Carlo Puca, Panorama 3/1/2013, 3 gennaio 2013
RE GIORGIO HA UN EREDE AMATO
La salita in politica vale la discesa dal Colle. Candidandosi come premier, Mario Monti ha perso il ruolo di favorito nella corsa a presidente della Repubblica. Quando nel maggio 2013 scadrà il mandato di Giorgio Napolitano, sarà infatti altamente improbabile che il Professore possa ambire al Quirinale. Lo dicono i numeri: tra Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola, Silvio Berlusconi, Beppe Grillo, leghisti e comunisti vari, sono troppi i nemici, vecchi e nuovi, del premier uscente. Chi sono allora i papabili alla successione di «Re Giorgio»?
Per il centrosinistra già scaldano i motori Franco Marini, Rosy Bindi, Anna Finocchiaro. Le loro possibilità sono pari allo zero ma puntano comunque al Colle. Massimo D’Alema, dopo averlo sfiorato nel 2006, si è invece tirato fuori dalla competizione, in pubblico e in privato. Così pure Walter Veltroni. Entrambi, naturalmente, non disdegnerebbero la nomina, ma puntano piuttosto a ruoli internazionali, il primo in Europa, il secondo in Africa.
A questo punto, il nome più spendibile è quello di Romano Prodi, che spera di far convergere su di sé cattolici, socialisti e comunisti. Molto dipenderà, però, dall’esito delle elezioni politiche di febbraio. Prodi potrà giocarsela solo se il centrosinistra dovesse vincere largamente: nell’altro campo politico sono arrabbiati e ostili.
Accreditata di qualche chance bipartisan è Emma Bonino, ma contro di lei rema il suo laicismo spinto. Peraltro, dopo i 7 anni di un presidente postcomunista, a questo giro dovrebbe prevalere un personaggio almeno mediaticamente vicino al Vaticano. A tale proposito, per il «centro-centro» il candidato praticamente unico è Pier Ferdinando Casini, che però non ha estimatori né nella sinistra-sinistra né nel centrodestra. Che, al momento, fatica a proporre un personaggio di «area». Silvio Berlusconi, che pure aveva accarezzato il sogno del Colle, è consapevole che questo giro non gli è congeniale. Gli è tuttavia gradito il nome più sponsorizzato dagli «ambienti del Quirinale» (un’espressione giornalistica che indica i voleri di Napolitano ma senza esporlo a critiche e accuse).
Si tratta di Giuliano Amato, stimato da leader e mercati internazionali (nel 1992 fu lui a gestire, da premier, la prima stagione italiana di «rigore economico»), può contare sul sostegno del Pd (seppure con molti mali di pancia) ed è fuori dalla politica attiva già dal giugno 2008 (visti i tempi «nuovisti», una scelta che fa curriculum). Lui è un laico, certo. Ma davanti ai vescovi ripete sempre «è straordinario essere parte di una religione dove l’amore per l’altro è il fondamento di ogni azione». L’ultima volta correva il 13 dicembre 2012: era iniziata la sua personalissima campagna elettorale. Per il Colle, va da sé.
(Carlo Puca)