Massimo Gaggi, Sette 4/1/2013, 4 gennaio 2013
LA DURA VITA DEL BANCHIERE
[Dopo la crisi questo ruolo è diventato sempre più problematico e ricco di insidie] –
NEW YORK
I banchieri, un tempo invidiati e modelli da imitare per tutti i ragazzi che puntavano a una carriera in finanza, stanno diventando una razza dannata, almeno in America. Premiati fino a qualche anno fa con enormi bonus, anche di decine di milioni di dollari, i capi delle istituzioni finanziarie di Wall Street e dintorni – quelli sopravvissuti alla crisi del 2008 – non sono stati quasi mai perseguiti sul piano legale per i dissesti dei quali si sono resi quantomeno complici. Non solo: spesso sono riusciti a salvare le loro gratifiche, almeno fino all’anno scorso, mentre la riforma Dodd-Frank varata dal Congresso per rimetterli al guinzaglio è stata giudicata dai più uno strumento debole, che non ha i denti per mordere. Sopravvissuti alla rabbia di Obama e degli investitori, alle paure dei depositanti e alle indagini dei magistrati, i banchieri non devono più preoccuparsi nemmeno di “Occupy Wall Street”: un movimento che, dopo le veementi proteste di un anno fa con tanto di assedio alle abitazioni private dei nomi più celebri della finanza, è letteralmente svanito nel nulla. Eppure, anche se le “business school” delle università più celebri continuano a sfornare laureati che sperano di intraprendere carriere finanziarie assai ben retribuite, il mestiere del banchiere sta diventando sempre meno attraente e più problematico. La Federal Reserve (nella foto, la sede) continua amorevolmente ad aiutare la categoria fornendo liquidità quasi illimitata e acquistando titoli “tossici” delle banche, ma gli ex “signori dell’universo”, come erano chiamati i Blankfein di Goldman Sachs o i Dimon di JP Morgan Chase, una volta scesi dal piedistallo, faticano a individuare un nuovo modello operativo.
La riforma, per quanto blanda, ha ridotto i loro spazi per speculare sulla compravendita di titoli mentre col denaro a costo (quasi) zero l’attività creditizia tradizionale è diventata assai poco remunerativa quando non addirittura impossibile: le aziende industriali migliori, infatti, riescono a raccogliere denaro direttamente sul mercato a tassi inferiori rispetto a quelli spuntati dalle stesse banche. Con i profitti di un tempo che stanno diventando un miraggio, costretti a passare da un taglio di personale all’altro, i banchieri hanno perso ogni residuo alone glorioso da “signori del denaro”: ormai sono costretti a fare il bilancio con le commissioni incassate dai clienti e con il tentativo di vender loro sempre nuovi servizi.
E le grandi istituzioni finanziarie che hanno patteggiato anche negli Usa per reati che vanno dal riciclaggio di denaro sporco alla manipolazione dei tassi come il Libor – a partire dalle britanniche HSBC e Barclays – hanno finito per gettare un’ombra di sospetto su un intero settore. «Too big to fail, too big to jail»: banche troppo grosse per fallire, ma anche per riuscire a incarcerare gli uomini al vertice.
WASHINGTON
Bimbi a rischio se la tata o il genitore usa lo smartphone
Bimbi che rischiano di annegare nella piscina nella quale sono caduti o vittime di gravi incidenti nei parchi giochi: magari caduti dall’albero sul quale si erano avventurosamente arrampicati. Mentre madri, padri o “baby-sitter”, tutti intenti a scambiare messaggi coi telefonini, perdono per pochi, cruciali minuti il controllo della situazione. Negli Usa le statistiche sugli incidenti di cui sono vittime bambini in tenera età (+31%) indicano un deciso peggioramento della situazione dopo decenni nei quali questa piaga sembrava pressoché debellata. Nessuno ha studiato a fondo le cause, ma gli indizi analizzati fanno ritenere che l’improvviso peggioramento dipenda dalla disattenzione di sorveglianti poco addestrati al “multitasking”: persone che si abbandonano al “texiting” finendo per dimenticare anche per diversi minuti di tener d’occhio i ragazzini loro affidati. L’aumento degli incidenti, a partire dal 2007, coincide proprio con la diffusione delle tecnologie digitali su supporti mobili, dagli iPhone ai “tablet”. E gli studiosi di scienze cognitive come Ira Hyman, docente della Western Washington University, avvertono che il “texting” distrae molto di più dell’ascolto della radio o di una conversazione telefonica.