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 2013  gennaio 06 Domenica calendario

PER I MALATI IMMAGINARI MEGLIO IL WEB DELL’OSPEDALE [

Abilissimi manipolatori, blogger truffatori inconsapevoli cercano aiuto e consolazione in rete] –
La storia di Dawn, una giovane madre canadese, comincia davanti al monitor di un computer. Su un forum per mamme ha conosciuto Mandy con cui è entrata subito in sintonia. Dopo pochi giorni, la sua nuova amica virtuale le racconta di avere il cancro. Dawn ne prende molto a cuore il dramma e così inizia a scriverle ogni giorno, a passare pomeriggi e notti intere in chat con lei e, divorata dall’angoscia, a dedicarle tutto il tempo libero dalla famiglia e dal lavoro. Solo dopo una lunga serie di chat e di notti insonni passate insieme online, Dawn però scopre che era tutto inventato.
Mandy era sì malata, ma non aveva nessun tumore: aveva la sindrome di Munchausen, una malattia nota dagli anni 50 che spinge le persone in cerca di attenzione a inventarsi malattie o disturbi e che negli ultimi anni si è spostata dai gruppi di autoaiuto e dalle sale di aspetto dei prontosoccorso ai forum e ai social network. «Il web ha amplificato questo tipo di patologia – spiega il dottor Marc Feldman, docente del l’Università dell’Alabama ed esperto mondiale del tema –. Basti pensare che ogni volta che nasce un nuovo social network il giorno dopo c’è qualcuno che già lo usa per fingersi malato». I posti in cui è più facile incontrare un malato di Munchausen in rete sono i forum, in particolare quelli per mamme o donne malate di tumore al seno. «La Munchausen, e in particolare la sua versione online, colpisce tipicamente le donne – continua Feldman –, la ragione di questa forte concentrazione patologica di genere non è chiara, ma alla base c’è un grande e non corrisposto bisogno di attenzione e di empatia che tendenzialmente gli uomini risolvono in altri modi».
Non ci sono ancora dati statistici su quanto sia diffuso il fenomeno, anche se ogni tanto scoppia un caso particolarmente eclatante e crudele di cui è protagonista un blogger che si è costruito una fama online in base a malattie inventate e che dopo qualche settimana inscena la propria morte. Un caso clamoroso fu quello della blogger di 18 anni Limeybean, che nel 2009 aveva raccontato in rete la sua storia di immigrata a Londra con una forma incurabile di tubercolosi. Quando la sua pagina ne annunciò la morte, tutta la comunità di Livejournal entrò in lutto, almeno fino a quando uno studente di medicina non fece notare che i sintomi raccontati dalla blogger anonima erano identici a quelli del suo libro di testo. Un altro caso, ancora più bizzarro, lo racconta lo stesso Feldman: «Una paziente aveva aperto 70 diverse pagine su Facebook a supporto della sua inesistente lotta contro il cancro e aveva ricevuto centinaia di messaggi di incoraggiamento e affetto, tanto da raccoglierli in un libro messo poi in vendita online. Ma non è la sola. Personalmente scopro un caso nuovo ogni settimana, anche se sono infinitamente di più i casi che non vengono mai scoperti, perché la truffa va a buon fine».
Difficile stabilire, in realtà, se si tratta solo di una truffa, in cui si estorcono affetto e attenzione ripagandoli con un dolore del tutto inventato, o se si tratta di una malattia vera e propria: i Munchausen sono troll ma anche casi psichiatrici, minano la credibilità del web, ma lo fanno perché sono malati. Benché la malattia sia nota da decenni, il web ne ha moltiplicato i casi e accelerato la diffusione. Secondo lo psichiatra dell’Università di Bornemouth Andy Pulman, internet è l’ambiente ideale per il Munchausen. «L’asincronicità delle risposte permette di pensarci, di ragionare sulla propria identità di malato, di costruirla. Inoltre è facile accedere a informazioni mediche anche molto specialistiche e falsificare storie mediche». A questo – aggiunge Feldman – si somma «il vantaggio che se si sente odore di guai basta un click per chiudere il profilo e ricominciare da un’altra parte».
Per chi rischia di finire vittima delle bugie di un Munchausen potrebbe essere difficile scoprirne i trucchi, dal momento che questi «truffatori emotivi» sono abilissimi manipolatori, maniacalmente attenti ai dettagli. Il modo di non cadere nella loro rete, però, c’è. I Munchausen sono ottimi narratori ma si tradiscono con gli effetti speciali. «Spesso postano con più profili collegati alla stessa identità – continua ancora Feldman – impersonando sullo stesso forum non solo la parte del malato terminale, ma anche quella della madre, del padre, della sorella eccetera». Personaggi fittizi che gli esperti chiamano sock puppet (marionette). Guardando con attenzione i loro profili si potrebbe scoprire che tutti questi personaggi scrivono con una prosa molto simile, addirittura facendo gli stessi errori di ortografia.
I racconti dei Munchausen hanno accelerazioni molto drammatica. E sovente, alla malattia di cui dicono di soffrire, aggiungono altri eventi traumatici e dolorosi: violenze, stupri, difficoltà economiche. Il dubbio, per chi si occupa di web e di salute psichiatrica, a questo punto è uno: chi va tutelato prima? Chi sta così male da doversi inventare un cancro per avere attenzione, o chi dedica ore a un estraneo in difficoltà e poi si ritrova defraudato di attenzione e amore? La risposta ancora non c’è, anche perché solo di recente, e solo dopo il moltiplicarsi di casi clinici, la comunità scientifica ha riconosciuto la versione online della Munchausen attribuendole dignità pari alla sua versione "analogica" e solo il prossimo maggio la quinta edizione del «Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders» (Dsm), la iscriverà al ruolo delle patologie riconosciute.