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 2013  gennaio 05 Sabato calendario

LA GRECIA PROVA A RIALZARE LA TESTA

[Il Paese al sesto anno di recessione punta su risanamento dei conti e recupero di competitività] –
Il quinto anno di recessione è passato in Grecia come un tornado: con un secondo piano di aiuti da 130 miliardi varato a marzo, due elezioni tenute a maggio e giugno, una tranche che è arrivata solo a fine anno dopo il varo di tagli pesanti e riforme strutturali.
«Eppure l’intensità delle proteste sociali sta calando, i greci sono oggi tutti concentrati sulla loro sopravvivenza quotidiana e un politico, l’ex ministro delle Difesa, è in prigione per accuse di corruzione», dice Alexis Papachelas, direttore del principale giornale conservatore Kathimerini. Ieri il premier Antonis Samaras si è impegnato contro la corruzione nel Paese: «La vecchia impunità sta per finire», ha detto annunciando un’operazione "mani pulite".
«Il Governo sta lavorando bene sui conti e il recupero della competitività - prosegue Papachelas, uno dei più ascoltati opinionisti del Paese - ma il vero rischio sono gli opposti estremismi dei neonazisti di Alba Dorata e della sinistra radicale di Syriza, che se la tensione dovesse risalire potrebbero far precipitare la situazione e riportare il Paese alla dracma bloccando le riforme. Quanto ai partner europei la buona notizia è che oggi finalmente il cancelliere Angela Merkel non appoggia più il populismo tedesco», conclude.
Samaras ricorda che «il primo problema che verrà risolto con i fondi della tranche appena arrivata è la mancanza di liquidità che penalizza le imprese grazie alla ricapitalizzazione delle banche. Ma l’effetto più importante sarà la fine della "dracmofobia", la paura del ritorno alla dracma che ci ha tenuti in ostaggio per troppo tempo dei mercati».
Fonti vicine al ministro delle Finanze Yannis Stournaras, sono convinte che i «due terzi del risanamento fiscale è fatto, il 75% della competitività recuperata e il surplus primario arriverà nel 2013. Non ci sarà bisogno di un’altra ristrutturazione del debito», dopo il positivo esito della prima e del buyback di 11,8 miliardi. Anche Costis Hatzidakis, ministro per lo Sviluppo in ascesa, è certo che nel 2013 saranno privatizzate la società del gas (con interessi già manifestati da parte di cinesi e russi) e dell’energia elettrica, la Ppc. «Già oggi le liberalizzazioni (suggerite da Tommaso Padoa-Schioppa) nel trasporto su gomma consentono di iniziare un’attività domani mattina a chiunque lo desideri e presto lo stesso sarà possibile per le crociere interne», spiega il ministro. Anche alla Sev, la Confindustria greca, il presidente Dimitris Daskalopoulos manifesta un cauto ottimismo: «Siamo vicini al giro di boa e le riforme stanno partendo anche se c’è scetticismo tra i greci verso la Ue».
George Tsopelas, capo della locale sede della McKinsey, dopo aver ricordato che il 97% della crescita pre-crisi era alimentato dai consumi a credito e che la Grecia incredibilmente oggi controlla solo il 30% del mercato mondiale del formaggio Feta, una specie di simbolo nazionale, invita «a investire ora e a guardare avanti con una crescita potenziale del Pil stimata nei prossimi dieci in 55 miliardi di euro».
Tutto bene, dunque? Gli uomini del tedesco Horst Reichenbach, capo della task force Ue di 50 uomini a sostegno della Grecia, sono cauti e sottolineano la debolezza del sistema bancario e le difficoltà di «attuare le riforme». Un analista di una banca locale scherza riferendosi all’haircut "volontario" sui bond che ha mandato a picco i bilanci dei quattro maggiori istituti del Paese: «In Irlanda le banche hanno distrutto lo Stato, in Grecia lo Stato ha distrutto le banche».
Crisi fa rima con opportunità, dice Nikolas Zirganos, giornalista d’esperienza che dopo la chiusura di Eleftherotypia, uno storico giornale di sinistra, ha deciso insieme a un gruppo di colleghi di fondare un nuovo tabloid, Efimerida, in edicola a 1,30 euro: «La cosa più importante è che siamo indipendenti – dice davanti al suo desk - ed è una questione importante nella stampa greca. In secondo luogo siamo una cooperativa, ed è la prima volta nei media locali».
Rena Douro, portavoce di Syriza, il partito della sinistra radicale che oggi è al primo posto nei sondaggi, nega di voler lasciare l’euro ma, aggiunge, «non vogliamo vedere tagliare i salari per pagare i debiti delle banche». Parla dei «tremila suicidi causati dalla crisi», dei prezzi più cari che a Londra a causa degli oligopoli e spera in elezioni anticipate ma non subito. Timori che condivide Ioannis Papagoupolous, segretario del Gsee, sindacato del settore privato, secondo cui «l’austerità voluta da Berlino ha colpito duramente la classe media» mentre il suo collega dell’Adedy, il sindacato degli statali, Costa Tsikrikas, dice che è ora di smetterla di «crocifiggere la Grecia e poi vendergli sottobanco armi e sottomarini tedeschi».
Anche Yannis Gogousis, medico di base e cardiologo, attacca la troika: «È vero che c’erano sprechi nella sanità ma ora hanno tagliato posti letto, salari e forniture oltre ogni limite». Basta andare al maggior Ospedale della capitale, Evangelismos, per vedere che mancano cotone, siringhe e medicinali di prima necessità al Pronto soccorso. Chi ha perso il lavoro da più di un anno perde il più elementare dei diritti, quello alla salute e «a morire dignitosamente». «Stiamo forse andando verso la privatizzazione, il modello americano – dice Gogousis - dove pochi si possono permettere tutto e altri niente. Una scelta incomprensibile proprio ora che Barack Obama vuole imitare il modello universale europeo che costa pure meno di quello statunitense».