Alberto Fiorillo, il Venerdì 4/1/2013, 4 gennaio 2013
COSI’ LA E-SIGARETTA MANDA IN FUMO IL TABACCO
[Cresce, anche in Italia, la vendita delle bionde hi-tech. non è però ancora chiaro se siano davvero innocue. e l’OMS avverte: non aiutano a perdere il vizio. Anzi] –
A quanto pare il prodotto tira. La sigaretta elettronica, snobbata nel nostro Paese fino a un paio d’anni fa, è diventata oggi un buon affare per chi la commercializza: i consumatori sono infatti ormai 400 mila, divisi tra habitué, che si cimentano nella sfida di ridurre il fumo o di smettere completamente, e occasionali, che si servono delle e-cigs solo come succedaneo quando sono al ristorante, in ufficio o in altri posti rigorosamente no smoking.
Una piccola avanguardia di «tabaccai hi-tech» è spuntata in Italia nel 2009 e da allora i negozi specializzati hanno rapidamente superato quota 600. Ogni settimana ne vengono inaugurati una ventina di nuovi e in molte città c’è già una vera rete di punti vendita, come a Torino e dintorni, la provincia dov’è nata una delle prime aziende produttrici nazionali, la Smooke. Si tratta di un business che (nonostante i sequestri dei giorni scorsi a Genova da parte dei Nas), alimenta tanto fumo e tanto arrosto: le 200 piccole e medie imprese del comparto hanno chiuso il 2012 con un fatturato di 100 milioni di euro. Tutto grazie a un apparecchietto a batterie simile nella forma a una sigaretta vera e in grado di generare, per mezzo di una resistenza riscaldata elettricamente, microscopiche particelle di aerosol che danno l’illusione di aspirare una bionda tradizionale. Il kit di base ha un costo che oscilla tra i 30 e i 100 euro. E le e-sigarette si possono svapare (è questo il verbo pseudogiovanilista coniato dal marketing del settore) consumando uno dei liquidi aromatizzati disponibili sul mercato oppure aggiungendo nel caricatore la dose di nicotina quotidiana preferita. In tutti e due i casi, nella versione liscia o in quella addizionata con l’alcaloide del tabacco, dalla bocca fuoriescono nuvolette di vapore acqueo.
L’assenza di odori molesti sembra così a molti un’autorizzazione ad accendere le sigaretta elettronica ovunque. Per esempio, il mese scorso, il parlamentare finiano Mario Baldassarri ne stava assaporando una durante una seduta a Palazzo Madama. E la presidenza del Senato ha subito precisato che il divieto in aula vale per tutte le sigarette, incluse quelle elettroniche. Non è però sempre così: mentre British Airways per dire, le ha bandite dai propri voli, Ryanair non solo le consente, ma le vende anche a bordo.
Tornando con i piedi sul territorio nazionale, va detto che le norme che disciplinano la materia non fissano filtri particolari. Al momento ci sono soltanto due certezze: le e-cigs contenenti nicotina non possono essere vendute agli under 16 e l’articolo non è considerato un presidio medico per ridurre la dipendenza dal tabagismo. Dal punto di vista commerciale è assimilato invece a un profumo, particolare che da alle imprese diversi vantaggi: possono fare pubblicità, non pagano le accise che gravano sui tabacchi, non hanno l’obbligo di stampare sulle confezioni quelle scritte minacciose che segnalano i rischi delle classiche sigarette.
I produttori garantiscono, guarda caso, che non c’è nessun pericolo per la salute e, per dimostrarlo, sono pronti a elencare una serie di studi. «Siamo perfettamente consapevoli che bisogna valutare eventuali conseguenze nel medio e lungo termine» dice Massimiliano Mancini, presidente dell’Anafe, l’Associazione nazionale fumo elettronico. «Tuttavia l’evidenza scientifica nascente sta rivelando le notevoli potenzialità di questa i tecnologia ai fini della riduzione del rischio, in quanto l’assenza di combustione e la conosciuta composizione dei liquidi prodotti in Italia configurano la sigaretta elettronica come una valida alternativa al tabacco», sulla cui tossicità non esistono dubbi, visto che fa una vittima ogni sei secondi.
Peccato, però, che altri ricercatori sostengano che la cicca ricaricabile non sia proprio innocua. L’ultimo dossier medico è stato redatto dall’Università di Atene, che ha valutato gli effetti di dieci minuti di elettrofumo su diversi pazienti. Conclusione? Può danneggiare ugualmente bronchi e polmoni, alterandone l’elasticità e la capacità.
Ancora più severa l’Organizzazione mondiale della sanità, che accusa le svapore hi-tech di ostacolare la lotta al tabagismo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il fatto che possano essere utilizzate dappertutto rappresenta infatti uno stimolo al fumo, non c’è alcuna prova che aiutino a smettere e in vari casi, per veicolare la nicotina, vengono utilizzate sostanze potenzialmente nocive. Inoltre gli esperti sostengono che molti adolescenti, attratti dalla moda dalla bionda a batterie, potrebbero più facilmente cadere nel vizio del tabacco.
Per cercare di capire se fa male oppure no, il ministero della Salute ha incaricato a settembre scorso l’Istituto superiore di sanità di realizzare sul tema un’indagine approfondita, ma i risultati arriveranno solo tra qualche mese. Nell’attesa, anche se sarà banale dirlo tra una sigaretta tradizionale e una elettronica, forse sarebbe meglio smetterò di fumare, punto e basta.