Marco Franchi, il Fatto Quotidiano 8/1/2013, 8 gennaio 2013
ALITALIA DIVENTERÀ STRANIERA. MA DOPO LE ELEZIONI
[Sabato scade l’accordo tra i patrioti italiani. Air France smentisce l’acquisto ma è pronta alla fusione. L’alternativa è l’araba Etihad] –
Alitalia finirà nelle mani dei francesi di Air France che però non possono, né tantomeno vogliono, fare un regalo ai “patrioti” azionisti già pronti a battere cassa? O volerà fra le braccia degli arabi di Etihad Airways, compagnia degli Emirati, che hanno il portafoglio pieno e sono a caccia di occasioni? Di certo, sarà difficile che la proprietà della compagnia di bandiera resti italiana.
LE GRANDI MANOVRE sono già partite in vista di sabato 12 gennaio quando scadrà la clausola di lock-up che permette ai soci italiani di cedere le azioni acquistate nel 2008 dallo Stato. A dare il via alle scommesse sui possibili scenari è stato il Messaggero che domenica scorsa ha parlato di trattative avanzate con Air France-Klm, azionista di Alitalia col 25 per cento. Secondo il quotidiano romano, con uno scambio carta contro carta che valorizzerebbe l’investimento fatto dalla cordata italiana del 20%, la compagnia dovrebbe entrare a far parte di una holding insieme all’olandese Klm già controllata da Parigi. Alle nozze lavora la banca d’affari Lazard, storico consulente del gruppo transalpino che, per la verità, non ha mai abbandonato il campo avendo già disegnato nel 2008 modalità, tempi e costi dell’integrazione poi sfumata per la dura opposizione dei sindacati e le resistenze del governo Berlusconi .
Ieri i francesi hanno però smentito. “A oggi non c’è nulla, siamo nel pieno di un piano di riassetto e direi che le nostre risorse per questo tipo di operazioni sono estremamente limitate”, ha detto l’amministratore delegato di Air France, Alexandre de Juniace. Alcuni leggono le parole del manager come una strategia per forzare la mano nel braccio di ferro sul prezzo. Altri ricordano che lo scorso maggio Air France aveva dichiarato di voler aspettare come minimo il 2014 prima di esercitare i suoi diritti di opzione. Nessun commento dai vertici Alitalia che ha chiuso il terzo trimestre 2012 con un utile netto di 27 milioni da 69 milioni un anno prima e un indebitamento finanziario netto a 923 milioni, in aumento di 61 milioni rispetto al 30 giugno.
ECCO PERCHÉ gli azionisti italiani (i principali sono Intesa SanPaolo, i Benetton con Atlantia e la Immsi del patron di Piaggio nonché presidente della Cai, Roberto Colaninno, ma della cordata fanno parte anche i Riva, Equinox e Fonsai) restano decisi a uscire per non rimetterci altri quattrini. A costo di cercare anche altri interlocutori, come Etihad che ha già rafforzato la collaborazione sulla rotta Roma-Abu Dhabi aumentando la frequenza dei voli dal primo dicembre. E che, non avendo problemi di liquidità, potrebbe essere disposta a ricapitalizzare Alitalia per conquistare più peso in Europa attraverso l’hub di Fiumicino.
E poi c’è l’Opa della politica. Il prossimo consiglio d’amministrazione di Cai è previsto per fine febbraio, con all’ordine del giorno l’approvazione dei conti 2012. A ridosso, dunque delle elezioni, proprio come cinque anni fa. E ieri la politica è tornata a parlare. Con lo stesso copione: Berlusconi ha ribadito di essere contrario alla cessione ai francesi perché questo sfavorirebbe il turismo in Italia a favore dei cugini. Nichi Vendola, leader del Sel e alleato del Pd, ammonisce sui rischi di veder massimizzare i profitti dei privati e le perdite pubbliche. "Parliamone a fondo quando avremo tutti gli elementi", ha invece cinguettato su Twitter Corrado Passera, ministro per lo Sviluppo economico del governo uscente, che nel 2008 in qualità di banchiere di Intesa pilotò la costituzione di Cai.
Questa volta chi farà la parte della banca di sistema? Ci sono ancora, in mezzo alla crisi, nuovi capitani coraggiosi pronti a svenarsi (all’epoca i ”patrioti” sborsarono poco più di 1 miliardo) per salvare l’italianità della compagnia di bandiera che in quattro anni ha bruciato 753 milioni?
LA CRISI ECONOMICA ha colpito duro, anche Air France che peraltro dovrebbe aumentare la sua quota nelle perdite italiane senza veder salire i guadagni ottenuti facendo transitare i passeggeri intercontinentali da e per l’Italia attraverso i suoi hub di Parigi e Amsterdam, già ora al massimo possibile. Fra promesse spose senza dote e aspiranti fidanzate da mille e una notte, c’è chi torna a ipotizzare un intervento della Cassa e Depositi e Prestiti, ovvero un salvataggio con i soldi dei risparmiatori postali, ovvero dei contribuenti. In fondo sono patrioti anche loro.