Mario Magarò, l’Espresso 4/1/2013, 4 gennaio 2013
LA MAFIA DEL LEGNO
Il legno come la cocaina o i diamanti. Uno studio del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente ha svelato come il disboscamento illegale delle foreste rappresenti la nuova frontiera del crimine internazionale. Che gestisce tra il 10 e il 30 per cento del commercio mondiale legato all’estrazione del legno, per un giro d’affari tra i 30 ed i 100 miliardi di dollari l’anno. Dall’Amazzonia fino all’Indonesia e alla Malesia, passando per la Repubblica democratica del Congo: sono principalmente i boschi tropicali a soffrire l’abbattimento illegale degli alberi, essendo ricchi di legni pregiati come il mogano, il teak o il palissandro. Secondo la Banca mondiale circa il 90 per cento del legname esportato dai paesi tropicali è di origine illegale. Ai tradizionali bacini importatori, quali Stati Uniti, Europa e Giappone, si è aggiunta nell’ultimo decennio la Cina: nel primo semestre del 2011 ha importato 20,75 milioni di metri cubici di legno non lavorato per 3.918,7 milioni di dollari. Si stima che questi mercati assorbano più dell’80 per cento della domanda illegale di legno, che viene impiegato nella costruzione di mobili, arredi per la casa o in settori di nicchia come la fabbricazione di strumenti musicali.
PERÙ La foresta tropicale peruviana è la quarta al mondo per estensione, pari a 68 milioni di ettari. Da quando, nel 2001, il Brasile ha proibito l’esportazione del mogano, "l’oro rosso", il Perù si è convertito nel primo fornitore mondiale di questo legname. Un’indagine dell’Environmental Investigation Agency ha fatto luce sui meccanismi delle concessioni per l’estrazione del mogano e del cedro (pure molto ricercato). Un apparato corrotto e clientelare gestito dai "baroni" del legno, il ristretto gruppo di imprese peruviane che lo esportano sui mercati internazionali, con la complicità delle istituzioni. L’assegnazione delle concessioni (variano dai 5 ai 40 mila ettari) avviene tramite concorso pubblico; ogni concessionario deve poi presentare un "plan operativo anual" (indica la quantità e le coordinate degli alberi da abbattere) che gli uomini dell’Istituto Nazionale delle Risorse Naturali dovranno autorizzare in seguito a verifiche sul campo. La maggior parte dei casi di corruzione avviene in questi frangenti, prima del taglio e del trasporto del legno nelle segherie che ne rende irriconoscibile la provenienza. Si autorizzano piani operativi fasulli, che non indicano le reali zone di estrazione del legname, come, ad esempio, i parchi nazionali Alto Purús e Manu. La Maderera Bozovich Sac, impresa leader nel settore, risulta implicata in 70 dei circa 112 appalti illeciti investigati dalla Eia. In un file di WikiLeaks del 26 aprile 2006, l’allora ambasciatore Usa in Perù, James Struble, dichiara che la gran parte del legno peruviano esportato negli Stati Uniti è di origine illegale. Insieme a Messico e Cina, gli Stati Uniti ricevono l’89 per cento del legname estratto dall’Amazzonia peruviana (il mogano viene esportato a 1.700 dollari al metro cubo). Nello stesso periodo, le autorità di Lima scoprirono che 92 delle 150 concessioni per l’esportazione del mogano erano illecite; queste ultime ammontavano all’85 per cento dei 17 mila metri cubi di mogano di cui era consentita l’esportazione durante quell’anno.
INDONESIA Negli ultimi 40 anni la provincia indonesiana del Kalimantan è stata una delle regioni più colpite, a livello mondiale, dal disboscamento illegale. Durante il governo di Suharto, presidente dell’Indonesia dal 1967 al 1998, il patrimonio forestale del Paese fu nazionalizzato e svenduto alle aziende legnifere; circa 7,2 milioni di ettari di foresta tropicale furono dati in concessione. In quegli anni si mise in moto un circolo vizioso di corruttele che si è protratto fino ai tempi più recenti. Dal 2004 al 2011, la Commissione anti-corruzione indonesiana ha indagato su una serie di scandali legati agli appalti per l’estrazione del legno che hanno coinvolto, tra gli altri, 43 parlamentari, 10 ministri e 20 sindaci. In media una tangente per una licenza di circa 1.766 ettari ammonta a 75 mila dollari. Un rapporto dell’Unesco nel 2007, denunciava operazioni di taglio illegale in 37 delle 41 aree naturali protette dell’Indonesia; tra i legni più richiesti sul mercato internazionale c’e il merbau, che viene importato in Cina per circa 4 mila dollari al metro cubo.
BACINO DEL CONGO La frontiera tra Uganda e Repubblica democratica del Congo è uno dei maggiori canali del commercio illegale del legno nel continente africano. Il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente rivela come l’esercito congolese, le Fardc, sia coinvolto nel trasporto illecito dell’acajou (e altre specie protette) verso la provincia di Arua, in Uganda; da qui il legname viene smistato verso i mercati internazionali. La Cina è il principale acquirente del legno estratto dal bacino del Congo (un giro d’affari da 380 milioni di dollari l’anno) con oltre 500 mila metri cubi esportati illegalmente dalla sola Repubblica democratica del Congo. Anche Ghana e Camerun sono al centro di traffici illeciti, come evidenzia uno studio di Chatham House del 2001: dei circa 3,7 milioni di metri cubi di legno estratti dalle foreste ghanesi, i due terzi risultano illegali; percentuale che, nel caso del Camerun, arriva al 50 per cento del totale.
CONSEGUENZE Il disboscamento illegale è una delle principali cause della deforestazione nel mondo. Quest’ultima contribuisce per il 17 per cento alle emissioni di biossido di carbonio nell’atmosfera; stando ai dati della Fao, tra il 2000 e il 2010, la perdita della superficie forestale mondiale è stata di 5,2 milioni di ettari l’anno, di cui 4 in Sud America. Tra il 1990 e il 2010 la regione sudamericana ha registrato una perdita netta di 88 milioni di ettari. Le foreste tropicali sono anche l’habitat naturale di alcune popolazioni tribali. L’ong Survival ha censito l’esistenza di 15 tribù di indiani nella foresta amazzonica peruviana la cui sopravvivenza (in primis quella dei Mashco-Piro) è minacciata dai taglialegna illegali. Ad essi si aggiungono le tribù stanziate nel versante brasiliano dell’Amazzonia, come i cacciatori nomadi Awá, costretti a continui spostamenti per incontrare dei lembi di foresta rimasti incontaminati.
Le fila del commercio illegale del legno sono mosse da organizzazioni criminali ben strutturate, travestite da società quotate in Borsa e con enormi capacità corruttive. Fino ad ora ha regnato l’impunità per i reati connessi con la distruzione delle foreste, soprattutto per la mancanza di un’adeguata legislazione a livello internazionale. I paesi occidentali, principali destinatari del commercio illecito, stanno però adottando rimedi in tal senso. L’Unione europea, ad esempio, ha approvato un regolamento, in vigore da marzo del 2013, che si applicherà al legno ed a tutti i prodotti da esso derivati, compresa la carta, vietando l’importazione per quelli di origine illegale.