Alberto Capatti, Domenicale, ilSole24Ore 6/1/2013, 6 gennaio 2013
SBATTI IL CUOCO IN PRIMA PAGINA [
All’ultimo piano di Eataly una singolare esposizione: le copertine dei giornali italiani da un secolo a oggi dedicate all’alimentazione. La storia disegnata delle nostre abitudini e di come sono cambiate] –
Che cosa rivela una copertina? E che cosa invece nasconde? Sicuramente esprime in una incisione, un disegno o una fotografia, in una immagine pacifica o concitata, un richiamo all’attenzione. Una donna che riesce la propria salsa ha toccato il successo e merita che la si osservi giubilare («La Cucina Italiana», 1956); dei disoccupati, degli affamati che assaltano un forno rappresentano, da un punto di vista sociale e politico, un problema critico ed occorre prenderne conto («La Domenica del Corriere», 1908): in entrambi i casi, si allerta il pubblico, consolandolo delle difficoltà di preparare una salsa o risvegliandolo dal suo quieto vivere.
La lettura del fascicolo, della rivista permetterà di cogliere in tutta la sua ampiezza, e con dettagli, il tema proposto, anche nel caso in cui il tumulto di piazza richieda di prender posizione. Per questo motivo la scelta di un cibo da mettere in copertina è sempre problematica, perché deve destare curiosità: anche le immagini pubblicitarie, sbattute in prima pagina, non possono esser prese per semplici inviti all’acquisto, ma sono icone non di un solo consumo, ma di mille consumi e della loro importanza nella nostra cultura.
Le copertine sono loquaci, non nel senso che, pettegole, svelano un segreto, ma in quanto – pensiamo soprattutto ai disegni della «Domenica del Corriere» – sono scene animate in cui i personaggi parlano e si rispondono, e vivacemente si esprimono senza ricorrere a una scrittura che le trasformerebbe in fumetto. Gesto e parola sono disegnati e anticipano i testi veri e propri che ragguaglieranno il lettore sino alla sazietà. Una donna che impasta, o agita, nel pentolino, la frusta, o porta in tavola un pollo arrosto, comunica non solo il proprio saper fare, ma l’eleganza, o la seduzione, o la noncuranza con cui sa fare, e ogni suo singolo gesto appare suggestivo, come quello di un grande mimo. Anticipando pagine e pagine stampate, le copertine sono lo strillo che precede l’acquisto, uno strillo afono e tutto visivo.
Riunire una galleria, come questa, di copertine alimentari è predisporre non solo una cronologia per immagini dell’editoria periodica ma costringersi a ragionare sulla comunicazione degli alimenti. Quest’ultima è giocata tutta su agganci e connessioni, a partire dalle più ovvie come quella eros & cibo, declinata con elementi semplici quali una giovane donna e dei prodotti per cucinare, o in chiave più complessa come una copertina del «Borghese», 1966, in cui la scatoletta di carne, la bruna attrice con le sue cosce nude rinviano a un consumo perverso, visivo e orale, della femmina formosa.
La copertina in questo caso scava nel profondo della materia commestibile, e fa cultura materiale nel senso più ampio del termine, andando alle radici simboliche del nutrimento. Altrove («La Gola», 1982) è il contrario, e un lungo elenco di autori e titoli di articoli cala un sipario, aperto il quale ogni singolo intellettuale apparirà a tavola, con la penna, un piatto e un bicchiere.
Il cibo in copertina è parte integrante del mercato alimentare e di Eataly nella fattispecie, in quanto permette di osservare il cibo da un punto di vista eccentrico, offerto dalla sua storia disegnata, e nello stesso tempo multifocale, mostrando tutti i significati che esso può assumere al di là di un consumo passivo. Nel mercato delle perfezioni gastronomiche ha il ruolo di conferire loro un valore aggiunto, generato non dalla stima commerciale o dall’appetito, ma dalla complessità dei valori nutritivi. La copertina non è packaging ma invito alla riflessione.