Mauro Magatti, Corriere della Sera 04/01/2013, 4 gennaio 2013
IL CENTRO DELLA POLITICA SI CONQUISTA SEGUENDO «IL METODO DE GASPERI»
Le democrazie avanzate funzionano quando riescono a trovare un «centro di gravità» attorno a cui far ruotare la loro dialettica politica. Un nucleo che ha a che fare con una identità che definisce ciò che è considerato comune, al di là delle legittime posizioni politiche, in rapporto ai problemi del tempo.In termini topografici, questo nucleo definisce il «centro», che però non è semplicemente il punto mediano tra destra e sinistra, ma piuttosto il cuore dinamico di una società, attorno al quale si infittiscono non solo i valori comuni, ma anche sistemi di interesse e gruppi sociali. Allontanandosi dal centro, le estreme tendono ad assumere tratti antisistemici: a destra, si trovano i gruppi che, in un modo o in un altro, negano alcuni caratteri costitutivi della modernità. A sinistra, ci sono quei gruppi che vogliono spingere avanti la modernità fino al punto di andare oltre i suoi vincoli capitalistici. Le democrazie contemporanee che funzionano sono quelle che riescono a contenere le spinte disgregative della destra e della sinistra estreme rafforzando il ruolo attrattore del centro senza per questo escludere le posizioni più radicali dal riconoscimento parlamentare. Dal momento della sua nascita, l’anomalia della democrazia italiana deriva dalla debolezza del suo nucleo centrale e dalla forza delle ali. Il problema, come si vede in questi giorni ancora attualissimo, ha radici antiche: a destra, le diffidenze verso la democrazia e lo Stato italiano hanno costituito il terreno di coltura per il radicarsi di comportamenti disinvolti nei confronti della istituzioni pubbliche. A sinistra, la tentazione massimalista non è mai del tutto superata e ritorna con forme sempre inedite. Per questo, la democrazia italiana è così instabile e sempre a rischio di scavallare da una parte o dall’altra. Nel dopoguerra, il grande merito storico di De Gasperi fu quello di fare una scelta chiara: sotto la sua guida, la Dc non si sarebbe mai fatta sostenere dalla destra. Per questo, egli cercò l’appoggio di quelle forze della sinistra moderata che, pur nella distinzione politica, condividevano alcuni obiettivi di fondo in termini di crescita economica e sociale. Sappiamo che, proprio per questo, De Gasperi ebbe molti avversari e che, nel 1953, dovette lasciare opponendosi ancora una volta al reiterato disegno di far entrare i partiti di destra nel governo. Ciò nonostante, anche dopo la sua caduta, la Dc restò fedele al suo insegnamento che permise al partito cattolico di rimanere, per quasi mezzo secolo, il cardine della democrazia italiana. La Seconda Repubblica ? nata dall’immobilità che questa soluzione ha alla lunga determinato ? ha battuto la strada opposta. Sulle ali dell’entusiasmo per la svolta maggioritaria, il sistema politico bipolare ha portato ad alleanze sempre più estese, inclusive della destra e della sinistra estrema, che hanno progressivamente svuotato il «centro» e polarizzato le posizioni. Con il risultato che si vincevano le elezioni senza però riuscire a governare.Nel finale di legislatura Monti sta dicendo che quest’anno di governo ha messo in evidenza la necessità di ritrovare, nel sistema politico italiano, un centro condiviso attorno alle sfide storiche che sono da affrontare e al ruolo del nostro Paese in Europa e nel mondo. Un punto ripreso dall’ultimo discorso del presidente Napolitano. Ciò non significa identificarsi con i partiti di centro, ma piuttosto con il «centro» della politica italiana, attorno ad un bene comune fatto di risanamento, rilancio economico e sociale, Europa. In questo modo, al cuore della campagna elettorale c’è quello che potremmo chiamare «metodo De Gasperi», che consiste nel sapere che, senza confrontarsi con questo «centro», si possono vincere le elezioni senza però poi riuscire a governare.Per come stanno le cose, la destra di Berlusconi è oggi molto distante da questa preoccupazione: incapace di fare autocritica, essa sembra attratta da una deriva populistica che va esattamente nella direzione opposta. A sinistra, il Pd, certo molto più convergente al centro, non riesce ancora a fugare i dubbi sulla sua capacità di governo, soprattutto perché, fino ad oggi, non ha chiarito come pensa di gestire quelle sensibilità che pure esprime e che rischiano di rendere molto difficile un’efficace azione di governo. Il Centro, infine, continua a essere affetto da nanismo, non solo elettorale: la decisione di non intraprendere la strada della lista unica è simbolicamente un passo falso per chi si presenta come un soggetto che intende cambiare la politica italiana. A pochi giorni dall’inizio della campagna elettorale, l’eredità più preziosa del governo Monti è la necessita della ricostituzione del «centro» della politica e della società italiana. Che rimane molto gracile. Per rafforzarlo, occorrono ? nei prossimi giorni ? nuovi passaggi, che potrebbero vedere la luce solo se almeno alcuni dei principali protagonisti decidessero di adottare «il metodo De Gasperi». Per questo, conteranno i risultati delle elezioni. Ma conterà, forse ancora di più, la campagna elettorale: come tutte le fasi liminali, cioè di passaggio, essa può essere un incubo surrealista o la grande incubatrice dove gettare le fondamenta solide per una fase di governo solida e duratura.
Mauro Magatti