Giovanni Bianconi, Corriere della Sera 04/01/2013, 4 gennaio 2013
RAPPORTI STATO-BOSS. IL NUOVO ANONIMO CHE AGITA L’ANTIMAFIA
Più che un colpo di scena, sembra una trama studiata per alimentare nuovi veleni e tensioni intorno alla Procura di Palermo, alla vigilia di scadenze importanti. Un «esposto» anonimo di una decina di pagine inviato a uno dei pubblici ministeri titolari della rumorosa e controversa indagine sulla presunta trattativa fra Stato e Mafia nel periodo stragista, vent’anni fa: Nino Di Matteo, il più esposto dopo l’uscita di scena (e l’entrata in politica) dell’ex procuratore aggiunto Antonio Ingroia. Due settimane fa la notizia era stata diffusa senza suscitare troppo clamore; ieri l’anticipazione di alcuni contenuti su la Repubblica ha provocato sconcerto e commenti variegati. Secondo l’anonimo, i magistrati titolari dell’inchiesta sui contatti tra Cosa nostra e le istituzioni sarebbero controllati e seguiti nei loro movimenti. Spiati. Forse anche da qualche addetto alle scorte che non si limiterebbe a sorvegliare sulla loro sicurezza. Nella lettera redatta su finta carta intestata di un apparato statale ci sarebbero anche nomi di uomini politici attivi oggi ma pure all’inizio degli anni Novanta, quando si sarebbe siglato il «patto» tra i boss e la politica per porre fine alla campagna stragista. E dettagli su due misteri collaterali a quegli eventi: la scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, subito dopo l’attentato in cui il giudice fu trucidato, e la mancata perquisizione del covo in cui si nascondeva Totò Riina, subito dopo la sua cattura avvenuta nel gennaio 1993. Da alcuni particolari gli inquirenti hanno maturato la convinzione che l’estensore della lettera sia una persona interna agli apparati investigativi; forse addirittura agli stessi carabinieri, giacché conoscerebbe a fondo le vicende che ? in quei due eventi ? hanno coinvolto rappresentanti dell’Arma. Ma c’è un’altro aspetto che potrebbe generare nuovi imbarazzi e sospetti incrociati nel palazzo di giustizia tante volte ribattezzato «dei veleni»: l’invito al pm Di Matteo a fidarsi solo dell’ormai ex collega Ingroia, e non di altri; in particolare uno, dal quale ? a giudizio del nuovo «corvo» ? il magistrato farebbe bene a guardarsi le spalle.Ce n’è quanto basta, anche solo sulla base delle prime indiscrezioni, a sollevare nuove diffidenze e interrogativi potenzialmente inquietanti. Ma anche nuovi borbottii sul comportamento della Procura di Palermo, che a quella di Caltanissetta ? competente a indagare su tutte le vicende che riguardano le toghe palermitane, anche quando fossero ipotetiche «parti lese» come in questo caso ? ha inviato solo alcuni stringati stralci dell’anonimo. Tutto il resto è stato omissato, per salvaguardare gli accertamenti che la stessa Procura di Palermo ha già avviato nell’intento di verificare l’attendibilità delle informazioni contenute in quelle pagine. Con il rischio di provocare nuove frizioni tra i due uffici giudiziari, che già in passato si sono trovati sull’orlo dello scontro per le mancate trasmissioni di atti. Il tutto mentre il giudice dell’udienza preliminare deve decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio per gli imputati collegati alla presunta trattativa, la Consulta si appresta a depositare la sentenza sul conflitto tra Procura e Quirinale a proposito delle intercettazioni indirette del capo dello Stato, e l’ex pm Ingroia sta per tornare dal Guatemala per partecipare alla campagna elettorale.
Giovanni Bianconi