Marco Ventura, la Lettura (Corriere della Sera) 06/01/2013, 6 gennaio 2013
I PIU’ GIOVANI SONO I MUSULMANI
Servono mappe delle religioni per navigare questo mondo. Senza conoscere la religione, non capisci le correnti, non trovi il porto, sbatti sugli scogli. La religione definisce identità, collega masse e le muove. Attraversa spazi. Determina la politica e l’economia, condiziona governi, ispira strategie. Teorizza e spiega, ma al contempo scalda i cuori, emoziona: crea amici e nemici, divide e allea. Nel mare della religione globale, niente è fermo, nulla è dato. I fondali si muovono, le maree vanno e vengono. Per questo, mappare la religione non è asettica osservazione, constatazione oggettiva; è al contrario un atto che agita sentimenti profondi, che produce azioni. E che può ingannare. È ciò che accade quando le mappe delle fedi mostrano miraggi. Quando regalano l’illusione che un’idea semplice, un mondo diviso per religioni, possa spiegare e governare un pianeta complesso. Perché le mappe incoraggiano paure profonde: l’altro è forte, compatto; avanza, ci minaccia. E offrono facili risposte: la nostra religione è identità che annulla differenze e deficienze, ci autoassolve, consente di contarci, di trovare altri come noi, ci fa sentire capaci di respingere l’assedio e di sconfiggere il nemico.
È qui l’ambivalenza di ogni mappatura della religione globale. La mappa affina i nostri sensi. Descrive la realtà e fornisce strumenti di navigazione. Forma migliori marinai e viaggiatori capaci. Ma allo stesso tempo, ogni carta delle fedi ottunde i sensi, illude semplificando. È droga che anestetizza l’inquietudine del cittadino del mondo.
Avvertiamo tale ambivalenza nello sfogliare il rapporto sul Paesaggio della religione globale appena pubblicato dal Pew Forum, autorevole ente di ricerca americano. Il rapporto fotografa al 2010 lo stato della religione nel mondo attraverso due grandi coordinate. Le identità religiose sono anzitutto divise in otto grandi gruppi sulla base dell’autopercezione degli interessati quale documentata da censimenti ufficiali, dati demografici e indagini sociali. Metà della popolazione mondiale è composta da cristiani e islamici. I senza religione, i cosiddetti non affiliati, rappresentano il terzo gruppo con il 16%.
Gli hindu sono il quarto gruppo con il 15%. Seguono con il 7% i buddhisti, con il 6% le religioni tradizionali, gruppo eterogeneo che va dai nativi indiani agli aborigeni, dai culti africani alle religioni popolari cinesi, e gli ebrei con lo 0,2%. Le religioni non riconducibili a questi sette gruppi sono riunite in un gruppo residuale che vale lo 0,8% e in cui si ritrovano le fedi più diverse: sikh e bahá’í, scientology e rastafari, taoisti e jainisti, shinto e tenrikyo, wicca e zoroastriani. La seconda coordinata è geografica. Il mondo è diviso in sei macro aree: Asia-Pacifico, Nord America, America Latina, Africa sub-sahariana, Nord Africa-Medio Oriente e Europa. I cristiani, tra cui il rapporto include anche testimoni di Geova e mormoni, sono il gruppo più numeroso — 2,2 miliardi di persone, il 32% del totale — e il più distribuito nel mondo.
L’Europa prevale, anche se ormai di poco. Gli Stati Uniti sono ancora il singolo Paese con il maggior numero di cristiani, seguito da Brasile, Messico, Russia e Filippine. Solo il 5% dei cinesi si dice cristiano, ma ciò basta a fare della Cina il settimo Paese al mondo per numero di cristiani. La Germania, primo Paese dell’Europa centro-occidentale, è preceduta da Nigeria e Congo, e seguita di poco dall’Etiopia.
I cristiani asiatici, africani e latino-americani sono ormai il doppio di quelli europei e nordamericani. Gli islamici hanno un’età media sensibilmente inferiore ai cristiani — 23 anni contro 30 — ed inferiore alla stessa età media mondiale, 28 anni. L’età dei cristiani è ovunque superiore all’età media della popolazione, con l’eccezione dell’Asia.
