VARI 9/1/2013, 9 gennaio 2013
MARIA ANTONIETTA CALABRO’
(Corriere della Sera) «Toss up». Per il Senato e quindi per il futuro governo, la partita è aperta, è come quando si lancia in aria una monetina, «toss up», appunto. Le due coalizioni (centrosinistra e centrodestra) sono distanti circa un dieci per cento, con in testa il centrosinistra, ma.... Ma per effetto del diverso premio attribuito dal Porcellum (su base nazionale alla Camera e su base regionale a Palazzo Madama), la maggioranza della coalizione guidata da Pier Luigi Bersani è netta a Montecitorio, mentre al Senato sarà l’esito di alcune Regioni-chiave a sancire se il centrosinistra potrà «fare da solo» o se Monti e la sua «Scelta civica» potranno essere l’ago della bilancia. Il premier, infatti, non ha alcuna possibilità di vincere alla Camera né in alcuna regione al Senato. In queste condizioni, per poter pesare nella formazione del prossimo governo, Monti deve sperare che Berlusconi vinca in alcune delle Regioni in bilico. Se questo accadesse i seggi del «partito di Monti» diventerebbero decisivi al Senato per fare il governo sulla base di una alleanza con la coalizione di centrosinistra. Paradossalmente, insomma, Monti deve «tifare» Berlusconi.
Scenari ipotizzati dal politologo Roberto D’Alimonte che sul Sole24ore ha analizzato le rilevazioni condotte da Ipsos (l’Istituto di Nando Pagnoncelli) in tre Regioni considerate decisive. Innanzitutto la Lombardia, il cosiddetto «Ohio» italiano, uno swing state che però assegna ben 49 seggi a Palazzo Madama (cioè un sesto di tutti i senatori), e quindi «pesa» come la California nelle elezioni presidenziali americane. Poi la Sicilia e terza, è questa la vera sorpresa, la Campania. Dove la lista capitanata dall’ex aggiunto della Procura di Palermo, Antonio Ingroia, «Rivoluzione civile», sostenuta dal sindaco di Napoli, De Magistris, sta «cannibalizzando» il Pd.
Per D’Alimonte in queste tre Regioni l’esito del voto è oggi assolutamente imprevedibile con una sostanziale parità tra centrodestra e centrosinistra al 32,5%. La supremazia di una coalizione sull’altra, anche di un voto soltanto, per effetto del premio di maggioranza regionale significherebbe in Lombardia 27 seggi al primo classificato e solo 12 al secondo: uno scarto notevole.
Anche in base alle analisi di Fabio Fois, European Economist presso Barclays Capital, la divisione di investment banking della Barclays Bank, basterà al Pd-Sel perdere la Lombardia e anche una qualsiasi altra Regione, per stare «sotto» — con 157 seggi — la maggioranza assoluta al Senato che è costituita da 158 senatori eletti, esclusi i senatori a vita. Se la coalizione di Bersani invece dovesse perdere Lombardia, Sicilia e Veneto avrebbe solo 149 senatori (9 in meno della maggioranza assoluta).
«Certamente, stando ai nostri calcoli, qualora la coalizione Pd-Sel non riuscisse a vincere in Lombardia e in una delle altre Battleground-regions, l’eventuale supporto delle forze centriste al Senato diventerebbe cruciale per la governabilità», dice Fois.
Per Andrea Lenci, di Scenaripolitici.com, Monti ha molte chance. Parte da una premessa generale, Lenci. «L’elettorato in questa fase è molto mobile, tipico dell’inizio delle campagne elettorali. Stiamo vedendo qualcosa di già sperimentato nel 2006 dove l’elettorato "moderato", dopo essersi rifugiato nell’astensione o nella protesta (M5s) torna ad esprimersi». Ricorda che «nel 2006 ci fu una buona rimonta di Berlusconi che convinse buona parte dei suoi ex elettori a rivotarlo». Ma subito Lenci aggiunge: «Ora gli stessi elettori stanno tornando, ma stanno andando verso Monti per la gran parte». Monti leader dei moderati? «In effetti tutto questo ha una logica, l’elettore stanco del centrodestra che non è convinto dal centrosinistra e nemmeno da Fini e Casini, trova un nuovo movimento "moderato" al centro della scena. Un’alternativa importante e che pesca anche nel Pd. Per le prossime settimane i trend potrebbero continuare, se Monti dovesse crescere ulteriormente, e noi lo diamo in forte crescita, non escludo terremoti».
Resta un fatto. Se Pd-Sel dovessero davvero perdere anche la Campania (oltre a Lombardia, Veneto e Sicilia) la loro quota di senatori scenderebbe di almeno altri dieci seggi e allora forse potrebbe non bastare neppure il «fattore Monti» per dare al Paese un governo. Potrebbe delinearsi uno scenario, evocato da Berlusconi nei giorni scorsi, da «grande coalizione».
M. Antonietta Calabrò
GOFFREDO DE MARCHIS (LA REPUBBLICA)