Thomas Mackinson, il Fatto Quotidiano 7/1/2013, 7 gennaio 2013
LA REGINA DELL’INGANNO FA DI NOME “TELEFONIA”
Quell’orso ormai lo conosciamo tutti. Si chiama Bruno ed è il protagonista della campagna abbonamenti Vodafone. Danza sul ghiaccio mentre la voce di Diego Abatantuono racconta di un’offerta imperdibile ma incappata, insieme a un recente spot di Eni, nella denuncia dei consumatori all’Antistrust. “Non dice che vale solo per chi arriva da un altro operatore – spiega il segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori, Massimiliano Dona – che l’offerta vale solo due anni e dopo pagheremo 14 euro al mese e soprattutto c’è la vecchia storia dei minuti veri, scatti anticipati di 30 secondi, significa che se parlo per 31 secondi ho consumato ben 2 minuti”. Vodafone, prima ancora di un’eventuale pronuncia dell’authority, al termine della campagna ha deciso di modificarla tenendo conto di quella segnalazione. Ma è uno dei rari esempi di dialogo tra consumatori e grandi aziende sul tema scivoloso della pubblicità ingannevole. Una guerra che da tempo si consuma sul terreno delle telecomunicazioni liberalizzate . Tra piani tariffari che cambiano di continuo, offerte-trappola da cui è impossibile recedere, spot martellanti con promozioni a dir poco criptiche. L’inganno corre sul filo.
BASTA SCORRERE l’elenco delle società sanzionate dall’Agcm per constatare che la telefonia è la regina della pubblicità ingannevole e delle pratiche commerciali scorrette. Lì si trovano praticamente tutti i big del comparto. Dei 9 milioni di euro di multe comminati nel 2012 dall’Autorità Garante della concorrenza 2,2 sono piovuti sui gestori di telecomunicazioni, internet e mobile. Punture di spillo per dei colossi, almeno fino all’agosto scorso, quando il governo ha aumentato i massimi edittali delle sanzioni da 500mila euro e 5 milioni. Ma i gestori non sono rimasti in disparte: hanno impugnato le pronunce dell’authority ottenendo a maggio una sentenza del Consiglio di Stato che ha spogliato l’Agcm dei poteri di offensiva: la competenza originaria sulle telecomunicazioni è stata trasferita all’Agcom. Così decadono le sanzioni e il giudizio su eventuali pratiche scorrette è rimesso a un’autorità regolatoria in cui i big telefonici sono di casa. Sembra un cavillo ma questo passaggio può avere implicazioni enormi per la vita del consumatore: con una class action uccisa in culla l’Agcm è stata – con tutte le difficoltà d’intervento su un settore lobbizzato – l’ultimo baluardo al dilagare delle pratiche scorrette. Ad aggravare il quadro contribuisce il nuovo carico di competenze che l’authority ha ricevuto su clausole vessatorie e nuove norme sulla trasparenza della filiera agro-alimentare a fronte di riduzioni di organico. L’effetto pratico è un collo di bottiglia nell’attività sanzionatoria: le 156 multe del 2011 si sono ridotte a 94 nel 2012. Le associazioni consumeristiche hanno così deciso di rivolgersi alla Commissione Europea per ridare la piena competenza all’Antitrust. Ma se la battaglia si sposta a Bruxelles in patria continua la pratica delle offerte-trappola nelle quali è facile cadere e difficilissimo uscire. Per accendere un contratto basta una firma, per chiuderlo tocca perdere un sacco di tempo e a volte soldi (sotto forma di penali), scandagliare le carte destreggiandosi tra gli asterischi di clausole tanto piccole per carattere e quanto vincolanti per contenuto. La portabilità del numero, strappata a forza contro la volontà dei gestori, non ha risolto il problema. Anzi ha innescato metodi di teleselling sempre più aggressivi per il procacciamento di clienti affidati ai famigerati call-center.
IL “PUBBLICO registro delle opposizioni”, avviato a febbraio 2011 presso il Mise, non ha frenato lo stalking commerciale. Conta 1.1 milioni di numerazioni intestate a cittadini le cui utenze sarebbero off-limits per gli operatori. Ma solo in teoria perché le aziende riescono ad aggirare il divieto . Lo sa bene un fisioterapista romano, Massimo Morezzi, vittima di telemarketing-selvaggio che per esasperazione s’è rivolto ai legali dei consumatori: “Il telefono in studio squilla più al giorno, mi chiedono se voglio abbonarmi a prodotti e servizi. Cinque mesi fa sono andato a registrare l’utenza sul sito delle opposizioni. Prima di chiamare un numero per legge gli operatori devono verificare se è inserito nell’elenco e in questo caso fermarsi. Ma ricevo continue richieste”.