Francesco Merlo, la Repubblica 7/1/2013, 7 gennaio 2013
SE IL PROF E BERLUSCONI GIOCANO A TOM E JERRY
I VIZI di Silvio Berlusconi stanno diventando i piaceri di Mario Monti. I due si inseguono come Tom e Jerry e nessuno più capisce chi è Berlusconi e chi Monti, chi il gatto Tom e chi il topo Jerry. E Monti ruba la battuta a Berlusconi.
IERI a Sky, quando prometteva di abbassare le tasse, Monti era un Tom che inseguiva il suo Jerry sin nella tana della demagogia. Dunque Monti ieri, nell’ennesima tele intervista, faceva “la mossa”, non da sciantosa ma da Berlusconi: «L’Imu va modificata e assegnata ai comuni, l’Iva va congelata, l’Irpef va abbassata di un punto». Berlusconi, inarrivabile, replicava con naturalezza gaglioffa che «l’Imu va abolita» e dalla sua millesima vetrina televisiva elettorale sosteneva che in Italia «c’è il terrorismo fiscale» con un’uscita perfettamente calata nel ruolo del filibustiere.
Ovviamente Monti, che non è un magliaro come l’altro, risulta sempre più impacciato e goffo in questo strano gioco di scambio e di travestimento. Berlusconi gli ha trasmesso la demagogia elettorale insieme all’ossessione catodica, al narcisismo, alla brama di possesso del salotto televisivo e, in un due settimane, in Italia i malati di tv sono diventati due. Ma per Berlusconi
dire che capisce «chi evade le tasse» è una sparata naturale, congeniale con il suo mondo sgargiante di ceffi alla Briatore, di tacchi a spillo e di mascara. Al contrario, quando Monti spiega che «bisogna calare le tasse», sia pure aggiungendo «con cautela», smotta, si esibisce in un cedimento di identità, scimmiotta l’uomo-disastro da cui aveva liberato il paese, imita l’untore che aveva appestato l’Italia. Non dico che sia come se si tingesse anche lui i capelli o calzasse il sovrattacco o indossasse la bandana. Ma il populismo sulle tasse non è solo un peccato di vanità. È un tradimento di Monti verso Monti.
Ed è vero che l’uso del Twitter non è in sé berlusconiano e anzi è post berlusconiano. Come infatti disse Sgarbi: «Berlusconi è analogico e non digitale». E voleva dire che è fermo alla tv e non capisce né la tecnologia della comunicazione “fai — da — te” (i video di Grillo) né appunto quella della connessione perenne (il twitter). E però Monti per commentare, nientemeno, la riforma elettorale, è ricorso al dettaglio delle faccine, agli emoticon, che non è l’alfabeto dei nativi digitali ma la smorfia usata da Flavia Vento. Di nuovo Monti attenta alla propria identità, che è molto definita e molto blasonata: la sobrietà può esser spiritosa ma non vezzosa e neppure pittoresca.
E si capisce che si è messo nelle mani dei creativi: «Non sapevo — ha detto — che fossero gli stessi che curano la campagna di Nichi Vendola». Il frizzante, emozionale e narrativo Nichi significa movimentismo, tendenza, voga. Deve essere anche per questo che i sondaggi, che pure premiano di qualche punto il doping televisivo di Berlusconi, il solito abuso che il Cavaliere fa delle tv che possiede e della Rai che ancora controlla, non premiano invece il Monti degradato a Tom che insegue Jerry. Monti può forse conquistare il moderato italiano, ma non certo stordendolo alla Berlusconi. Semmai rassicurandolo alla Monti. E invece, come dicevamo, Monti tradisce Monti e dunque Tom insegue Jerry a Unomattina, nell’Arena, dall’Annunziata, nelle interviste a raffica dei tg e nei faccia a faccia di Sky. Sono “drogati” dall’audience e ne vogliono sempre di
più, al punto che siamo rimasti tutti allibiti quando il saggio Sergio Zavoli, presidente della Vigilanza Rai, qualche giorno fa è sbottato: «Basta, é uno sgarro inaccettabile alla par condicio». E non stava parlando di Tom-Silvio ma appunto di Jerry-Monti che, già in overdose, è stato ieri tenuto lontano dagli studi di Massimo Giletti con un’ordinanza aziendale, di cui lo stesso Monti ha lodato l’indipendenza da… Monti, un po’ come faceva Berlusconi quando additava ad esempio l’autonomia del suo fido Masi: «Non riesco a vedere in che modo il presidente Tarantola e il direttore generale Gubitosi siano uomini miei: hanno mostrato anche in questo caso indipendenza» E Silvio ringhia: «Non è nemmeno il mio rivale, ma solo la ruota di scorta del Pd». E ieri lo ha degradato da «leaderino» a «semplice comparsa ». Monti adotta invece la cortesia dorotea, annunzia che dopo le elezioni dialogherà «anche con Berlusconi» e intanto distilla veleni strumentalmente equidistanti: «Pdl e Pd mi hanno sostenuto a fasi alterne» ha detto ieri in un esercizio di bugia elettorale. E l’altro giorno con in testa i cuffioni di “Radio anch’io” ha proposto addirittura di «silenziare Fassina e la Cgil». Sono infatti «la parte più conservatrice della sinistra che si oppone al cambiamento» ripete Monti che ha sostituito lo spettro del comunismo con quello del sindacalismo ma agita l’identico ossessivo spauracchio rosso di quel Berlusconi che infatti si arrabbia e lo attacca a Radio Radio: «Lui fa in tv esattamente le cose che faccio io, ma se le fa lui, va bene».
La televisione è un’ossessione italiana che contagia tutti e però Monti ci ha davvero stupito perché sembrava estraneo, immune a qualsiasi imbonimento e lontano da ogni tentazione populista. Anzi, era stato chiamato proprio perché era il contrario di questo modello: l’antidoto, il contravveleno. Sta invece diventando una specie di portatore sano del berlusconismo? «Nel Pd — ha detto — c’è Ichino che ha lasciato il partito per venire sulle mie posizioni e non è il solo, perché ci sono anche Morando, Tonini e Vassallo». E fa quasi tenerezza vedere che dopo il Te Deum con la Merkel e Hollande i suoi nuovi compagni di processione sono Morando, Tonini e Vassallo. Anche Berlusconi del resto passò dal ranch di Bush al resort di Briatore.
E dire che all’inizio Monti andava solo da Lilli Gruber, che è il massimo dello chic e della sobrietà, soprattutto in collegamento da qualche posto misterioso ma autorevole. Ora invece, dopo appena un anno, proprio come Berlusconi promette di abbassare le tasse. E se è salito in politica è però sceso in tv dove sottrae l’acqua a Berlusconi, ruba nella casa del ladro.
Certo all’ossessione delle fidanzate e della «patonza che deve girare » Monti risponde con l’abuso elettorale del più pudico spread. Ma il rischio è l’ossimoro del pop sobrio, del doping tranquillo, dell’anfetamina moscia soprattutto se è vero che vuole candidare Gregorio De Falco, che fu l’alter ego di Schettino, il suo doppio, il suo degno compare nella notte della tragedia della Costa, quello che gridando «torni a bordo cazzo» portò il dettaglio della farsa in una tragedia vera. Perché Tom raggiunga Jerry manca solo che Berlusconi candidi Schettino.