Claudio Gatti, ilSole24Ore 4/1/2013, 4 gennaio 2013
«RATING, TROPPI CONFLITTI D’INTERESSE»
Jules Kroll ama le sfide difficili. Con la sua «Kroll Associates» ha trasformato il business dell’investigazione privata. Da una piccola compagnia di detective vecchio stile ha infatti creato una multinazionale della sicurezza, protezione informatica, indagine legale e controspionaggio finanziario, con più di 3.700 dipendenti e filiali in oltre 25 nazioni. Nel 2004 l’ha poi venduta al gigante assicurativo Marsh & McLennan. Per 1,9 miliardi di dollari.
A 63 anni, e con un un bel gruzzolo in banca, Kroll si sarebbe potuto godere il resto della vita tra le spiagge dei Caraibi e i resort sciistici del Colorado. Invece, nel 2009, fondando la Kroll Bond Rating Agency, ha fatto quello che tutti ritenevano necessario ma nessuno aveva il coraggio di fare: ha creato un’alternativa alle agenzie di rating. Non tutto è andato come sperava., ma Kroll è riuscito comunque ad affermarsi come il più agguerito concorrente dei Big 3, Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch Ratings. Nel settore delle obbligazioni derivate da mutui immobiliari, le cosiddette Commercial Mortgage Backed Securities o Cmbs, la sua Kroll Bond Rating è ora addirittura terza, dopo Moody’s e Fitch.
Da investitore, non da concorrente, lei si fida dei rating dei Big 3?
A mio giudizio ciò che conta non è tanto il rating complessivo, quanto la procedura con la quale ci si arriva e il grado di vigilanza che si mantiene su un prodotto che ha una vita di svariati anni. Il settore che più mi insospettisce e preoccupa è quello dei prodotti strutturati. Che poi è proprio quello nel quale le agenzie di rating hanno contribuito a far scoppiare la crisi.
Sta dicendo che non è cambiato niente?
No. Alcune cose sono cambiate. Grazie alla Dodd-Frank. Prima tra tutte la trasparenza. La norma 17G fa sì che tutte le agenzie di rating abbiano modo di venire a conoscenza di ogni singola proposta che arriva sul mercato. Quindi non ci sono più valutazioni fatte in segreto, come prima.
Ma non basta?
Aiuta, ma non basta. Perchè i conflitti di interessi rimangono forti. Questo è uno strano business: il fruitore finale del rating è l’investitore ma il sistema è organizzato in modo tale per cui a pagare quel rating è l’emittente stessa. Quindi il referente delle agenzie diventa l’emittente e non l’investitore.
Lei ha provato a introdurre un metodo diverso, ma invano.
Per un anno ho cercato di riformare il sistema facendo passare l’idea che a pagare dovessero essere gli investitori. Ma non ci sono riuscito.
Come mai?
Per un motivo molto semplice: gli investitori sono sempre stati abituati ad avere i rating gratis e non si sono dimostrati disposti a cambiare neppure dopo il crack. Dopo un anno ho capito che non avevo scelta e ho deciso di provare a "gestire" il potenziale conflitto di interessi creando un’agenzia che non si prostituisse.
C’è chi lo fa?
Lo sta facendo Standard & Poor’s nelle valutazioni di Cmbs. La qualita’ dei suoi criteri di valutazione è a mio giudizio talmente carente da incoraggiare possibili scenari non dissimili da quelli che hanno portato la crisi.
Si riferisce ai criteri usati da S&P nel valutare le recenti Cmbs di NorthStar e JP Morgan?
Mi riferisco ai criteri che applicano a tutte le emissioni strutturate. Quei criteri sono P-E-R-I-C-O-L-O-S-I.
Addirittura!
Non sono solo io a pensarlo. Lo pensano le stesse Moody’s e Fitch, lo pensa la stampa specializzata e lo pensano gli investitori. S&P sta introducendo nuovamente criteri troppo laschi. Tutto il settore se ne è accorto. Sperano di conquistare clienti con criteri che permettono rating più… benigni.
Può definire meglio i criteri ai quali si riferisce?
Parlo di requisiti di capitalizzazione troppo bassi e di valutazione del rischio di futuri default troppo poco rigorosa.
In Italia, una procura ha chiesto il rinvio a giudizio per cinque funzionari di Standard & Poor’s (e due di Fitch) impegnati nella valutazione del debito sovrano italiano, lei che ne pensa?
Non conosco i dettagli del caso e quindi preferisco non fare commenti. Ma per quel che riguarda il debito sovrano, è mia assoluta convinzione che le agenzie di rating non abbiano le capacita’ e/o gli strumenti per fare un lavoro adeguato. I loro staff sono troppo modesti e non sono in grado di fare analisi serie e competenti sull’economia e le finanze di un intero Paese. A mio giudizio l’intero settore del debito sovrano richiederebbe un approfondito riesame delle capacita’ e delle qualifiche di chi può e deve valutarlo. Non conosco la questione italiana, ma ho vissuto da vicino il downgrade degli Usa.
E che ne ha pensato?
Che è stata una decisione irresponsabile e di natura politica. Queste agenzie non sono in grado di fare quel tipo di analisi. Eppure il loro potere – come l’impatto delle loro decisioni – rimane ancora enorme. Molto maggiore di quello che dovrebbe essere.