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 2012  dicembre 31 Lunedì calendario

CONCORDIA, QUANTO COSTA!

La sfida è lanciata: recuperare e rimuovere l’intero scafo della Costa Concordia senza (quasi) lasciare tracce dell’incidente di quel tragico venerdì 13 gennaio 2012. Entro aprile lo scafo tornerà verticale e a giugno dovrebbe lasciare per sempre il Giglio. L’isola è un cantiere (in gran parte sommerso) già dallo scorso maggio, quando è arrivato il via libera per i lavori. Per decine di addetti della Titan Salvage, l’azienda leader mondiale dei recuperi marini con sedi in Florida, in Gran Bretagna e a Singapore, e della Micoperi di Ravenna, quel "procediamo" è stato il segnale per trasferirsi armi, bagagli e adrenalina al Giglio e preparare il terreno, anzi, il fondale, alla rimozione dello scafo.
"Parbuckling project" è il nome in codice dell’impresa, dove "parbuckling" indica il rotolamento controllato che si imponeva alle grandi botti da carico. È questo il passaggio più delicato del recupero, perché le 114 mila tonnellate della nave verranno fatte rotolare con una manovra senza precedenti. Decine di sommozzatori sono impegnati a costruire una piattaforma subacquea grande quanto un palazzo di tredici piani, che dovrà sostenere il peso della Concordia una volta raddrizzata. Basta uno sbaglio e il relitto sprofonderà a 80 metri, dove ogni recupero diventerà impossibile. Gli specialisti della Titan hanno già impiegato il "parbuckling" nel 2006 sul Cougar Ace, un mercantile americano da 55 mila tonnellate, meno della metà di Concordia. Oggi, delle cinque fasi previste dalla tabella di marcia del recupero è quasi completa la prima, che prevede la stabilizzazione del relitto, l’estrazione dell’acqua dalla parte allagata e la costruzione di una ritenuta, ovvero di una sorta di cintura di sicurezza che la trattenga all’isola e, qualunque cosa succeda, impedisca allo scafo di scivolare più a fondo.
L’enorme squarcio lungo 70 metri nella fiancata sinistra (quella che ha urtato gli scogli durante il maldestro "inchino" di un anno fa) verrà finalmente coperto da lamiere di acciaio. È un passaggio tecnico ma fondamentale per il recupero, perché fino alla scorsa estate tutta la nave era sotto sequestro in quanto parte dell’indagine giudiziaria e niente poteva essere modificato. Dal giorno del naufragio la nave è comunque un sorvegliato speciale. I controlli sull’inquinamento delle acque sono ripetuti in 19 punti diversi, non solo sull’isola del Giglio, ma anche sulle isole vicine di Montecristo e dell’Elba, nonché sulla terraferma a Foce Bruna e cala di Forno. In più ci sono rilevazioni periodiche in mare effettuate dai battelli oceanografici. Al Giglio una serie di sonde, monitorate dal dipartimento di scienze della terra dell’università di Firenze, permettono inoltre di capire se lo scafo lungo 300 metri si sposta.
L’accorgimento più innovativo è però il "muro di bolle", una barriera di bollicine d’aria fatte gorgogliare da un sistema di tubi collocati sul fondale del Giglio. Il risultato è che, nell’acqua intorno alla nave, si forma una gabbia d’aria in grado di schermare il rumore del cantiere che potrebbe disturbare pesci e cetacei (l’area del Giglio è una riserva marina) e contenere polveri e residui che possono intorbidire le acque. La tappa finale del progetto è prevista per la tarda primavera, quando sarà riportato a galla l’intero scafo per rimorchiarlo lentamente verso un cantiere navale e avviare così l’ultima fase: la pulizia dei fondali del Giglio e il ripristino di condizioni ambientali identiche a quelle precedenti l’incidente. Delle sei proposte presentate, il recupero totale è la più onerosa (in tutto si parla di 500 milioni di dollari, praticamente l’equivalente del costo di costruzione della nave) proprio perché è anche la più ecologica, sostengono i proprietari del relitto. Per dare un’idea della differenza, la Fratelli Neri di Livorno, che insieme alla Smit Salvage olandese ha svuotato i serbatoi della nave, aveva presentato una richiesta di 180 milioni di dollari.
Oggi, mentre la Procura della Repubblica di Grosseto ha avviato il processo per il naufragio costato la vita a più di trenta persone, il lavoro al Giglio sta accelerando. L’obiettivo è che entro giugno la nave riparta. Sarà un viaggio lentissimo: la Concordia si muoverà ad appena due nodi, andava a sedici nodi quando si schiantò sul Giglio. Stavolta non sono previsti "inchini" a nessun ammiraglio, ma è già polemica sulla destinazione. Alcuni vorrebbero che la Concordia puntasse sui cantieri di Palermo, ma la regione Toscana insiste perché il restauro milionario venga eseguito a Livorno. Anche per risarcire il danno ambientale al Giglio.