Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 07 Lunedì calendario

LE DURISSIME FATICHE DEI TANTI PEONES PER UN POSTO AL SOLE


In un normale e normalmente nevrotico week end di campagna elettorale c’è spazio anche per Granata. Che non è Fabio, dei futuristi finiani, ma Maximiliano (con la “x”), coordinatore calabrese di Alleanza di centro, che poi sarebbe il partito di Francesco “Pastone” Pionati. Maximiliano Granata aveva importanti comunicazioni per il paese: «Raccolte seicento firme per la presentazione della lista di Adc. Al gruppo di Rende, capeggiato dal consigliere comunale Angelo Volpentesta, è stato affidato il compito di coordinare la selezione dei candidati...». La notizia, rilanciata dalle agenzie, dimostra soprattutto che sono tempi da sudar camice per tutti, non soltanto per premier, ex premier e aspiranti. Dietro a Silvio Berlusconi, Mario Monti e Pierluigi Bersani - e sotto e di fianco e attorno - si affannano decine di parlamentari, gli ignoti portatori d’acqua che da mattina a sera compulsano agenzie e studiano al ralenti le trasmissioni televisive alla ricerca dell’arguzia giusta. Niente si butta, di questo succulento e grandissimo maiale che è la competizione. Meriterebbero gli spazi più ampi, vien da dire, le erudite stoccate di un Raffaele Lauro, senatore del Pdl, contro Franco Frattini: «E’ come il principe di Talleyrand, campione del camaleontismo politico. Talleyrand servì Luigi XVI, la Rivoluzione francese, Napoleone Bonaparte e Luigi XVIII. Frattini sta soltanto al secondo passaggio: da Berlusconi a Monti. Ma è ancora tanto giovane».

E invece no. Il contributo quotidiano (ed eroico, se non altro per costanza) delle truppe non si trova nemmeno all’ultima riga degli articoli, o sui titoli di coda del tg. C’è per esempio Daniela Santanché, che non è tanto outisder, ma negli ultimi tempi pare ricoprirne il ruolo, che produce spiritosaggini spesso oscurate come questa: «Dal fisco bollente all’Iva congelata, Monti si candida, sì, ma a piccolo chimico». È che i voti si conquistano uno dopo l’altro, con fatica e sprezzo del pericolo, senza farla tanto lunga con questioni di etichetta. Sapendo che uno “wow” o una faccina su Twitter di Monti avranno spazi e rilanci da sognarseli, ma che ogni sassolino portato alla diga è benedetto. Sennò quale spirito animerebbe il senatore Antonio Gentile (Pdl) quando si chiede se sia «questo lo stile anglosassone di cui Monti si vanta»? È costretto a far notare al bocconiano che mettere il nome sul simbolo, e al primo colpo, costituisce un gravo passo verso la «personalizzazione della politica», mentre un ben più schivo Berlusconi «ha fondato Forza Italia, la Cdl, il Pdl». Berlusconi «è un uomo del dialogo», piace ricordare al cofondatore del Pdl, Gianfranco Rotondi, uomo spiritoso, probabilmente anche autoironico, fermamente persuaso che il match sia ristretto al suo partito e al Pd, e per fortuna che il suo partito ha in Berlusconi «un asso vincente».

Alla lunga si finisce con l’assumere i toni e persino il gergo del capo. È un’instancabile e laboriosa opera da replicanti. Si valuti il parlamentare pidiellino Enrico Costa, per il quale Monti «è in malafede». Invece per il parlamentare piemontese del Pd, Giacomo Portas, il premier «è davvero ingeneroso». Non importa sapere perché Monti è in malafede a destra e ingeneroso a sinistra, è più importante valutare lo sforzo lessicale. Giorgio Merlo (Pd) vuole essere duro ma trattenuto: «E’ curioso che il presidente Monti continui a non rilevare differenze politiche sostanziali tra il progetto riformista del Pd e quello populista di Berlusconi». Daniele Capezzone alla sfrontatezza pidiellina aggiunge il sarcasmo radicale: «Par di capire che, per le cose importanti, il senatore Monti si affidi a sua moglie o alla signora Merkel. È preferibile il primo caso». Uno come Carmelo Briguglio, finiano, esattamente come il suo capo la mette giù piuttosto dura: «Siamo piccoli e poveri ma cresceremo, Fli difende la dignità della politica e della nazione: con Fini la teniamo alta, Berlusconi l’ha perduta» (si provi a leggere la frase come uno speaker dell’Istituto Luce negli anni Trenta). Dite poi se la prossima non è proprio da leghista, anche nella costruzione logica: «Mario Monti ha già ampiamente dimostrato quanto può fare alla lotta agli sprechi: nulla»; l’ha detta Massimo Garavaglia, responsabile economico della Lega, ma l’ha detta prima che circolassero dettagli sulle spese del suo gruppo al Senato. Impeccabile per Fratelli d’Italia (però di tendenza Ignazio La Russa, non Guido Crosetto) è il sarcasmo della senatrice Alessandra Gallone: «Divertente vedere nonno Monti definirsi pioniere di Twitter». E veramente straordinaria è la cattedratica e marmorea comunicazione di Giampiero D’Alia, senatore e potente siciliano dell’Udc: «Stiamo costruendo attorno al senatore Monti un progetto politico per la Sicilia e per il Paese (...) L’agenda Monti prevede un piano infrastrutturale per il Mezzogiorno, partendo dall’impiego dei fondi dell’Unione Europea che non sono stati utilizzati».

In un normale e normalmente nevrotico week end di campagna elettorale niente è impossibile. Nemmeno che parli Gabriella Giammanco, la più caruccia del Parlamento, cinque anni su e giù per le scale dell’emiciclo, perché lei il berlusconismo non lo professava, lo ancheggiava. Ma ora ha da dire: «La coalizione del Popolo della Libertà con Grande Sud...» eccetera eccetera. E non è impossibile neppure che i giovani di Futuro e libertà scrivano a Gianfranco Fini, e propalino il messaggio: «Saranno importanti i criteri di selezione e le scelte di composizione delle liste elettorali (...) Non chiediamo posti utili, ma seri, per poterci schierare in prima linea». In un week end così sarebbe brutto rispondergli con la domanda più scontata: quale prima linea?