Giuseppe Scaraffia, Sette 4/1/2013, 4 gennaio 2013
JOHN KENNEDY AL POTERE, PICASSO SI SPOSA A 80 ANNI E LA BARDOT DIVENTA MITO
JOHN KENNEDY AL POTERE, PICASSO SI SPOSA A 80 ANNI E LA BARDOT DIVENTA MITO [Era l’anno di Gagarin nello spazio e di Colazione da Tiffany, del Muro di Berlino e del primo intervento Usa in Vietnam: aria da guerra fredda, ma anche vento nuovo dei Sixties interpretato magicamente dalla Maison] –
Quando appare Calèche, niente è più lontano dal traffico di Parigi dell’agile veicolo, prediletto dai dandies dell’Ottocento. Niente di più adatto quindi a Ermes, il dio dei viaggiatori, ma anche a una griffe che, in un’epoca mai sazia di futuro, non intende rinunciare a un aristocratico passato, garante della sua squisitezza.
Il mondo evocato dalla Maison Hermès è quello scomparso dei castelli e delle grandi battute di caccia. Ma nel 1961 persino un intelligente snob come Evelyn Waugh dichiara: «La caccia alla volpe non mi interessa più. Ho l’impressione che per lo più i cani la amino molto e io detesto i cani».
Se la morbida forma del flacone evoca quella delle lanterne per carrozza che illuminavano gli amori delle eroine romantiche, il giallo dorato del contenuto è lo stesso del sole e della sabbia di Sur la Plage di Pablo Picasso. Vétiver e iris, mughetto e gelsomino, muschio e bergamotto. «Ricco e fresco», «giovane e vigoroso», Calèche è perfetto per misurarsi con i profumi rivali, da Diorissimo a Madame Rochas o Cabochard. Come un perfetto corteggiatore, l’aroma di Calèche deve essere «tenace senza essere insistente», ma soprattutto racé, una parola unica, che si banalizzerebbe se la traducessimo «di classe».
Per lanciarlo, nelle vetrine della celebre sede di Hermès, al 24, Faubourg-Saint-Honoré, vengono schierate delle sfingi dalle lunghe ali, emblema, nella loro natura metà umana e metà animale, di una donna naturale e raffinata, una seducente, irresistibile contraddizione. Guardando quel celebre negozio, Jean Cocteau rimane impressionato da un lussuoso fischietto di Hermès fatto in modo che solo i cani possano sentirlo. La poesia, spiega Cocteau, è come quel sublime fischietto, una vibrazione della sensibilità percepibile solo da alcuni lettori e per sempre preclusa ad altri.
Vertigine dei mutamenti. Il 1961 è un anno fervido di avvenimenti e di speranze. La modernità scalza con garbo i valori di un tempo. In Il treno Georges Simenon svela la vertigine dei mutamenti: «Non c’erano più regole, punti di riferimento. Nessuno era in grado di dire che cosa sarebbe diventato prezioso».
Ma Coco Chanel resiste saldamente sulla breccia. Nella foto dell’elegantissimo Cecil Beaton, gli anni che a lungo è riuscita a ignorare l’hanno visibilmente raggiunta. La larga bocca ha una piega amara, ma gli occhi hanno mantenuto tutta la loro ostinazione.
In marzo Picasso si sposa in gran segreto. «Avevo giurato di sposarmi senza giornalisti tra i piedi! È fatta! Ho vinto!». Ma la vera vincitrice è Jacqueline Roque, una bruna bellezza mediterranea che faceva la commessa. Pablo si diverte a umiliarla pubblicamente. Lei lo chiama con reverenza «monsignore» e gli bacia la mano.
Alla Fenice, Salvador Dalí sale personalmente sul palcoscenico della sua opera, La Dame espagnole et le cavalier Romain, messa in scena da un oscuro debuttante, Maurice Béjart. Al termine dello spettacolo, la celebre Ludmilla Tchérina si produce nel balletto intitolato Gala, in omaggio alla moglie dell’artista. Dalí sembra soddisfatto, anche se ha dovuto sostituire con una copia di cartapesta il quarto di bue che sovrastava i cantanti, disturbati dall’odore della carcassa e dalle gocce di sangue.
