Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  gennaio 04 Venerdì calendario

IMPOSTE AL 13%: COSÌ PUTIN BATTE LA CRISI

Senza che in realtà l’abbia nemmeno mai chiesta, ieri l’attore e milionario francese Gerard Depardieu ha ricevuto in regalo dalle mani del presidente Vladimir Putin la cittadinanza russa. In senso metaforico certo, non c’è stata nessuna cerimonia, nessuna medaglia al petto del corpulento interprete di tanti amati film, ma è stato lo stesso presidente a premere perché Gerard, in fuga dalla megatassa del 75% introdotta dal governo di Parigi, diventasse un suddito gradito dell’ex agente del Kgb. Tutto questo nonostante, almeno per il momento, il famigerato balzello di Hollande è stato cancellato da una sentenza della Corte Costituzionale francese. La mossa di Putin però va ben al di là del singolo episodio, al di là di Depardieu del quale ignoravamo fosse ammiratore sfegatato, il presidente russo ha voluto col suo gesto aprire le porte a tutti i ricchi in fuga dall’Europa, e non solo dalla Francia, in fuga da una pressione fiscale in crescita ovunque, con appunto la sola eccezione della Russia. Lì l’aliquota è per tutti alla paradisiaca cifra del 13% e lì, a differenza di quanto succedeva solo 25 anni fa, essere ricchi non è considerato qualcosa di deplorevole. La Russia poi è la dimostrazione di come si possa uscire da una crisi economica non senza il rigore, ma addirittura allentando la pressione fiscale, triturandola, e scardinando un sistema di balzelli e burocrazia che strozzano l’economia. Così fece proprio Putin nel 2001, quando una congiuntura economica disastrosa stava trascinando verso la recessione il Paese, ulteriormente messo in ginocchio dalla crisi internazionale scaturita dall’11 settembre 2001. Putin era diventato presidente per la prima volta l’anno precedente e si ritrovava in mano la patata bollente. Anziché fare quello che avrebbe fatto Monti tutto rigore e tasse, Putin era convinto che per far ripartire l’economia del Paese era necessario fare esattamente il contrario, ovvero abbassare le aliquote. Un’idea non sbalorditiva in sé, in quanto principio basilare di macroeconomia da primo anno di università, ma sbalorditiva perché non arrivava da un membro del partito repubblicano americano, ma da un russo con il suo carico di passato sovietico e comunista. La prima mossa nel 2001 fu una flat tax, cioè uguale per tutti indistintamente, e non una qualsiasi flat tax, ma una con un tasso del 13%, il 61% in meno dell’aliquota introdotta da Hollande lo scorso anno e il 30% in meno della media europea. Come per magia, complice un opportuno aumento del prezzo del petrolio del quale la Russia è il primo esportatore mondiale, un anno dopo l’economia di Mosca ha iniziato a crescere in modo significativo: nel 2002 del 4,2%, nel 2003 del 7,3, nel 2004 del 6,7 e così via. Molto più di quanto non stessero facendo contemporaneamente le asfittiche economie occidentali che nel frattempo crescevano al massimo dell’1 o 2%. Altro aspetto considerevole fu che l’iniziativa di Putin dimostrò, come già fece Ronald Reagan 20 anni prima, che una bassa pressione fiscale non significa per forza meno entrate per il governo. Nei due anni successivi all’introduzione della flat tax il gettito fiscale nelle casse dello Stato russo crebbe, al netto dell’inflazione, di un 50% abbondante. Putin dimostrò una volta per tutte che le persone sono disposte a produrre di più e a pagare le tasse senza eccezioni se il sistema contributivo è caratterizzato da aliquote basse e viene percepito come equo. Ironia della sorte furono gli ex comunisti a dimostrarlo e non i vari Chirac, Blair, Schröder e Bush che allora governavano l’Occidente. Del resto il successo della flat tax non deve sorprendere, per 50 anni Hong Kong, che ne utilizzava una simile, è stato il Paese con il più alto tasso di crescita di tutto il mondo. Certo Putin non si fermò lì, ridusse anche l’imposta su reddito delle società dal 35 al 24% e assicurò alle piccole imprese un trattamento migliore con un sistema con cui le aziende possono scegliere tra una tassa del 6% sul reddito lordo o una del 15% sugli utili. Un paradiso per i ricchi e non solo, ma anche un potenziale paradiso per chi vuole aprire un’impresa. Certo, poi entrano in gioco altri fattori come la burocrazia e la sicurezza, tare ataviche ereditate dal vecchio regime comunista e dal periodo di transizione, ma è certo che così com’è la Russia rappresenta un modello alternativo più o meno condivisibile ma con lati positivi indiscutibili. Che la causa siano le tasse o Hollande in persona, Depardieu sembra intenzionato a non voler far alcun passo indietro dalla sua decisione di abbandonare la Francia e ha già messo in vendita per 50 milioni la sua casa nel sesto arrondissement di Parigi. Per il momento non si è ancora sbottonato ma è verosimile che la cittadinanza russa sia arrivata più che gradita. Putin ha capito che era opportunità ghiotta da non lasciarsi scappare, la prospettiva per la sua Russia è quella di diventare un’attrazione per i capitali in fuga dall’Europa allo sbando. E non è poco.