Duilio Lui, ItaliaOggi 7/1/2013, 7 gennaio 2013
NEL 2013 FOCUS SULLA CRESCITA
[Politiche globali orientate verso piani di sviluppo] –
Se il 2012 è stato l’anno dei risanamenti di bilancio, con i mercati particolarmente attenti nel valutare i piani di rientro dei debiti sovrani, per l’anno appena cominciato la prospettiva è destinata a cambiare: il focus si sposterà in primo luogo verso il tema della crescita ed è presumibile che su questo si concentreranno anche le scelte di politica economica. La pensa così Anna di Michele, responsabile servizi di consulenza di Ubs Italia.
Domanda. Quali saranno i temi dominanti sui mercati nel 2013?
Risposta. Riteniamo che sarà quello dello sviluppo: dai mercati emergenti ci attendiamo un’accelerazione della crescita, dovuta in primo luogo alla spinta della domanda interna. Cosa che, per esempio, è già evidente in Cina, che oggi dipende meno del passato dall’export. Andrà valutato con attenzione anche l’impatto sull’economia statunitense dell’aumento delle tasse e della riduzione della spesa pubblica a seguito della risoluzione del fiscal cliff.
D. E l’Europa ha smesso di essere considerato il grande malato?
R. Il Vecchio Continente resterà sotto attenta osservazione da parte degli operatori, con un focus particolare sulla situazione dei conti pubblici in Spagna e Italia, nella considerazione della loro influenza sulla crescita complessiva dell’Eurozona. Attenzione anche alla Grecia: i passi in avanti fatti nelle ultime settimane verso la risoluzione della crisi ellenica sono stati accolti positivamente, ma l’ipotesi di uscita del paese dalla moneta unica non può ancora essere del tutto esclusa.
D. Quali sono le prospettive?
R. Riteniamo che la crescita rimarrà su livelli moderatamente sostenuti (con il prodotto interno lordo in progresso del 2,3% circa), trainata dal buon andamento dei consumi interni e dai progressi dell’immobiliare (che era stato tra le cause scatenanti della crisi finanziaria partita nel 2008) e del mercato del lavoro (indicatore fondamentale per determinare i trend sul fronte dei consumi). In Europa prevediamo ancora un anno delicato per gli indicatori macro, con il pil dell’eurozona sostanzialmente fermo: la locomotiva della crescita dovrebbe rimanere la Germania, con +0,8%; fanalini di coda dovrebbero restare Italia, a -0,4% e Spagna, a -1,7%. Fuori dall’Eurozona dovrebbero essere particolarmente dinamiche le economie di Svezia e Norvegia e dovrebbe riaccelerare l’economia inglese.
D. Nelle scorse settimane si sono svolte le elezioni in Giappone, vinte dal liberaldemocratico Shinze Abe, che ha detto di voler puntare su nuovi stimoli all’economia, contestando la bontà delle politiche orientate all’austerity. Secondo lei si va nella giusta direzione per far uscire il paese nipponico da una lunga fase di declino?
R. La nuova coalizione, forte dell’eccezionale risultato elettorale (almeno per quanto riguarda la Casa Bassa), avrà maggiori possibilità di implementare con successo una serie coordinata di misure volte a favorire la ripresa di un’economia rimasta per molto tempo al traino delle esportazioni. Le misure che sembrano in discussione riguardano da una parte la definizione di un budget supplementare di circa 10-15 trilioni di yen, il National resilience plan, ovvero una serie di misure volte alla prevenzione dei disastri ambientali e politiche di rilancio dell’economia. Elementi che riteniamo possano costituire un forte elemento di discontinuità con il passato, che potrebbero favorire l’indebolimento dello yen e la lenta ripresa dei consumi interni. Dovremo però attendere la conferma del successo elettorale alla camera alta a luglio per avere un riscontro sulle reali possibilità della nuova coalizione di cambiare le sorti del Giappone.
D. Uno sguardo sugli emergenti. La scorsa primavera sono stati protagonisti di una brusca frenata, tra calo della domanda proveniente dai mercati occidentali e spirali inflazionistiche. Poi la situazione è migliorata, grazie anche alla capacità di questi paesi di scongiurare il rischio bolla su alcuni comparti dell’economia, come l’immobiliare. Come vedete lo scenario del nuovo anno?
R. Nei mercati emergenti ci aspettiamo una ripresa del momentum economico, in particolare in India (+6,5% per il pil dal +5,5% del 2012) e Brasile (+4% da +1,1%). Così, diventa importante detenere in portafoglio una quota di azioni dei paesi emergenti.
D. Credete che la Cina tornerà a correre?
R. I nostri economisti si aspettano una riaccelerazione della crescita nel 2013 all’8% (contro il +7,5% del 2012), dovuta sostanzialmente a tre fattori: gli stimoli della politica monetaria, in termini di maggiore disponibilità di credito legata alla riduzione delle riserve bancarie obbligatorie; una politica fiscale espansiva con nuovo focus su investimenti pubblici in infrastrutture; da ultimo, ma non certo un fattore secondario, una crescita strutturale dei consumi interni. Maggiori investimenti e un’accelerazione dei consumi dovrebbero costituire per il 2013 un buon stimolo alla crescita anche dei mercati della regione.
D. Alla luce di queste valutazioni, come può essere strutturato il portafoglio-tipo di un investitore con una media propensione al rischio?
R. Possiamo immaginare un peso preponderante, intorno al 65%, di bond e monetario, seguito dall’azionario al 30% e da un 5% di commodity.
D. Sembra prevalere una certa prudenza_
R. È così, sia alla luce del profilo di investitore indicato, sia perché i fattori di preoccupazione sui mercati non sono stati fugati. Così la carta della diversificazione diventa fondamentale: per quanto concerne il 65% di obbligazionario e monetario, per esempio, puntiamo su emissioni corporate e sovrane, compresa una piccola quota in dollari. Allo stesso tempo, la quota azionaria prevede una metà circa di titoli europei, il resto di Stati Uniti e mercati emergenti (in particolare, Cina, Corea e Brasile).
D. Quali sono le vostre stime sul fronte valutario?
R. Attualmente non vediamo grandi tendenze monetarie. Il quadro macroeconomico è ancora molto opaco con una crescita pari a zero in Europa (con differenze tra Sud e Nord Europa), mentre le previsioni di crescita statunitense sono un po’ più rosee, ma non tali da spingere la Fed a irrigidire la politica monetaria (fattore positivo per il dollaro). Al momento le nostre stime per l’euro dollaro vedono a breve un range 1,28-1,32, con un trend sostanzialmente di dollaro debole verso euro a più lungo termine, a 12 mesi, fino a 1,34.