Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 4/1/2013, 4 gennaio 2013
GOLDMAN, LA GRANDE FUGA DALLE SUPERTASSE
Nel novembre scorso il signor Lloyd Blankfein, amministratore delegato del gruppo finanziario Goldman Sachs, scrisse un articolo per il Wall Street Journal che cominciava così: «Io credo che l’aumento delle tasse, specie per i più ricchi, sia una misura appropriata, ma solo se unita a seri tagli sulla spesa discrezionale e sui capitoli del welfare».
Poche ore prima della notte di San Silvestro, Blankfein cambiava idea. Può succedere, specie se il consiglio di amministrazione ti consegna un foglietto con due cifre: 66.065 azioni per un valore di 8,4 milioni di dollari. D’accordo, tutti i top manager americani, se le cose vanno bene, sono premiati con i bonus, titoli della loro società trattati in Borsa. Il 2012, su questo non ci sono discussioni, è stato un bell’anno per Goldman Sachs: in dodici mesi la quotazione a Wall Street è salita del 40%. Di solito, però, la cerimonia delle gratifiche avviene a gennaio. L’anno scorso, per esempio, nel primo mese dell’anno lo stesso Blankfein ottenne 16,2 milioni di dollari. Perché tanta fretta questa volta? La risposta è semplice: Fiscal cliff. Nella settimana tra Natale e Capodanno, i parlamentari americani e la Casa Bianca hanno dato vita a un confuso e drammatico negoziato per evitare che il Paese cadesse nel «baratro fiscale», il fiscal cliff appunto. Il primo gennaio la Camera dei rappresentanti ha approvato il provvedimento finale che cancella, tra l’altro, l’aumento delle tasse per il 99% dei contribuenti. Pericolo scampato, dunque, per la stragrande maggioranza degli americani, precisamente per tutti coloro che guadagnano fino a 400 mila dollari all’anno (per i single) o 450 mila per le famiglie. Ma i top manager, spiace dirlo, non sono coperti. Per loro che fanno parte dell’1% degli americani più ricchi scatterà, anzi, l’aumento dell’aliquota, dal 35% al 39,6%. Inoltre il pacchetto contiene una misura che darà dispiacere agli investitori, questa volta sia grandi che piccoli: da quest’anno l’aliquota del prelievo sui dividendi salirà dal 15% al 20%.
Per i cervelloni finanziari di Goldman Sachs il calcolo è stato semplice. Non appena hanno visto democratici e repubblicani accapigliarsi, con il presidente Barack Obama sempre più nervoso, quando hanno capito che il risultato fiscale sarebbe stato imprevedibile, allora si sono decisi a muoversi in anticipo. Nella finanza, del resto, la variante tempo è decisiva. Così la società newyorkese ha distribuito 65 milioni di dollari in premi, giusto poche ore prima che i fuochi d’artificio di Times Square salutassero l’arrivo del 2013. Oltre a Blankfein sono stati beneficiati nove super dirigenti. Gary Cohn, il direttore generale, e David Viniar, il direttore finanziario, hanno ricevuto gli stessi 8,4 milioni in azioni passate al boss.
A proposito, mercoledì 2 gennaio, il giorno dopo che i deputati della Camera dei rappresentanti avevano dato il via libera definitivo al «bill», il signor Blankfein, messi al riparo il bonus 2013 da sorprese sgradevoli, si è sciolto su Twitter: «Questo accordo è un passo in avanti per alimentare la crescita e la fiducia degli investitori nell’economia americana».