Stefano Caviglia, Panorama 3/1/2013, 3 gennaio 2013
UN NUOVO ASSALTO ALLA CASA
Un altro mattone, dopo l’Imu e la nuova tassa sui rifiuti, minaccia di finire sulla testa di alcune centinaia di migliaia di proprietari di case: quello della patrimoniale. I famosi grandi patrimoni in cui promettono di affondare il coltello il Pd e i partiti che sostengono Mario Monti, infatti, da che cosa volete che siano composti, se non da confortevoli e ben posizionate abitazioni? L’obiettivo dichiarato è quello di produrre più equità, trovando le risorse per abbassare le tasse a chi guadagna di meno e sgravare i redditi da lavoro. Ma è escluso che un’operazione del genere possa compiersi in modo indolore.
Anche chi abita in una bella casa in centro a Roma o a Milano, non è detto che viva senza preoccupazioni economiche. E il valore dell’immobile non sempre va a braccetto con una grande disponibilità di denaro liquido. Quando questi presunti super ricchi scopriranno di dovere tirare fuori 10 o 15 mila euro l’anno per la nuova patrimoniale le grida si sentiranno fino al cielo, i prezzi degli immobili scenderanno ancora e un contraccolpo potrebbe farsi sentire anche sui consumi. Non sarà una passeggiata, insomma, neppure a livello di economia generale.
Quelle cifre non sono citate a caso. Si ricavano dall’ipotesi di riorganizzazione dell’Imu sulla prima casa, per ora a livello di bozza, elaborata dal Partito democratico di Pier Luigi Bersani. A lavorarci è soprattutto il responsabile economico del partito, già collaboratore dell’ex ministro delle Finanze Vincenzo Visco, Stefano Fassina, che ha appena fatto il pieno di voti alle primarie del Lazio. Primo punto da chiarire: quand’è che un patrimonio, in questo caso immobiliare, è da considerarsi grande? «La nostra proposta» spiega Fassina a Panorama «prevede una tassazione progressiva, la cui soglia di partenza è fissata a 1,2 milioni di euro. Al di sopra di quel valore l’Imu attuale dovrà essere appesantita, introducendo un’aliquota massima pari allo 0,7 per cento, che si innalzerà all’1 per cento sopra un valore di 1,5 milioni di euro». Il risultato è da 8.400 a 10.500 euro all’anno per una casa della prima fascia e da 15 mila in su per quelle di fascia superiore. Secondo la stima di Scenari immobiliari riportata nella pagina qui a fianco, oltre 2 milioni di abitazioni si troverebbero a pagare la nuova Imu maggiorata.
Fassina assicura che questo farebbe recuperare interamente i 2 miliardi e mezzo di gettito necessari ad abolire del tutto l’Imu sulle prime case di valore inferiore a 1,2 milioni di euro, e a ridurla parzialmente anche sugli immobili strumentali delle micro imprese. Il progetto è ancora troppo approssimativo per consentire una verifica puntuale e, anzi, alimenta qualche perplessità sul risultato. In ogni caso l’economista ci tiene a precisare che questa è solo la proposta del Pd. «Ora che abbiamo finito con le primarie» prosegue «ci prepariamo a discuterla con i nostri alleati». È dunque logico chiedersi se nell’inevitabile trattativa con Nichi Vendola l’intervento sarà inasprito, abbassando la soglia di applicazione, elevando l’aliquota del prelievo, o tutte e due le cose insieme.
Nel frattempo, per farsi un’idea del tipo di contribuente che incapperebbe nella tagliola così com’è stata disegnata finora, basta dare un’occhiata allo studio dell’Agenzia del territorio sull’andamento del patrimonio immobiliare italiano nel corso del 2012. In una delle cartine pubblicate qui a fianco, vengono mostrate in viola scuro le zone del centro storico di Roma in cui le quotazioni superano i 10 mila euro al metro quadrato. Il che significa che una abitazione di 120 metri quadrati in zone di gran pregio come Campo Marzio, via Giulia o i dintorni di piazza Navona raggiunge sicuramente la soglia di 1,2 milioni di valore e con buona probabilità anche quella di 1,5 milioni. Stesso discorso per case meno centrali, ma con la richiestissima terrazza. Questo se la nuova tassa viene calibrata sui reali valori di mercato, cosa che presuppone una riforma del catasto, effettivamente auspicata dal Pd ma difficilmente realizzabile in tempi brevi. Diversamente, si farà riferimento ai moltiplicatori catastali (aumentati del 60 per cento rispetto a quelli della vecchia Ici) già utilizzati dal governo per l’applicazione dell’Imu lo scorso anno.
Sulla medesima strada si è incamminato anche Mario Monti, che nella sua famosa Agenda ha messo nero su bianco l’intenzione di «ridurre il prelievo fiscale complessivo… anche trasferendo il carico corrispondente sui grandi patrimoni». Il suo approccio è per ora all’insegna della massima genericità, ma ha fatto ugualmente drizzare le antenne a economisti di scuola liberale come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, con immediata richiesta di chiarimenti via editoriale sul Corriere della sera. Qualche malumore quella frase lo ha creato anche nell’area politica che si sta raccogliendo intorno all’Agenda. «Per fortuna gli estensori del testo» osserva Enrico Zanetti, responsabile dei temi fiscali per l’associazione che fa riferimento a Luca di Montezemolo Italia Futura «hanno inserito l’avverbio “anche” prima del riferimento ai grandi patrimoni, lasciando intendere che questa non è l’unica e neppure la prima cosa da fare. Ma sarebbe stato opportuno un riferimento esplicito alla riduzione della spesa pubblica, che resta la strada maestra per diminuire la pressione fiscale».
Nonostante queste richieste di chiarimento, il professore ha evitato accuratamente finora formulazioni più precise (non specificando neppure se nel mirino siano solo i grandi patrimoni immobiliari oppure l’insieme delle risorse finanziarie di un contribuente). Questo è al momento uno dei punti di più netta divergenza della sua agenda da quella di Silvio Berlusconi. Che non solo non ha in programma alcun tipo di patrimoniale, ma promette addirittura di eliminare l’Imu su tutte le prime case, indipendentemente dal loro valore, grazie alla copertura (indicata anch’essa al momento in modo generico) derivante da una maggiore imposizione su giochi, alcolici e tabacchi.
Per quanto grandi siano sulla carta i patrimoni da colpire, insomma, è diffusa l’idea che una nuova tassa sulla casa rischi di aprire un vaso di Pandora da cui nessuno sa davvero che cosa può venire fuori. Niente di buono secondo la Confedilizia, che nei giorni di Capodanno ha prefigurato un bilancio letteralmente spaventoso del mercato nel 2012. Il calo delle compravendite sarebbe stato di quasi il 30 per cento (ossia circa 250 mila in meno) rispetto alle 816 mila dell’anno precedente, che già era il punto più basso di una parabola discendente iniziata quattro anni fa. Se il calcolo si rivelerà corretto avremo un numero di transazioni immobiliari quasi dimezzato rispetto al milione e 55 mila del 2007. Il tutto con un forte peggioramento nella seconda parte dell’anno, causato fondamentalmente dagli interventi di natura fiscale. Il 2013 sarà l’anno del bis?