Alessandra Arachi, Corriere della Sera 04/01/2013, 4 gennaio 2013
CASTELLI: NON MI CANDIDO, STUFO DI ESSERE UN BERSAGLIO
Senatore Roberto Castelli, allora è vero: non si candida più?«Già, torno a fare l’ingegnere nello studio di famiglia». Addio alla politica, quindi?«No, quello no. Resto a disposizione della Lega, l’ho detto a Maroni. Addio al Parlamento e ad incarichi istituzionali, piuttosto». Come mai?«Beh, dopo sei legislature quello che hai da dare l’hai dato. Ma non è solo per questo. C’è dell’altro e non è secondario». Ovvero? «L’aria in Parlamento era diventata irrespirabile da quando noi politici siamo diventati la "casta" e quindi un bersaglio, a prescindere. Non ne potevo più di essere considerato un fannullone e mangiapane a tradimento». Buffo contrappasso. Non era proprio la Lega che prima di entrare in Parlamento si scagliava con i politici di Roma ladrona? «Veramente questa accezione del nostro slogan è stata data da altri. La Lega non ce l’aveva con i parlamentari, ma con lo Stato centralista che si portava via i soldi. Ed è ancora così: infatti lo slogan attuale della Lega è che il 75% delle tasse del Nord deve restare nel territorio». Lei adesso è consigliere comunale a Lecco, si dimetterà anche da questo incarico?«No, a quel livello lo posso mantenere». Avrebbe potuto essere sindaco di quella città...«Già, ma le cose sono andate diversamente». E’ stato tradito da una parte del Pdl. Non è che nella scelta di non ricandidarsi più c’è anche questo? Il nodo dell’accordo Lega-Pdl da sciogliere?«Quello è un problema di Maroni e non lo invidio. Una vera gatta da pelare. O meglio: il paradosso del pescatore siberiano, come diciamo qui al Nord».Il pescatore siberiano?«Si il pescatore che cade nel lago ghiacciato e come si muove sbaglia, perde la vita. Qualsiasi scelta farà Maroni rispetto al Pdl sarà un problema. Ma la storia del sindaco di Lecco è un’altra». Quale?«Io avevo trovato un candidato super partes fantastico come sindaco di Lecco. Ma quando mi sono presentato nell’ufficio di Bossi ci ho trovato Formigoni e mi è stato detto: il sindaco lo devi fare tu, serve una figura politica». E lei?«Ho obbedito, ho fatto il kamikaze da bravo soldato». Pentito?«Ho sempre servito la Lega con grande onestà. E anche quando ero ministro della Giustizia hanno provato ad aprirmi gli armadi e a ribaltarmi come un calzino. Non hanno trovato nulla. Non ho mai rubato, io». Prima di lasciare ha parlato con Bossi?«Certo, con Bossi e con Maroni e con il consiglio federale. Non potevo fare altrimenti. Trovo Bossi di una lucidità politica entusiasmante, anche in una chiacchierata recente che abbiamo fatto». Che vorrebbe fare adesso, oltre l’ingegnere?«Beh, considerando che nel nostro Paese il 60% dei manager italiani sono ingegneri...». Vorrebbe fare il manager?«Vorrei fare quello che so fare. E soprattutto farlo in Lombardia, dove oggi con l’Expo si sta giocando una partita fondamentale in termini di infrastrutture». Vorrebbe occuparsi delle infrastrutture legate all’Expo 2015 qui?«Non sto cercando incarichi, ma non c’è dubbio che conosco molto bene la situazione e tutte le sue criticità che fino ad ora non ho mai denunciato pubblicamente per non creare preoccupazione».
Alessandra Arachi