Aderiscono all’Islam 1,6 miliardi di persone, il 23% dell’umanità, di cui circa il 90% sunnita. Esclusa la Turchia, 43 milioni vivono in Europa, pari al 3% dei musulmani globali e al 6% degli europei. Più del 60% dei musulmani al mondo vivono nell’area Asia-Pacifico; il 20% vive invece in Nord-Africa o Medio Oriente, dove il 93% della popolazione si considera musulmana. Il 13% dell’Islam mondiale vive in Indonesia e un ulteriore 30% nel subcontinente indiano. Il 9% è distribuito tra Egitto, Algeria e Marocco. Una persona su sei nel mondo non appartiene ad alcuna religione. Il gruppo dei non affiliati supera il miliardo ed è il terzo più numeroso dopo cristiani e islamici, equivalente in numeri assoluti alla cifra complessiva dei cattolici.
Non tutti coloro che vengono inclusi in questa categoria sono atei o agnostici, anzi molti, soprattutto negli Stati Uniti e in Asia, credono in qualche forma di divinità e praticano i culti più diversi. L’area Asia-Pacifico ha un peso determinante e fornisce quasi l’80% dei non affiliati globali: sono 700 milioni i cinesi, 70 milioni i giapponesi, 40 milioni i coreani e 26 milioni i vietnamiti. L’Occidente ha un peso inferiore, ma significativo. Gli Stati Uniti sono il terzo Paese in assoluto, con 50 milioni di non affiliati. Dei sei Paesi al mondo in cui i non affiliati sono in maggioranza, due si trovano in Europa: la Repubblica Ceca e l’Estonia. Sono non affiliati il 40% degli olandesi, poco meno del 30% dei francesi e dei belgi, quasi il 25% dei tedeschi e il 20% degli spagnoli. Nell’ultimo censimento del governo britannico, uscito contemporaneamente al rapporto del Pew Forum, un inglese su quattro si è dichiarato senza religione. Colpisce l’età dei non affiliati occidentali, più giovani della media generale, e nettamente più giovani dei cristiani.
Se i cristiani europei hanno un’età media di 42 anni, i non affiliati del Vecchio Continente sono in media di cinque anni più giovani. Ancor più netta la differenza in Nord America: i cristiani hanno in media 39 anni, i non affiliati 31.
Il miliardo di hindu e il quasi mezzo miliardo di buddhisti rappresentano la quarta e la quinta grande religione mondiale. Benché ovunque largamente rappresentati, questi due gruppi sono i meno globalizzati. Il 98% degli hindu vive in India e dintorni. Il 99% dei buddhisti vive nell’area Asia-Pacifico. Anche i 14 milioni di ebrei sono per l’80% negli Stati Uniti e in Israele.
La preparazione della mappa ha posto numerosi problemi metodologici. La qualità dell’informazione varia sensibilmente da Paese a Paese. Dove sono disponibili censimenti ufficiali, le risposte sono spesso condizionate dalla pressione sociale e governativa. È aleatoria la determinazione della religione dei minori sulla base delle dichiarazioni degli adulti. Vi è poi il problema delle pluri-appartenenze: le religioni tradizionali, ad esempio, valgono ben più dei 400 milioni di cui sono accreditate, se si contano i tanti cristiani e musulmani che nell’Africa sub-sahariana conservano credenze e pratiche consuetudinarie.
Anche la migliore mappa della religione ti fa arenare, se taglia a fette il mondo in nome di Dio, se mette in gabbia l’imprevedibile battito della fede. Milioni di uomini possono trovare senso in identità religiose di massa. Le società, le fedi e i governi possono piantare bandiere sulle anime. Leader politici e religiosi possono barattare quantità di fedeli per pezzi di potere. Nessuno, tuttavia, può imprigionare uomini e dei. Non vi è determinismo culturale e politico che esautori il mistero dell’incontro col divino. Ma ti fa solcare i mari, la mappa delle religioni, se letta al ritmo con cui gli dei spingono le onde del mondo.
Marco Ventura