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 2013  gennaio 08 Martedì calendario

ROMA — È stata la procura di Roma a disporre l’ispezione di Bankitalia che ha portato allo stop ai pagamenti Pos in Vaticano

ROMA — È stata la procura di Roma a disporre l’ispezione di Bankitalia che ha portato allo stop ai pagamenti Pos in Vaticano. Per palazzo Koch, Deutsche Bank Italia non può fornire quelle macchinette perché la Santa Sede non è in regola con la normativa anti-riciclaggio. Il no di via Nazionale è arrivato il 6 dicembre e la banca ha disposto il ritiro di tutti gli strumenti per i pagamenti elettronici. Per Bankitalia, che ha fatto gli accertamenti su mandato del procuratore aggiunto Nello Rossi e del pubblico ministero Stefano Rocco Fava, i pos non possono essere autorizzati. Per un motivo semplice: il Vaticano non è in regola con la legge italiana. Una storia che inizia nel 2010: fu allora che, per la prima volta, l’Unità di Informazione Finanziaria di via Nazionale disse che, per poter utilizzare i pagamenti elettronici, la Santa Sede, stato extracomunitario, doveva rispettare la normativa locale contro il money laundering. Una bocciatura che, per due anni, è stata blanda e che è sfociata, poi, nel perentorio no degli ultimi giorni. A seguito del quale Deutsche Bank Italia, che è soggetto alla normativa italiana, ha disposto un piano di ritiro dei pos che va avanti da un mese e terminerà il 15 febbraio con il blocco anche dei pagamenti online. È l’ennesimo capitolo di una guerra che vede la Procura e Bankitalia da un lato e lo Ior dal-l’altra, cominciata, anche quella nel 2010, a settembre, con il sequestro di 23 milioni di euro (poi dissequestrati), ritenuti oggetto di una movimentazione sospetta. Per quel filone furono iscritti nel registro degli indagati i vertici dello Ior, l’allora presidente, Ettore Gotti Tedeschi, e il direttore generale, Paolo Cipriani. Gli inquirenti, che sono ancora al lavoro su quell’inchiesta, sono convinti che ci siano alcune attività poco chiare riconducibili all’Istituto per le Opere di Religione. Un fascicolo che, nei mesi, si è arricchito di nuovi episodi in cui, secondo le accuse, la banca Vaticana avrebbe avuto il compito di “ripulire” denaro. Ed è in questo contesto che i magistrati hanno disposto l’ispezione di settembre che ha portato, poi, al ritiro delle macchinette per i pagamenti elettronici. Una storia banale che nasconde problemi ben più importanti che riguardano la volontà della banca Vaticana di adeguarsi alla normativa italiana contro il riciclaggio. Lo stesso pontefice, dopo il sequestro, aveva auspicato l’adeguamento alla legge italiana, ma i vertici dello Ior sembrano tergiversare. Eppure il “caos pagamento elettronico” ha fatto il giro del mondo: sono tanti i turisti che si sono lamentati di non poter pagare con la carte di credito per entrare ai Musei Vaticani. E tanti i giornali stranieri che hanno riportato la notizia. Le macchinette ritirate dalla Deutsche Bank sono una cinquantina. Musei e monumenti, ma anche molti esercizi commerciali come tabaccherie, benzinai e farmacie. Diversamente da come avviene in Italia, infatti, dove è il singolo esercente a dover richiedere il pos, il Vaticano stipula un solo contratto collettivo per rifornire tutti gli esercizi. Ecco perché il disagio sta mettendo in difficoltà la Santa Sede: i tempi per firmare un nuovo contratto, magari con un altro provider, potrebbero non essere brevi. Oltretevere, infatti, si stanno valutando le soluzioni e, per farlo, non è escluso che si vada direttamente all’origine del problema per capire quali siano le cause. Proprio per questo non è escluso che ci si muova per avere un incontro con Bankitalia.