Alfredo Roma, la Repubblica 8/1/2013, 8 gennaio 2013
ALFREDO ROMA*
ERA già successo dieci anni fa quando l’Airone di Toto, dopo aver vinto la gara per operare le rotte con la Sardegna, compensate con “oneri di servizio pubblico”, aveva impiegato su tali rotte alcuni aerei ed equipaggi turchi in base ad accordi di wet-lease.
Si ripete oggi con Alitalia Cai che, dopo l’accordo del 2011, aumenta l’impiego di aerei della compagnia rumena Carpatair con equipaggi rumeni sulle rotte per Pisa e Ancona. Lo denunciano Anpav e Avia, le associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul territorio nazionale, stigmatizzando il comportamento di Alitalia Cai. Con Carpatair Colaninno aveva già siglato il 19 settembre 2011 un accordo commerciale di code sharing. Secondo l’annuncio dato all’epoca, con tale accordo Alitalia «amplia in modo significativo la propria offerta sull’Europa dell’Est a partire
dalla stagione invernale 2011 applicando il codice di volo Az sui collegamenti operati da Carpatair da e per l’Italia, e sui voli da Timisoara verso le altre destinazioni della Romania, dell’Ucraina e della Moldavia, raggiunte da Carpatair». In questi casi il passeggero si trova quindi ad acquistare un biglietto Alitalia e a volare su aerei apparentemente Alitalia, ma operati dalla compagnia rumena con proprio personale addestrato in Romania e che indossa la divisa Alitalia. Ovviamente la strategia di Alitalia in questo difficile momento è solo quella di ridurre i costi operativi e di struttura, ignorando ancora una volta l’importanza della qualità del servizio. Il moderno trasporto aereo ci ha abituato al code-sharing, cioè al fatto che, grazie agli accordi tra compagnie, si acquista il biglietto di una compagnia mentre il volo è
operato da un’altra; ma la comune psicologia del passeggero accetta che un volo Alitalia sia operato da Air France che appartiene a un paese aeronauticamente molto avanzato e che offre standard di servizio elevato, mentre accetta meno volentieri che il volo sia operato da compagnie pressoché
sconosciute. Questa strategia di Alitalia segue la riduzione immediata dei costi, ma rischia di procurare il danno più grave di perdita della clientela.
Tuttavia, il vero scandalo di questa scelta, secondo i sindacati, sta nel fatto che ancora centinaia di piloti e assistenti
di volo della vecchia Alitalia sono in cassa integrazione o in mobilità per la supposta mancanza di posti di lavoro “strutturali” disponibili nella nuova compagnia. Si preferisce, per un puro calcolo di costi, personale di cui non si conosce il livello di addestramento.
Per il progetto Fenice i contribuenti
italiani hanno pagato più di tre miliardi di euro per chiudere la vecchia Alitalia, dal 2008 stanno pagando la cassa integrazione e la mobilità di parte del personale Alitalia e continueranno a pagarle mentre le risorse di Alitalia Cai vanno a finanziare le attività di una compagnia rumena.
A questo vanno aggiunte le perdite che i “patrioti” intervenuti nel 2008 stanno subendo sul capitale investito. Nel 2008 Air France avrebbe comprato Alitalia per tre miliardi e si sarebbe anche accollata i debiti.
*Membro dell’adivsory council-European Space Policy Institute
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FOTO: CARINO