Stefano Livadiotti, l’Espresso 4/1/2013, 4 gennaio 2013
FUGA DAI CONSUMI
Meno uno per cento. A prima vista potrebbe sembrare un’inezia. Quasi un capriccio statistico. E invece si tratta di un dato storico: per la prima volta dagli anni Settanta il 2012 fa segnare un calo nelle vendite di prodotti di largo consumo. Neanche il Natale è dunque riuscito a invertire una tendenza che è andata rafforzandosi in tutti gli ultimi mesi. Anzi, ha addirittura rischiato di peggiorare il risultato finale. Alle prese con il pagamento dell’Imu, che ha falcidiato le tredicesime, i consumatori hanno infatti tirato la cinghia pure alla vigilia delle feste. La seconda settimana di dicembre si è chiusa con una diminuzione degli acquisti dell’ordine del 4 per cento. E il recupero che ha consentito di limitare i danni è arrivato solo in zona Cesarini, nei sette giorni che hanno preceduto il 24 dicembre, quando gli italiani sono tornati a mettere mano al portafogli, facendo aumentare il volume degli scontrini del 4 per cento.
I dati raccolti dalla Nielsen per la Coop, il colosso della distribuzione della Lega (1.468 punti vendita con un giro d’affari di oltre 13 miliardi, pari al 18 per cento del mercato nazionale al dettaglio) sono quelli di una vera e propria gelata. Dalla quale, e non è certo un caso, si sono salvati solo i discount, capaci di una performance del 4,5. Per il resto è profondo rosso, con i supermercati che hanno lasciato sul campo oltre un punto e mezzo. Il risultato finale è che il carrello nazionale della spesa ha cambiato radicalmente aspetto. E, soprattutto, dimensione. Una rielaborazione dei dati Istat realizzata dagli analisti del Ref Ricerche sempre per conto di Coop permette di stabilire che, nella media, la spesa di una famiglia ha fatto un passo indietro di oltre quindici anni, tornando ai livelli del 1996 (vedere la tabella a destra).
Nel quartier generale delle Coop non tira aria di sorpresa. Non più di tanto, almeno. Sapevano da tempo che sarebbe stato il Natale peggiore degli ultimi decenni. I risultati di un sondaggio realizzato dalla Direzione marketing information di Coop Italia sui consumi delle festività parlavano molto chiaro. E dicevano che il saldo tra chi avrebbe comprato più prodotti alimentari e chi meno, già negativo nei precedenti tre anni, sarebbe peggiorato del 29 per cento. Che la percentuale di chi, per risparmiare, avrebbe fatto in casa sia il pranzo di Natale che il cenone di fine anno sarebbe cresciuta ulteriormente, passando dal 68 del 2011 fino a quota 71 (era al 62 nel 2008). E ancora: che poco meno della metà degli italiani (il 48 per cento) avrebbe ridotto, rispetto a dodici mesi prima, le spedizioni nei negozi a caccia di regali da piazzare sotto il tradizionale albero.
Se il Natale è andato così, i prossimi due anni non promettono granché di meglio. «L’incertezza è massima e i timori sul futuro sono decisamente aumentati», si legge in un aggiornamento del Rapporto Coop 2012 sui consumi che "l’Espresso" è in grado di anticipare. Il combinato disposto delle manovre di correzione dei conti pubblici, del restringimento della platea degli occupati e della riduzione del potere d’acquisto dei salari costringerà gli italiani a mantenere un profilo molto basso. «Le prospettive negative per il reddito disponibile si rifletteranno sulla spesa sostenuta dalle famiglie, venendo meno l’effetto mitigante dato dal cuscinetto del risparmio osservato nel corso degli ultimi anni». Secondo i ricercatori, nel triennio 2012-2014 la spesa si ridurrà in media dell’1,3 per cento l’anno.«Solo nel 2014 ci si può attendere un timido miglioramento, o per lo meno una stabilizzazione dei livelli di consumo». Ecco, settore per settore, cosa prevedono gli esperti.
GRAPPA BYE BYE . I generi alimentari, che ancora nel 1971 rappresentavano il 30,1 per cento del totale dei consumi e che quarant’anni dopo, complice l’invecchiamento della popolazione, sono scesi al 13,3 per cento, non riguadagneranno terreno. Anzi: quest’anno scenderanno ancora i consumi di carne (meno 1,9 per cento), pesce (meno 1,3) e frutta (meno 1,2). Una vera e propria débâcle è in vista per produttori e distributori di bevande alcoliche, che crolleranno del 4,7 per cento nel 2013 e andranno incontro a un’ulteriore flessione nei dodici mesi successivi (meno 3,6).
IL GUARDAROBA PUÒ ATTENDERE. In tempi di vacche magre il cappotto vecchio non si butta. E lo stesso vale per le scarpe: un salto dal ciabattino e si fa finta siano tornate come nuove. La spesa per abbigliamento a calzature, rimasta al palo nel triennio 2006-2008, e scesa dell’1,2 in quello successivo, continuerà ad andare in retromarcia: dopo la batosta del 2012 (meno 6,3 per cento) sono previsti ulteriori cali del 2,6 per cento nel 2013 e dell’1,1 nel 2014.
NO ALL’AUTO, SÌ AL TELEFONO. Il capitolo trasporti e comunicazioni, che vale da solo circa un ottavo del monte-consumi nazionali, continuerà a soffrire per la crisi dell’auto, che pure sembra destinata ad attenuarsi. Dopo un catastrofico 2012 (meno 27,4 per cento) la spesa per l’acquisto di mezzi di trasporto subirà un’ ulteriore flessione nel 2013 (meno 13,4), per poi assestarsi nel 2014 (meno 0,2). Dopo la pausa di riflessione del 2012 (più uno per cento) riprenderà invece la corsa all’acquisto di telefonini e gadget vari: più 4,2 nel 2013 e più 6 per cento tondo nei dodici mesi successivi.
LA VACANZA È RINVIATA. Nel settore del tempo libero, l’industria turistica continua a soffrire, ma inizia se non altro a vedere la fine del tunnel: i pacchetti tutto compreso, colati a picco nel 2012 (meno 10,4 per cento), limiteranno un po’ i danni nel 2013 (meno 6,9) e ancora di più l’anno successivo, che chiuderanno a quota meno 3,7 per cento. Alberghi e ristoranti, alle prese nel 2012 con una contrazione degli ospiti dell’ordine del 4 per cento, galleggeranno nel 2013 (meno 0,1), per tornare a crescere, sia pure di pochi decimali (più 0,7), l’anno prossimo. Ancora buio fitto, invece, per la carta stampata. I libri lasceranno sul campo il 4,5 per cento nel 2013 e il 3,1 nel 2014. I giornali, dopo un 2012 da dimenticare (meno 8,8 per cento), continueranno con il passso del gambero: meno 4,8 quest’anno e meno 2,9 il prossimo.