Anche Miriam Mafai e Sandra Bonsanti, sempre da Re­pubblica. Da lì in poi, tra Ds, Margherita e Pd, è stata una can­didatura continua, biglietto aperto di andata e ritorno. Nel Corriere non è una novità. Edito­rialista popolare è Antonio Poli­to, già direttore del Riformista e anche già senatore della Margherita poi Pd. L’inviato Carlo Vulpio si è candidato nel 2009, ma con l’Idv, prima di rompere con Di Pietro, e lo stesso Monti­ come sottolinea Mucchetti nel­la lettera a De Bortoli­ ha costru­ito parte del suo prestigio scri­vendo fondi sul Corriere. Ma l’insieme maggiore è quello giornalisti-Pd. Gad Eitan Ler­ner, colonna di La7, non è candi­dato m­a in compenso è segreta­rio del Pd di Valcerrina ( Monfer­rato), zona di dolci colline rico­perte di vigne e noccioli dove il celebre giornalista ha la villa. Sintonizzati su La7 troviamo an­che Lilli Gruber, conduttrice di Otto e mezzo, e Michele Santo­ro, col suo format inossidabile. Entrambi hanno fatto un sog­giorno di qualche anno da euro­deputati a Strasburgo, eletti da indipendenti nelle file dei Ds e del Pd, con partenza e ritorno in tv. Viale Mazzini (dove nel Cda in quota Pd c’è la giornalista Be­nedetta Tobagi) è un’inesauri­bile fucina di candidati per il Pd.
Lo sfortunato Piero Marrazzo partì dalla Rai per diventare pre­sidente della Regione Lazio, quota centrosinistra. Ora, dopo i tormenti del suo caso persona­le, è tornato al suo posto di gior­nalista del servizio pubblico. Prima di lui c’era stato il mezzo­busto del Tg1 Piero Badaloni, presidente della Regione Lazio sempre col centrosinistra. Scon­fitto da Storace, Badaloni è tor­nato in Rai, come corrisponden­te prima da Parigi, poi Bruxel­les, poi Berlino, poi Madrid, po­sti importanti. Sempre nel Pd corrente Tg1 c’è l’eurodeputa­to David Sassoli, ex vicediretto­re all’epoca Riotta (quota cen­trosinistra prodiana). Uno stori­co giornalista della Rai come Sergio Zavoli è senatore del Pd e, grazie a ciò, presidente della Commis­sione di Vigi­lanza che ap­punto vigila sull’indipendenza dai par­titi dell’infor­mazione Rai. Andrea Sarub­bi, deputato Pd, è un con­duttore Rai (A sua immagi­ne).
Le propo­ste di candi­da­tura a giornali­sti sono conti­nue, invero con poche resistenze. In Cam­pania, ovviamente per il Pd, es­sendo indisponibile Saviano verrà candidata per Bersani l’ot­tima giornalista anti-cammor­ra Rosaria Capacchione, del Mattino. E a centrodestra? I gior­nalisti che si prestano finiscono male, carriere rovinate, immagine distrutta, anzi destrutta , co­me dice Pietrangelo Buttafuo­co. Meglio fare solo i giornalisti.