In aprile, un missile russo a tre stadi mette in orbita una capsula spaziale. Dentro per la prima volta non ci sono un cagnolino o un manichino, ma il maggiore Jurij Gagarin. È il primo uomo a salire nello spazio. Mentre una telecamera manda a terra il panorama celeste, Gagarin comunica con la base usando l’alfabeto Morse. Sulla via del ritorno, dopo alcune difficoltà tecniche, il cosmonauta riesce a lanciarsi col paracadute a settemila metri da terra. A quel ventisettenne dal volto sorridente, subito proclamato eroe dell’Unione Sovietica, vengono tributati i massimi onori nazionali.
Nello stesso mese, François Truffaut inizia a girare Jules e Jim. L’eroina, divisa tra i due amici, è Jeanne Moreau, delicato personaggio di femme fatale, che quell’anno recita anche in La notte di Michelangelo Antonioni, un film che mette a contrasto l’euforia della Milano del benessere con il disagio esistenziale della protagonista, da lei impersonata.
Collezione di borse Kelly. Georges Simenon chiede ad Arnoldo Mondadori di trovargli una cameriera per la moglie Denyse, grande collezionista di Kelly di Hermès. La prescelta, Teresa Sburelin, una giovane friulana, ha un viso aperto, gli occhi e i capelli chiari. Diventerà l’ultima compagna del grande scrittore francese. «Ho subito intuito che quell’estranea avrebbe avuto un ruolo importante nella mia vita», raccontò. Infatti sarà la sua ultima compagna: quella, sostenne, che aspettava da una vita.
In maggio, John e Jacqueline Kennedy, in visita nella capitale francese, vengono osannati come una coppia regale da migliaia di parigini. Mentre le trattative tra de Gaulle e il più giovane presidente della storia americana procedono faticosamente, la first lady, grande collezionista di Kelly di Hermès, incanta il ministro della Cultura, André Malraux, strappandogli la promessa di mandare la Gioconda negli Stati Uniti. Scherzando sul sorprendente successo personale dell’incantevole moglie, Kennedy dichiara: «Io sono quello che accompagna Jackie».
Dopo il vernissage delle sue ultime opere alla galleria Maeght, lo scultore Alberto Giacometti, pieno di rughe e di onori che non ha mai cercato, confessa: «Non ho niente da chiedere, se non di continuare disperatamente».
Alla fine dell’estate, L’anno scorso a Marienbad di Alain Resnais, sceneggiato da un protagonista del Nouveau Roman, Alain Robbe-Grillet, ottiene il Leone d’Oro al Festival di Venezia. Gli spettatori, provati dal ritmo lento, barocco ed enigmatico della pellicola, notano soprattutto il gioco dei fiammiferi, in cui i partecipanti devono togliere un fiammifero a volta da varie file di cerini, lasciando l’ultimo al perdente. Pochi capiscono che si tratta di un ironico manifesto dell’austera estetica del film, ma il passatempo, subito ribattezzato il Gioco di Marienbad, si diffonde rapidamente.
In ottobre esce Colazione da Tiffany dal romanzo di Truman Capote, per la regia di Blake Edwards. La protagonista, la squisita Audrey Hepburn, cliente di Hermès, dice: «L’eleganza è la sola bellezza che non sfiorisce mai». Novembre. Per Capote, grande estimatore di Hermès, Venezia è come mangiare tutta in una volta un’intera scatola di cioccolatini al liquore.
In dicembre, Yves Saint-Laurent e Pierre Bergé lanciano audacemente una nuova griffe battezzata col nome del giovane stilista. Nessun vertiginoso décolleté per l’emblema della libertà sessuale, Brigitte Bardot, che il 31 dicembre augura modestamente buon anno ai telespettatori. Ma nell’aria c’è ancora l’eco della canzone su B.B. con cui Dario Moreno ha spopolato: «Brigitte Bardot Bardot / Brigitte béjo béjo / Credo di amarti come il cioccolato».